🚐 [È venerdì] Scappo dalla città: la vita, l'amore, il camper
Un'analisi dei nuovi business attorno al camper
Oggi l’intersezione tra soldi, consumismi e persone, oggetto di accertamenti® frequenti di questa newsletter, riguarda la nuova vita del camper, o meglio, del van camperizzato.
Questa settimana il mio libro giallo è stato su Rai Radio 2, ospite di Diletta Parlangeli e Saverio Raimondo in Prendila Così.
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La vita, l’amore, il camper
La prima, ultima e unica volta in cui l’ho usato, il camper me l’aveva prestato gratis un tizio. La storia è lunga e non raccontabile, ma il gesto doveva essere (almeno così mi era stato presentato) un ringraziamento. Capii presto che era uno della categoria di cui ti penti quasi subito di aver accettato: mi fece firmare a sorpresa una liberatoria in cui mi impegnavo a risarcire eventuali danni. Per contestualizzare, il camper in questione aveva ben più di 40 anni.
Avrei dovuto capire già da quel particolare segno del destino che chi gira su di un camper non è una persona normale. (Il mezzo è tornato sano e salvo. Per vendetta, una curva prima della restituzione a sfregio ho fatto sgasare a tavoletta il suo vecchio motere diesel: non si è comunque rotto, in compenso ho inquinato tutta Carpi.)
Mi è tornata in mente l’esperienza quando ho letto su Instagram questo post, e ho deciso democraticamente di sottoporvi la questione, e la democrazia ha vinto, e chi sono io per.
E tu che camperista sei? È la grande domanda sottesa all’indagine “Perché siamo camperisti. Habitus, aspettative e pratiche nell’universo del camperismo italiano”, curata dall’Università del Salento in collaborazione con PleinAir, la più importante rivista del settore.
Il camperismo di ritorno
Ho letto l’articolo: interessante che la ricerca a supporto dell’ecologia del camper sia stata creata da un concessionario di camper, ma va bene, da marketer vedo ben di peggio. Non pensavo nemmeno che il camperismo fosse trascurato dal marketing turistico, ma sicuramente in passato non aveva la stessa allure del turista altospendente che alloggia in hotel e mangia al ristorante: in Italia arrivare col camper in piazzola comunale, scaricare i tuoi liquidi nel pozzetto apposito e dormire in parcheggio libero non è ben visto. La cosa forse assomiglia inconsciamente al comportamento di quel popolo nomade che in Europa non amiamo troppo. Ci si sente quantomeno scrocconi di territorio, come se il suolo appartenesse davvero ai residenti.
Ma le cose fanno il giro, sempre, prima o poi. Dopo il successo degli anni zero, il declino successivo, e il picco post-Covid, ecco di nuovo il camper. I numeri dicono che il camper è in crescita e io mi inchino al mercato che non sbaglia mai. In Europa il mercato dei camper e van da solo vale 17 miliardi di euro, ed è previsto un +6,8% all’anno fino al 2033.
Il mercato dei camper, e soprattutto l’indotto, è in espansione: il mezzo a quattro ruote in sé è più roba da usato, almeno quattro camperisti su cinque gettano la spugna dopo averlo comprato sconsideratamente sull’onda dell’entusiasmo pre-vacanze, e siccome i camper fanno in media pochissimi chilometri, si trovano tranquillamente modelli anni ’80 ecologicamente euro-zero ma ancora in salute quanto a pistoni e cilindri nonostante l’età media da auto storica.
C’è domanda di accessori, servizi, personalizzazioni: dal Wi‑Fi mobile alle batterie solari, dagli arredi modulari ai kit office-on-wheels.
Il salone del camper di Parma è il santuario di Compostela dei camperisti, ed è a settembre - se un magazine mi paga per un articolo, farei volentieri uno dei miei accertamenti®. La grafica è di Marco Brambilla.
Quindi, ci sono nuovi camperisti? Come si diventa camperisti? Chi sono questi nuovi camperisti?
Non fatevi ingannare dal fatto che il camperista più giovane che conoscete è in pensione. Il nuovo camperista non è quello che sposta due volte all’anno o quasi il proprio camper dal garage (dove è religiosamente custodito con temperatura e umidità controllata come un bronzo di Riace per il 99% del tempo) al Campeggio Per Campeggiatori Statici di Marina Romea (su questo c’era già stata una puntata della newsletter).
La ricerca individua infatti due tribù: gli Amici del fai‑da‑te, in gruppo, con mezzi grandi e ben accessoriati, che scelgono campeggi confortevoli. Questi in pratica vogliono stare comodi in una cosa scomoda. Il loro camper è attrezzato come un bungalow: potessero lo lascerebbero al campeggio tutto l’anno. C’è tutto: la parabola, il congelatore, il Bimby, il frigo enorme, la bandiera italiana, quella della Juve e un gonfalone comunale. Si portano l’idromassaggio portatile. È l’old-money del camper. Sono quelli di Marina Romea.
Questo profilo rappresenta solo metà del parco mezzi. Questo tipo di camperisti si tramanda l’appartenenza per sostituzione naturale, come i notai. Buona parte dichiara infatti che il camperismo per loro è una tradizione familiare. In Italia la famiglia come istituzione lavora ancora molto bene per la loyalty nel marketing, e quindi il camper si tramanda come la religione, la parte politica, la squadra di calcio, a volte la marca di automobile e il conto nella banca locale.
Ma tanto il camper da campeggio è cringe e poco interessante per il marketing, tanto la van life è brat e instagrammabile, e new business.
Questo new money del camper sarebbe costituito, sempre secondo la ricerca, da “Intellettuali solitari, amanti della scoperta, con camper leggeri e poco accessoriati, che preferiscono la libertà delle soste libere o nelle aree attrezzate.” Camper che incredibilmente si muovono anche, dunque.
Si muovono però ancora di più nei trend online. La #vanlife è uno zeitgeist perfetto per questi tempi. Il camper lussuoso? No! Il van camperizzato? Sì! (Fate voi il meme nella mente). La trasformazione del camioncino del muratore in van hipster è diventato un format esattamente come quelle trasmissioni di ristrutturazione su Real Time, solo che viene trasmesso su TikTok e YouTube. La maggior parte si accontenta anche in questo caso di guardare, ma qualcuno lo fa davvero.
Anni e anni di romanticizzazione del fai-da-te veicolare (il genere una vita in camper e l’arte della camperizzazione nello specifico vendono un sacco di libri e uno è in diretta competizione con il mio. Sapete Cosa Fare.) Associato alla forza persuasiva di tutorial tiktokeschi in cui sembra tutto facilissimo, forniti dalla CNN (Creator Non Neutrali), unita all'irresistibile e instagrammabile promessa new-new-hippie della libertà di andare dove vuoi, hanno creato una miscela perfetta per creare un mercato super profittevole, e senza nemmeno vendere nuovi camper. (E avete letto la puntata su come si formano i mercati oggi, vero?).
Insomma, il nuovo camperista com’è? Ha un alto livello di istruzione: sono per il 27% laureati. Sicuramente più povero del vecchio camperista con la pensione da boomer da sperperare per le grigliate del campeggio.
Lo sprona la libertà, la sostenibilità e la semplicità (la volpe e l’uva della situazione: se non puoi permetterti il lusso, vira sul semplice, raccontala e raccontatela e ne esci sempre bene).
Ha la paura di danneggiare il mezzo comprato o adattato con tanta fatica e sforzo. Del resto, un camper usato costa sempre dai 25 mila euro in su: dieci anni di vacanze in giro per il mondo (ma sei metri quadri di un monolocale a Milano). La paura di danneggiare qualcosa usandolo è la stessa che faceva usare il vestito buono solo alla domenica.
E dice di farne un uso “intensivo”, nella ricerca: il 72% usa il camper almeno una volta al mese. Quindi il camper a spanne in media rimane fermo solo nel 80% del tempo.
Poi ci sono i (digital) nomads, quelli che vivono e lavorano dal camper: ma nel mercato contano poco, potrebbero essere sì e no qualche migliaio (ma fanno un sacco di views).
Ma dove va? Con chi?
Borghi (i borghi più belli d’Italia li abbiamo noi, no? Anche se dopo il quarto ti viene da buttarti dalla torre dalla rocca intitolata al signorotto locale), wellness (boh?) e intrattenimento (immagino concerti e festival). Il 30% ha il cane al seguito, un costoso antidepressivo contro i borghi storici. Gatti non pervenuti, certi sbatti non riesci proprio a farglieli fare. Quando analizzate un target, chiedete sempre che animale (e se l’) ha. Vi dirà tanto.
Se il van lifer è in coppia, la vacanza è un test predittivo: come per il ciclista performativo (vedi edizione apposita), spesso il/la partner è costretto/a a partecipare obtorto collo all’ossessione. Può solo fingere accontentare il suo/la sua van lifer, e cercare di sopravvivere alla piazzola al sole, al caldo, alle mosche.
Può cercare di recuperare utilità accumulando un sacco di like su Instagram arrivando col camper su sperduti promontori in cui però non si può restare perché non c’è né acqua né luce, né scarico delle acque di scarico. Il finale è scritto: o il/la malcapitata si converte (e spesso in coppia diventano creator di viaggi in van e cominciano a insegnare come vivere in van, e fanno il libro e il ciclo ricomincia), oppure lei/lui lo rivediamo, come tutti i fuoriusciti dalle sette, a fare l’esatto contrario, al Papeete a MiMa a ballare sul lettino.
Insomma, il target a questo punto dovrebbe essere abbastanza chiaro da poter fare una lista.
Libertà ma vigilata
Ampio uso di Google Drive per checklist, controllo ossessivo della logistica, app del frigo, app del meteo, app delle aree di sosta, app di dove prende il telefono, app delle fontanelle, app dei bagni pubblici. È un autoinganno, l’avventura del van lifer: nessun posto è “a caso”, nemmeno la radura desolata nella Maremma: si è prima chiesto in almeno due gruppi Telegram, per sicurezza.
Minimalismo apparente
Il new camperista è un minimalista attrezzatissimo. Vive apparentemente (lui lo pensa, almeno) con poco, ma poi ogni cosa che ha a casa deve essere replicata (e miniaturizzata) “per campeggio” o “per camper”. Il tavolino in carbonio pieghevole salvaspazio, lo Scarico anti condensa da applicare chissà dove, Porta strofinacci adesivi, Pattumiera componibile salvaspazio, Scolapiatti ripieghevole con tappetino per asciugarli arrotolabile, mini scrivania agganciabile per il lavoro nomade, poltrona reclinabile appiattibile, ecc. ecc.
Una persona mi scrive:
Minimalismo, figurati! Non ci sono al mondo maniaci del gadget e del perfetto equipaggiamento come i camperisti... ho visto cose impensabili!
Capitolo tech: il nuovo camperista è sì in fuga dal brain rot ma connesso (per sicurezza, dice lui). L’accessorio più dibattuto e ricercato (più per la coscienza e per la narrazione che per necessità e impatto effettivo) è il pannello fotovoltaico. Quello veramente più desiderato è però il Wi-Fi portatile 5G (questo non era nella ricerca ma ne sono sicuro).
La parola “camper” compare in 5.000 oggetti su Amazon. La parola “campeggio” in 20.000. Perfino la carta igienica deve essere camper-compliant, no, non va bene quella normale. (Fatemi spiegare perché lo so: non è per colpa di quell’unico viaggio in camper. È che per un po’ ho lavorato come consulente di un ecommerce di carta igienica, e i camperisti erano un target essenziale. La carta deve sciogliersi, e non vado oltre).
Quindi, in sintesi: da fuori estetica Ikea-zen, da dentro miniaturizzazione in stile stazione spaziale orbitante, che finisce per fare la fortuna di (a seconda del budget) negozi specializzati, Temu e Amazon Prime, con le loro plastiche flessibili per qualunque scopo.
Del resto, rispetto al presunto minimalismo, una spia della van life mi ha confessato in privato:
Hey! Mi sento di dissentire! Io viaggio/vivo in camper, ma meno non è meglio! Nel mio trovi Funko Pop, un cartonato di Momoa di 2 metri, un peluche di Chewbacca sul sedile del passeggero, libri, piante, 2 quadri, tutto il negozio di Veralab, 20 paia di scarpe, tante borse e tanti vestiti! A parte tutto è faticoso spiegare che vivere in camper non necessariamente è “rinunciare a cose”. Per me è la libertà di andare oggi a Peccioli per il Post, domani a Bari per lo Storytelling (ci vediamo lì) e tra un mese a Rugen perché è più fresco! Ho messo le ruote alla casa per avere più facilità nel fare quello che amo: eventi e persone (faccio cose, vedo gente), non per avere meno e non necessariamente arrivi ad avere meno, forse ad avere più eBook invece che libri! Comunque voto “scrivine (che sono curiosa!), ma non massacrarci troppo”!
Ma io non massacro mai! Come dice un mio amico: sono accertamenti. Adesso devo capire chi diavolo è Momoa e cos’è Funko Pop.
Valori e sostenibilità
Riconnettersi con la natura, lentezza nel turismo, scoperta del mondo. Siamo arrivati al punto: ogni culto consumistico che si rispetti promette trasformazione positiva. Così ogni prodotto è diventato oggi manifestazione di identità, modi di espressioni del sé di quel peculiare periodo personale e storico. E il nuovo camperismo ne è una perfetta espressione, soddisfatta come sempre dal libero mercato.
[…] come dice Angelo Salento, docente di Sociologia economica all’ateneo salentino, che ne è il curatore, [il camper è] “una forma di leisure ad alta sostenibilità, per certi versi sempre pionieristica”. Lo studio si inquadra poi alla perfezione nella cornice della nuova guida di Altreconomia “La felicità del camper”, un precipitato di riflessioni, informazioni e suggerimenti per una vacanza nomade ed ecologica.
Ma poi, la sostenibilità?
Le cose qui si complicano. Di camper elettrici non ce ne sono in circolazione, sui 250.000 che circolano in Italia. I camper pesano come e più dei SUV ma sono spesso presentati come buoni: non so perché francamente portarsi dietro un camioncino diesel da tre tonnellate dovrebbe essere considerato sostenibile, forse è l’immagine idealizzata del contatto con la natura a influenzarci su quanto sia l’impatto effettivo. Tutto dipende da come lo usi: il famoso pannellino solare conta molto poco, e le batterie sono pesanti o poco durature. Alla fine devi collegarti alla normale rete o perfino accendere un generatore. Mettici che hai replicato tutti i suppellettili della tua casa in formato Temu per usare un clone di abitazione che se va bene usi un 10% del tempo.
Un calcolo spannometrico indica che fare 15 giorni in Europa in camper partendo dall’Italia produce circa la stessa CO2 del farsela in auto più hotel. L’impatto dipende da tanti fattori, e il camper può essere più o meno sostenibile: è sostenibile se, come nella ricerca dell’articolo, si presenta il camperista come un ossessionato dalla sostenibilità (e soffre senza aria condizionata) e chi va in hotel come un insensibile che lascia aria condizionata accesa e fa docce di trenta minuti.
Quindi: usate o non usate il camper, il globo non cambierà più di tanto. Come sempre, giustifichiamo razionalmente quello che abbiamo già deciso di fare, perché ci va.
Mi sono convertita al van camperizzato da poco. Se ti serve, a disposizione!
Una mia amica di Instagram vuole convertire anche me, ma i culti ormai li conosco, sempre ad aiutare per evangelizzare. Ma io non ci casco, nel camper non mi avrete mai.
Leggi anche
Il turismo come rappresentazione collettiva – tratta del turismo come costrutto di marketing collettivo, della sua evoluzione dal turismo di massa alla caccia alla “esperienza autentica”.
Un reportage dal culto della pedalata assistita – un approfondimento sul cicloturismo, l’e-bike come democratizzazione del viaggio e metafora della mobilità ecosostenibile.
Di paesini appenninici – riflessioni sul turismo lento, sulla provincia, sulle dinamiche locali e sulla “lenta” ricettività dei borghi.
Il marketing insegnato dai negozianti
Mi ero fatto spiegare cos’era il “Clear Ice” ma l’ho già dimenticato.
ilmarketinginsegnatodainegozianti.info è un progetto collettivo di gonzo journalism a cui puoi contribuire senza pietà. No screenshot o inoltri dai social: solo foto tue.
Segnalazioni
La settimana scorsa nella newsletter si è parlato del ruolo, dei pochi soldi (e delle molte tigelle) che circolano nei festival letterari e culturali di provincia.
Ho scritto un pezzo per GS1, si chiama Il paradosso del B2B online: grandi cifre, piccoli cambiamenti – In attesa di un cambiamento di mentalità.
Lo so, non metto più qui i link delle cose che leggo oppure ho letto. Sto però dedicando il mio profilo Bluesky a conservare link di articoli (così poi li ritrovo): è qua. Uso però soprattutto Readwise per rivedere e leggere pezzi lunghi. Sono qui, Basta farvi un account gratis e provarlo. Se invece volete “abbonarvi via mail” (è gratis, arriva una volta alla settimana) alle sottolineature che salvo in giro per il web e nei libri, si può fare da qua.
That’s all folks!
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Ci leggiamo venerdì prossimo,
gluca
Grazie a Daniela Bollini per la solita paziente correzione e a Cristina Portolano per le bellissime grafiche.
Quiz: 1) Dirigente, quadro e impiegato 5,1% (fonte ISTAT).