[È venerdì] Fenomenologia del mercatino di Natale come paradigma dell'inevitabile ascesa del mediocre carino
L'inarrestabile ascesa del carino ci travolgerà
Il fascino dei mercatini di Natale sta diventando sempre più popolare! 🎅🏻 C'è una strategia vincente per attrarre visitatori? 🤔 Il segreto è creare un'atmosfera accogliente con luci, profumi e tanti prodotti artigianali 🎁. Ma il marketing è cruciale: promuovi l'evento sui social con foto dal vivo che mostrino l'emozione 🥰. Coinvolgi blogger e influencer locali come ambassador. Un sito aggiornato con eventi e ospitalità convince i turisti a tornare! 🤗 La tradizione con un pizzico d'innovazione crea il successo. 💡 Qual è la tua strategia per il mercatino natalizio 2023? 🔮
Non sono impazzito – è solo la mia nuova ossessione, far creare alla AI post ingaggianti su LinkedIn, gli stessi che moltə “social CEO” pubblicano sul serio, domanda finale di rito inclusa.
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Il quiz della settimana
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Il mercatino di Natale e il potere del carino
Quando ho sentito Enrico Marchetto in aula a IULM parlare del «potere del carino» mi si è aperta nella mente un’immagine: io immerso nel mercatino di Natale di Bolzano, circondato da gente come me in cerca di qualcosa che nessuno sa bene cos’è. L’esperienza, forse. L’atmosfera. La magia, direbbe un vecchio pubblicitario.
Ma questo, come sanno i marketer, non è mai il bisogno finale, quello definitivo. È la scusa che ci raccontiamo: quindi, perché abbiamo bisogno di questa «esperienza magica»? Non può essere solo passare il tempo alla domenica pomeriggio, quando ormai la scelta tra l’infinita proposta di contenuti diversi digitali e no ci fa sentire la FOMO di sprecare il nostro tempo libero, stressandoci quindi in ogni caso.
Perché fare ore di auto o treno per andare al mercatino di Natale? O addirittura prenotare un weekend in una montagna ormai tragicamente priva di neve (quella vera, non quella di polistirolo del mercatino) per rimanere ai mercatini più giorni o perfino visitarne più di uno contigui nella stessa trasferta?
Come i mercatini di Natale sono diventati quel fenomeno da milioni di persone di oggi, in grado di riempire treni locali e di intasare i Telepass? Ci sono sempre stati? Ho cercato di ricordare, ma non mi viene in mente il momento preciso in cui a un certo punto, il mercatino natalizio, in piazze «carine» di città «carine» con lucette «carine» è diventato una destinazione (come dicono quelli del marketing turistico).
Seguendo Enrico, lui arriva al potere del cute, di cui i mercatini sono parte e da cui traggono forza, da questo libro:
"Carino! Il potere inquietante delle cose adorabili" di Simon May si addentra in un'esplorazione filosofica e culturale riguardo l'onnipresenza del "carino" nella società moderna. Il libro esamina come gli elementi apparentemente innocenti e frivoli, come i gattini su internet, i Pokémon, i meme, e le celebrità glamour, abbiano la capacità di farci sentire protetti e al sicuro. May sostiene però che dietro queste manifestazioni di adorabilità si nasconda un potere più inquietante. Analizza l'attrazione della modernità verso l'innocenza che, insieme a un'interpretazione della vita e dell'esistenza come effimere e prive di scopi finali, può distoglierci dalla percezione di un "ordinamento morale del mondo". (riassunto di ChatGPT)
Non so davvero se i mercatini di Natale ci distolgono dall’ordinamento morale del mondo, mi ha solo un po’ preoccupato il fatto storico (ho googlato) che Hitler li avesse usati per la sua propaganda sulla tradizione germanica da recuperare e valorizzare. Certo ci distolgono dal tedio invernale, anche se questo bisogno da soddisfare è comune a tutto l’intrattenimento consumistico, e quindi non ci spiega completamente il fenomeno. Perché il centro commerciale (ormai) no, il cinema (abbastanza) no, la via centrale dello shopping ni, e il mercatino di Natale sì?
«Quando un prodotto è apparentemente mediocre ma di successo, raramente il prodotto in sé è la causa del successo».
Non è certo la qualità del cibo. Non è la qualità delle carabattole in vendita, molto spesso ormai di dubbia foggia artigianale, che nessun montanaro potrebbe produrre nella sua baita in scala sufficiente da soddisfare milioni di visitatori, oggetti in legno da rifilare come regali «autentici», che ricollega il business del mercatino di Natale al grande marketing dei regali di fine anno. Non sono le lucine e gli addobbi probabilmente comprate su AliExpress. Non è la musica tediosa in heavy rotation che esce dalle casse distorte, e in cui sul Whamageddon1 fa una strage. Non sono le casette tirolesi comprate a Leroy Merlin. Non quel vinaccia low-cost riscaldato, che col freddo accumulato a girare intorno ci sembra comunque buono.
Io credo che i mercatini di Natale siano la versione invernale dello stesso spleen che in estate è soddisfatto dalla sagra (vedi edizione), compreso quel senso di effimero, di temporary shop che aumenti il valore percepito di partecipare e la FOMO di non esserci.
È l’eterno ritorno a un falso passato, a un’età dell’oro percepita come autentica, in cui i bambini credono a Babbo Natale, eravamo tutti più buoni (“non importa cosa c’è sotto l’albero, l’importante è che siamo tutti attorno all’albero” inciso su di un pezzo di legno), e l’illusione attualizzata che almeno finché quando siamo nel recinto di quel mercatino, siamo ancora una comunità, o brave persone quantomeno. E finché non ci finisce lo strudel o ci si gelano i piedi, nonostante le ubique lampade a raggi infrarossi, la magia resta viva. Magia nel senso di illusione, però.
E poi c’è il molto contemporaneo bisogno dover segnalare di esistere davvero: la condivisione digitale. Dobbiamo al tempo stesso segnalare agli altri di esserci, attraverso le stories di Instagram e i post «carini» di Facebook che ovviamente sono state la lunga manus del digitale sul successo di questi mercatini. Ci stiamo godendo il presente, lo segnaliamo, ma non abbastanza da non condividerlo. Un’età dell’oro forse perduta, tuttavia a portata di A22, una nostalgia che patina di «carinosità» un prodotto di atomi mediocri – senza offesa, solo che non è né orrido, né imperdibile: mediocre, medio. Il paradiso del marketing.
Il carino si distingue dal bello per la rimozione di ogni contrasto, per la sua voglia di perdersi rispetto alle connotazioni e di smantellare ogni solido pilastro: quanto è cute elude le dicotomie, disprezza le opposizioni, non si cimenta nelle contese. (Ginevra Leganza | Il Foglio2)
Il vantaggio del prodotto intrinsecamente mediocre, ma metallizzato col cute e collegato a un’inquietudine da soddisfare, è che si rivolge a tutti e ha margini operativi altissimi. Ragazzette e bambini nel passeggino, pensionati con Internazionale letto in treno, coppie di ragazzi usciti dal Qashqai. Su questo mi ricorda un po’ l’episodio delle Grandi Terme3. E quando sei lì, compri qualunque cosa a qualunque prezzo o quasi (è il fenomeno del «ok, dai, compra quella bambola, siamo in vacanza!», che avevo citato nel mio libro Svuota il Carrello4, in riferimento all’Autogrill), cose che al supermercato, a quei prezzi, non prenderemmo nemmeno in considerazione.
Ecco, allora faccio l’ultimo collegamento, per oggi: carino più mediocre uguale premium mediocre? Di premiocre5 parla
in una bellissima newsletter di qualche tempo fa:Il termine premium mediocre è stato coniato nel 2017 dal blogger Venkatesh Rao. Nel lungo articolo6 che descrive il fenomeno, Rao scrive: «Premium mediocre è la migliore bottiglia di vino dell'Olive Garden. Il mediocre premium è cupcakes e froyo. Premium mediocre è l'olio al "tartufo" su qualsiasi cosa (nessun vero tartufo viene sacrificato nella produzione dell'olio al "tartufo") e i posti con spazio extra per le gambe in Economy. Il premium mediocre sono le navi da crociera, la pizza artigianale, il Trono di Spade e il Bellagio. Premium mediocre è il cibo che su Instagram è migliore del suo sapore.»
(Scrive ancora Priscilla) Premium mediocre è la collaborazione tra le aziende di fast-fashion e i brand di alta moda, è il panino d’autore di McDonald con Asiago DOP e Speck Alto Adige IGP, è la sneaker virtuale di Gucci. La lista potrebbe andare avanti all’infinito perché oggi tutto è premium mediocre.
E ancora:
La mediocrità premium è la risposta adattiva che i Millennial (ndr: forse tutti i perennial, direi, le generazioni sono sopravvalutate7) occidentali hanno adottato nei confronti dello stato di permanente crisi della propria esistenza. Abbiamo imparato a padroneggiare l’arte del premiocre vestendone letteralmente i panni: prima l’haute couture in poliestere di H&M, poi l’elevazione dell’ordinario a status quo con il normcore, che ha suggellato il passaggio definitivo del mediocre nel regno dell’esclusività. Ancora una volta, mediocrità premium è la Boston di Birkenstock che diventa introvabile, la linea di abbigliamento limited edition di Lidl e l’intero circo degli haul di Shein su TikTok.
Nei mercatini, fingiamo tutti (e funziona perché/finché lo facciamo tutti) mentalmente di essere alla corte degli Asburgo, ma siamo nel cortile di Bricoman spostato nella piazzetta cittadina. È il Natale Mediocre Premium, o premiocre, appunto. Paghiamo per partecipare a un rito, o forse meglio a una recita, collettiva. Pagata (e post-giustificata) con una cioccolata e una pallina per l’albero, di vetro, che arriva chissà da dove. Ci vediamo a Bolzano?
Il marketing insegnato dai negozianti
Da ilmarketinginsegnatodainegozianti.info, a cui potete contribuire in ogni momento.
Segnalazioni varie
In mezzo a tante parole ho deciso di fare qualcosa di pratico per aiutare chi si occupa tutti i giorni delle donne che subiscono violenze maschili: una donazione a Casa Delle Donne di Bologna. Fatelo anche voi, o anche all’associazione o all’ente più vicino.
[ICYMI] È sempre più difficile analizzare l’e-commerce come fenomeno, o meglio come fenomeno a sé stante: ne ho scritto per GS1 - Tendenze Online in Quella (vecchia) normalità dell’ecommerce.
Il diffuso settimanale della diocesi di Padova mi ha chiesto un commento per il Black Friday (che avevo evitato di citare qui)
Una newsletter di valore alla settimana: be’ mi pare chiaro quale sia,
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That’s all folks!
Grazie di aver letto fin qua. Grazie ancora alle genti di wethod per essere state supporter di questa newsletter.
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ciao, gluca
Grazie a Daniela Bollini per la correzione della bozza e a Cristina Portolano per i separatori d’artista.
Quiz: a) il pandoro vince (fonte)
Compralo qui! (è un bel regalo di Natale eh eh)