Di ritorno da una fugace trasferta a Bisceglie, sul Frecciarossa vengo ignorato prima dalla controllora, poi dal tizio con il carrellino che distribuisce le FrecciaBox – 30 g di brioche più 1 biscotto con 100 g di carta attorno – e più di una volta. Ho deciso di andare in bagno per vedere se fossi diventato trasparente. Purtroppo già all’apertura automatica delle porte della carrozza ho capito di no. Al ritorno ho trovato la box sul mio sedile.
17.500 persone sono iscritte via email e circa 30.000 ogni settimana la leggono qui, su LinkedIn, Telegram e WhatsApp): grazie, spero che le ore che passo a scriverla siano utili. E ti arriva anche grazie agli sponsor come Credem che supporta l’uscita di oggi: se vuoi presentare la tua azienda a un pubblico professionale di marketing e affini, senior e attento, sei nel posto giusto. Clicca qui per conoscere chi puoi raggiungere, modalità, prezzi, gli sponsor passati e idee per la collaborazione. Clicca su “rispondi” (o scrivi a gianluca@diegoli.com) per ulteriori informazioni.
Ho deciso di rimettere in vendita fino al 31 marzo (poi mi fermo per un po’, spedizioni dal 2 di aprile) il mio corso sui fondamenti del marketing. Teoria ed esperienza con esempi e modelli operativi, cioè le nozioni di marketing di un master MBA. Spedito gratis in una chiavetta USB (sono serio), con il mio libro Svuota il carrello e un QR per due ore di consulenza online: tutto spedito gratis e condivisibile in azienda o agenzia. Per te che leggi la newsletter ci sono 50 euro di bonus inserendo il coupon GLUCA.
Il quiz della settimana
Qual è il consumo annuo pro-capite di acqua in bottiglia in Italia (all’incirca)?
a) 38 litri b) 128 litri c) 208 litri
In fondo la risposta.
Ehi, un attimo di attenzione per lo sponsor!
Cosa sono le Officine Credem?
Proviamo a spiegarlo in un minuto con un video.
Credem ha inaugurato il suo nuovo spazio dedicato all'innovazione: Officine Credem, 800 metri quadri nel Parco Innovazione di Reggio Emilia, ricavati dalla riqualificazione delle Officine Meccaniche Reggiane, storico luogo di avanguardia e di modernità durante la rivoluzione industriale, in cui si producevano oggetti destinati a rivoluzionare la vita delle persone.
Officine Credem oggi ha l'obiettivo di creare idee e progetti altrettanto rivoluzionari, attraverso il confronto con le università, le startup e le aziende: sarà un luogo in cui creare relazioni, progetti, organizzare o partecipare a incontri in presenza o streaming.
Vuoi collaborare con noi, proporre un’idea od organizzare un evento insieme? Siamo pronti ad ascoltarti. Scrivi a info@officinecredem.it
Perché gli spot di auto sono tutti uguali?
Il tuo cuore è una registrazione | di scene pericolose
Di strade tortuose | dirette a mete meravigliose
(Vasco Brondi, “Incendio”)
C’è un dubbio che mi attanaglia da sempre: perché gli spot di automobili sono tutti uguali? Ovviamente se siete del settore sarete già saltati in piedi a dire «eh no, questo non lo accetto, il nostro è diverso!», perché da dentro, come sempre, si vedono soprattutto le differenze, da fuori si vede soprattutto l’uniformità. Vale per qualsiasi cosa di marketing. Si tende a essere ottimisti sulla percezione di differenziazione e diversità, vista dall’esterno, e si tende a identificarle con minuzie che da fuori non vengono nemmeno notate, dichiarando una «nuova strategia» o più spesso un «nuovo posizionamento». Del resto, come dico spesso, il direttore marketing di Scottex pensa alla carta igienica otto ore al giorno, il consumatore medio non ci pensa per otto ore nemmeno in tutta la vita.
Ma torniamo al punto: perché questa uniformità?
Quando un fattore è consolidato ci sono due motivazioni possibili, o due e mezzo, diciamo. La prima è che questa cosa, alla fine, funzioni. La seconda è che ci sia un tale livello di endogamia nel settore (agenzie incluse) che proprio nessuno ha il coraggio (ma nemmeno la possibilità) di cambiare rotta. La terza (la due e mezzo cioè) è che la filiera sia così efficiente nel produrre quel tipo di spot che, alla fine, vale la pena usare quell’efficienza per abbassare i costi di produzione.
Prendiamo per buona la prima ipotesi, che questa formula funzioni, per iniziare: in fondo, le auto sono assemblati di materiali ferrosi, vetrosi e plastici (non differenti da un autobus, per capirci) che da sempre il marketing è riuscito a elevare a status symbol, o comunque a un barometro dello zeitgeist difficile da ignorare. Per esempio, in Italia il predominio delle station wagon è andato da sempre ben oltre le italiche necessità di carico, e oggi il predominio dei piccoli SUV segue la stessa linea. Dunque, c’è prima di tutto bisogno di illusione: lo spot dell’automobile è sempre un mix di stupore, di sospensione dell’incredulità e di un codino di (incomprensibili ai più) nuove e migliorate caratteristiche tecniche e sigle (ABS, ecc.), offerte speciali, rottamazioni, concessionarie aperte, ecc.
In fondo devi solo, come da manuale: a) attrarre l’attenzione (effetti speciali, assenza di traffico, metafore ardite, scenari spettacolari, situazione assurda, non fate questo a casa, ecc. ecc.); b) interessare con quella feature che giustifica la tua FOMO («ora in modalità full hybrid/electric» o «ecco la nuova stessa auto»); c) fartela desiderare con qualche dettaglio, meglio se in movimento (il fanale che illumina come una supernova, la famiglia o la tizia/il tizio felice a bordo, la macchina in movimento sullo scenario emozionante, ecc.); d) opzionale, farti capire che da qualche parte la puoi provare/trovare con incentivo statale. Stop.
Il tutto con voice-over a voce grave che spesso blatera frasi simil new-age prive di senso tipo «Guidare ha una nuova dimensione» o riciclate come “il viaggio è la destinazione” o con inutile enfasi su dettagli banali. (Come in ‘na machina, di Guzzanti.) E se abbiamo ancora un po’ di budget, una canzoncina orecchiabile e conosciuta come richiamo inconscio. Per esempio:
Schema che funziona non si cambia, dicono gli allenatori. Seguendo schemi pubblicitari familiari, le marche possono facilmente comunicare i valori e le caratteristiche fondamentali del prodotto al loro pubblico target, che probabilmente si aspetta proprio quello, non uno spot che vinca Cannes. Forse se hai un prodotto, un target e un posizionamento chiaro, non serve troppa fantasia. A volto vedo storytelling complicatissimi – di solito nascondono una value proposition e una differenziazione scadente. Non so chi si ricordi dello spot Twingo1, una delle poche uscite dagli schemi, che fece abbastanza scalpore al tempo per (accipicchia!) due donne che si seducono, più o meno. Be’, nel settore fece scalpore, il problema era che la macchina non si vedeva/ricordava. Non fu più ripetuto.
Veniamo alla seconda ipotesi: nessuno vuole cambiare perché si è sempre fatto così (spesso il dir. mktg ha lavorato solo nel settore, come anche i creativi) e costa pure meno, tanto il producer va a memoria, e alla fine il rischio del cambiamento potrebbe essere troppo alto; del resto uno spot costa ancora un botto, e non è che lo puoi cambiare in corsa come su Meta. Se va male ti tocca ritirarlo e perdi tutto. Utilizzare formati pubblicitari collaudati consente di ridurre i rischi, massimizzando così il ritorno sull'investimento, nel breve periodo. Nel lungo periodo si sa, siamo tutti morti, o, nello specifico, abbiamo tutti una Tesla. Sapevate che buona parte degli spot di auto di medio lusso sono girati sull’isola di Pag in Croazia? Se ci andate c’è anche un cartello che vi accoglie con «in questa strada sono stati girati più di 124 spot di auto». Aggiornano anche il numero. Ci tengono.
E inoltre, cambiare uno stile consolidato potrebbe mettere in crisi la credibilità del marchio, specialmente in un pubblico altamente permaloso e conservatore come quello automobilistico, in cui anche i brand più forti non hanno più del 50% di loyalty. E se poi finiamo come la Bud Light2? Chi ce lo fa fare?
Ok, ma rifare sempre la stessa cosa, non fa perdere attenzione? Sì, certo. Ma quando sei in un mercato come quello dell’auto, basta esserci, basta avere un’attenzione semi-passiva. In questo obiettivo, l’uso di un motivetto di sottofondo già conosciuto aiuta. Devi creare familiarità, la cosa più sottovalutata nell’advertising, in attesa che scatti il bisogno di acquisto. Non devi triggerare al clic, soprattutto in TV, devi solo rimanere in un angolo della memoria, difendere il tuo angolo dagli altri, il tuo marchio associato a un vago sentore di glamour che nemmeno sai più da dove derivi, se da un ponte sospeso sulla scogliera in Croazia, o dei grattacieli di Dubai o di ChatGPT, o dal deserto dell’Oman, o di una città vuota e distopica che vedrai solo nello spot, e che nella realtà si riempirà di gente in coda che maledice il traffico. Però, su YouTube, nei commenti agli spot di auto troverai tanto amore, e ok che sarà la nostalgia di quando si era più giovani, però, tutto sommato, la missione può dirsi compiuta.
C’è anche un paper universitario sulla questione, per chi ha interesse3.
Il marketing insegnato dai negozianti
Volevo festeggiare con un grande classico del posizionamento coerente.
Vi ricordo ilmarketinginsegnatodainegozianti.info, a cui potete contribuire anche voi.
Segnalazioni varie
La settimana scorsa ho parlato del fatto che il luogo in cui fai pubblicità conta come la pubblicità.
Ho ricominciato a mettere pezzi di conversazioni svolte in altri podcast sul mio trascurato podcast.
Ci sono due food nell'ecommerce, "il supermercato online" e “le specialità online". In mezzo c'è il delivery. Ognuno ha storia, investimenti, problemi e prospettive differenti. Ne parlo su Tendenzeonline, la rivista di GS1 Italy.
That’s all folks!
Grazie di aver letto fin qua, di questi tempi è un miracolo.
Per analizzare assieme la strategia, l’organizzazione e il budget della tua azienda, per il mio corso di marketing o per essere sponsor come Credem basta rispondere a questa mail.
ciao, gluca
Grazie a Daniela Bollini per la solita paziente correzione della bozza e a Cristina Portolano per i separatori.
Quiz: c) circa 200-230 litri a seconda delle stime (fonte).
USA, crollo di vendite della birra Bud Light per lo spot con l’influencer transgender: ricavi diminuiti di 395 milioni | Open Online