E così dopo aver verificato che le terme piccole con sauna sono tutte esaurite, vai nelle terme grandi. Le terme grandi sono una specie di mecca. Sì, perché il popolo padano si raduna in questa costellazione di cupole riscaldate per un nuovo rito pagano domenicale. Il parcheggio già verso le 11 è pieno, e anzi straborda nelle corsie pedonali debolmente difese da nastri e pilastri. Niente può fermare la foga salutista del popolo delle Nissan Qashqai e delle BMW serie 3. Il popolo è vario, composto senza soluzione di continuità da famiglie con bambini, coppie al secondo appuntamento, gruppi di amici e amiche mono-genere, anziani ben mantenuti e pettinati. Tutte le categorie sono rappresentate, alle grandi terme (d’ora in poi GT).
Le GT sono un mashup di clinica bulgara di lusso, alcova di collina, estetista di città, discoteca anni 80, spogliatoi da palestra anni 90, pub. C’è tutta la nostra storia recente dentro: intrattenimento, beauty, wellness e altre parole contemporanee, manca solo la meditazione, ma questa è probabilmente non scalabile. Ma c’è anche l’influenza dell’epopea dei vicini grandi parchi tematici e il loro sapiente uso di resine per creare quell’effetto finta roccia, e tanta, tanta, tanta acqua. Calda dentro, fredda, a uso solo estetico, fuori.
Le GT sono talmente grandi che c’è spazio pure per un gazebo per i tamponi nel parcheggio e per la fermata dell’autobus, anche se non ho mai visto nessuno scendere dall’autobus, anzi, non ho mai visto un autobus nei paraggi. Del resto, siamo in quella piana extraurbana che è indecisa tra essere la collina da wineshop finto provenzale con le lucine e la piana infinita da padaniaclassics illuminata dai fari dei lampioni da rotatoria, in cui si mischia appunto un filare di vigneto doc e un capannone di gru parcheggiate, un centro commerciale e un piccolo borgo medioevale. In cui i cartelli stradali pubblicizzano radio dai nomi buffi come Radio Piterpan (sic) o Radio Birikina.
Il modello di business è semplice: fare entrare tante persone, fare tanto upselling. 16 milioni di fatturato e 3 milioni di utili nel 2019 (prima della batosta temporanea del 2020). Non che serva un particolare sforzo, o remarketing o funnel, a quanto pare. Il sito delle GT è tutt’altro che usabile, ma, stando alla coda differenziata tra coloro che prenotano online (solo noi) e quelli che pagano cash in presenza (infinita), non sembra interessare a nessuno. Si entra con il green pass rafforzato (come gli spritz) e con mascherine buffe, molte sotto il naso ancora prima di entrare. L’abbigliamento è trasversale pure: un mashup di mercatino cinese, alta moda ma pacchiana con brillantini e loghi, e poi il popolo delle tute ginniche. I dialetti rappresentati arrivano a 200 chilometri di distanza, per quanto capisco.
“Il sogno continua, a GT i tuoi desideri diventano realtà” (dal sito)
Le GT sono una scusa per dimenticare la settimana passata e futura, il covid, la mascherina: questo è il loro vero job to be done. Cosa fare dentro per, un dettaglio. Per dimenticare ti devi togliere la mascherina e buttare nel calderone bollente e fumante, lasciarti trasportare da The River, una specie di fiume circolare che ti fa trasporta in circolo come una giostra (altra analogia nascosta) oppure andare in senso contrario per rafforzare la muscolatura (non lo fa nessuno, almeno alla domenica). Passare poi in vasche così calde da farti perdere i sensi e il ricordo delle mascherine all’aperto.
GT SHOW ogni giorno attività e spettacoli per tutti (dal sito)
Poi puoi migrare verso i bar acquatici, atolli nella piscina, la vera espressione della genialità del luogo in cui acqua bromo-sulfuree-iodiche e altre pseudoscienze del benessere si mescolano con lo spritz delle 11 e quarantacinque, pagato con la spensieratezza conferita dal braccialetto buy now pay later, spacciato per soluzione igienica – ma utile per disinvolto upsell ed efficienza finanziaria. Nella calca degli avventori si mescolano anche in senso stretto, probabilmente, ma in fondo tutto disinfetta e si mescola nelle bolle da idromassaggio che fanno ballonzolare i ventri molli e bianchicci costellati di tatuaggi del popolo padano, che si ferma lì a essere sballottato finché le membra non ti sorreggono più o fino a quando il vicino nerboruto non comincia a guardarti con una certa impaziente insistenza.
E allora passi alla caccia al lettino, la vera gamification che il competitivo padano non disdegna nemmeno nei festivi. L’asciugamano come bandiera delimitante il territorio, a volte cade preda dello zelante servizio d’ordine (le GT hanno più dipendenti di una media azienda italiana, all’ultimo bilancio sono più di 100) e spostata nell’apposito contenitore, per essere poi recuperata e rioccupare un altro lettino, come in una infinita contesa balcanica territoriale.
La comunicazione delle GT è un mashup anch’esso: le vasche, tutte probabilmente con la stessa acqua (ma quanta acqua può produrre una fonte “naturale”? sarà allungata con acqua dell’acquedotto? chissà) sono denominate in modo da sembrare diverse. C’è la caverna dei desideri, la grotta “salina”, il percorso “esperienziale”, eccetera. Un banale marketing B2B le avrebbe chiamate “calda”, “più calda”, “tiepida”. Vuoi mettere con “sauna celtica”?
Sì, perché l’area spa è un upsell quasi obbligatorio se vuoi fuggire dal calderone centrale, in cui tra spritz, megaschermo che trasmette la partita o in alternativa in full rotation slide dei prodotti della (naturalmente) esclusiva linea di bellezza termale, palchetto per musica finto jazz sembra di stare in una disco di Riccione. Che è chiusa, tra parentesi: le GT di sicuro se ne avvantaggia. Qui le saune sono appunto celtiche, russe (uguali, calde, ma con strutture e musica di sottofondo differenti, celtica, balalaica, ecc.) e poi “contemporanee”.
La sauna contemporanea è un upsell dell’upsell: ti prenoti, fai la coda, suona un gong uscito da una puntata di Viking e ivi appare un tipo molto sovrappeso dall’aria sciamanica che comincia a ritmo di musica “alexa metti una playlist zen” comincia a sventagliare l’asciugamano verso il pubblico distribuito sulle tribunette saunistiche, tra luci che sono prima rosse, poi blu, poi verdi – i colori sono un altro aspetto importante dello show – del resto la cromoterapia o come si chiama sembra essere presa sul serio. Io invece mi incanto a osservare una lucetta impazzita sfuggita alla manutenzione, come i neon quando stanno per morire.
E siccome le GT devono essere per tutti (pudici e impudici), ovviamente non si sta nudi in sauna, non si sta in silenzio – siamo italiani dopotutto. Un finlandese qui avrebbe la stessa impressione degli italiani quando gli mostrano la carbonara fatta negli Stati Uniti: un sacrilegio. Viene dunque fornito un curioso perizoma usa e getta che tatticamente copre solo le pudenda, che come spiega il cartello è ignifugo, non irritante, in TNT (sic), non sprigionante esalazioni come i normali costumi da bagno. Vado tranquillo: forse lo userò anche quotidianamente, chissà.
Poi c’è la cascata “siberiana” (acqua freddissima): qui il lato latente luna park è evidente. L’uomo coraggioso si batte contro l’acqua per impressionare la propria fidanzata, come alle fiere di paese si davano pugni al punchball a pagamento. Lei entra, alla fine, ma poi esce e trova lui ad aspettarla con una birra (una storia vera).
Alle GT le insulse tisanine sudtirolesi extra-sauna, al sapore di acqua per innaffiare il prato, non esistono: si passa al bar direttamente, con braccialetto a fido illimitato. Naturalmente portare cibo dall’esterno è vietato – per ragioni igieniche, immagino. E anche per “assaporare la gustosa offerta culinaria di prodotti locali” o “approfittare delle esclusive offerte sui prodotti di bellezza che a sentire il depliant mescolano naturalmente sapientemente acqua termale e prodotti altrettanto locali (che poi sono olive, e kiwi, che qui si è ormai adottato con ius soli). GT è glocal: prodotti locali e angolino della birreria in stile bavarese.
E in tutto questo non manca lo spazio per le feste comandate dell’amato capitalismo: San Valentino è alle porte, e le GT sono addobbate con grandi cuori in polistirolo, orsetti del cuore con cuori, eccetera, perché ovviamente GT è anche alcova: camere per due con massaggi di coppia (detto meglio: “Luxury Dream”), in bundle con champagne e altra iconografia da fuga dalla realtà e attrazione di like a favore di storie Instagram, più vista sulle colline (lato padaniaclassic sarebbe stato meno esperienziale).
Prima di uscire, mi incanto nello show room interno dei prodotti di bellezza GT (chiamati ingegnosamente “Segreti Termali”), l’ultimo upsell. Organico, idratante, detossinante, drenante, e naturalmente defaticante, che domani si ricomincia.
Le GT sono un necessario bagno di realtà per marketer troppo radical chic, una scuola di mainstream, un percorso esperienziale che insegna a eliminare ogni friction tra brand e portafoglio dell’utente, e a non vergognarsi troppo di ciò che è good enough (come le foto di stock ubique, le rocce finte). Nel frattempo ho dimenticato di uscire, e mi hanno tassato 5 euro per diciotto minuti di sforamento. Però così ho capito all’incirca quanto vale ogni utente al minuto per GT, birra e secchio di acqua ghiacciata esclusi.
PS: in un angolo giace da sempre un po’ triste e solo un body dryer a gettoni. Una cabina che serve per asciugarsi per gente troppo pigra per sfregare l’accappatoio: un Dyson a dimensione umana in cui ti infili dentro. Un mistero sul suo modello di business: forse l’hanno comprato e ormai se lo tengono, non so.
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