Sono seduto sull’elegante bordo di un’elegante fontana di un’elegante poterie, all’interno nuotano elegantemente dei pesci rossi che fanno pendant con le terrecotte. Nel fondo qualcuno ha appoggiato un mattone cavo che forma una specie di galleria. Un pesce rosso ogni tanto lo attraversa sbucando con inerzia dall’altro lato. Pare soddisfatto.
Sono al quinto giorno di una vacanza lampo nel posto più elegante del mondo, credo. Cioè la Provenza. Non penso al marketing. Ma un po’ sì. Al turismo, che è una creazione del marketing capitalista, in fondo. È una cosa recente, da surplus da benessere. Nel prosieguo vi racconto.
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Su Twitter ho trovato un’analogia interessante: i dati di prima parte stanno alla carne come quelli di terza parte stanno ai... würstel.
Come superare questa limitazione?
Riprendendo il tema della scorsa puntata, i dati di prima parte (First Party Data) sono quelli che un’azienda raccoglie direttamente. Molti di questi sono collegati a una specifica persona: ecco perché sono fondamentali per offerte personalizzate. Insomma, sono carne pregiata.
E i dati di terza parte, i nostri “würstel”: cosa sono? Arrivano da piattaforme esterne, ad esempio i dati di profilazione legati alla navigazione sul web. Per intenderci, sono i dati più spesso utilizzati dalle piattaforme di advertising online e non sono generalmente associati ad uno specifico individuo: ad esempio, sono in azione in annunci con prodotti in linea con le parole chiave inserite e in banner più o meno centrati sui nostri interessi negli articoli dei giornali online.
Qual è il punto di forza di questi dati? Sono facili da utilizzare, perché non richiedono alcuna “collaborazione”: sul browser vengono lasciati cookie che permettono a servizi specializzati (come le cosiddette DMP, Data Management Platform) di comprendere a grandi linee il mio comportamento. Certo, queste piattaforme non conosceranno il mio nome o l’email, ma sapranno che “l’utente X è interessato alla cucina napoletana, passa un sacco di tempo a vedere video sulle bici da corsa”. Quindi l’utente X - che poi sarei sempre io, ma la DMP non lo sa - entra in una cosiddetta audience, chiamiamola “i buongustai che fanno sport”. Ed ecco che queste audience, anche se non sempre accurate, vengono utilizzate per fare pubblicità, per esempio da chi vende biciclette. È da anni il modo, un po’ impreciso ma efficace, con cui viene erogata molta della pubblicità digitale.
Quindi: abbiamo da un lato i dati pregiati di prima parte, ricchi e dettagliati, che riguardano praticamente solo i nostri clienti e prospect: ottimi per fare marketing 1:1; dall’altro ci sono i dati di terza parte, che anche se imprecisi e non riferibili a singoli individui, possono abbracciare praticamente tutti. Con queste premesse, sembra che dati di prima parte (la nostra materia prima pregiata) e quelli di terza parte non si possano mescolare. Sarebbe un vero peccato: possiamo invece “cucinare” insieme questi ingredienti per ottenere un piatto innovativo, ovvero una profilazione completa che tenga conto delle informazioni precise che raccogliamo noi stessi (la carne pregiata, di prima parte) insieme ai comportamenti raccolti sul web (i “würstel” di terza parte).
Il paragone gastronomico sconcerta, ma se l’obiettivo è conoscere meglio i nostri clienti e prospect dobbiamo prendere coraggio come uno chef stellato alle prese con una nuova ricetta. La soluzione si basa sul concetto di identity management: un sistema per potenziare i nostri dati di prima parte aggiungendo interessi e attributi dai corrispondenti di terza parte, superando il concetto di CRM “chiuso” e introducendo un nuovo attore: la Customer Data Platform, o CDP. Se poi lo chef avrà il supporto di un aiuto-chef come l’Intelligenza Artificiale (IA) scoprirà anche le audience pubblicitarie alle quali appartengono i nostri clienti migliori, e ne troverà di simili – le cosiddette lookalike audiences: potremmo così scoprire dove concentrare il budget pubblicitario.
Dobbiamo quindi arrivare ad avere una federazione di dati, un patrimonio di informazioni con il quale – nel rispetto del GDPR – spendere al meglio il budget tra clienti e prospect esistenti e nuovi clienti potenziali. Un passaggio epocale che fa entrare il marketing nell’epoca del data-driven.
Leggi il Manifesto del CMO Data Driven realizzato in collaborazione con SAS per scoprire i dieci punti che contraddistingueranno il lavoro dei CMO nei prossimi anni.
La rappresentazione collettiva
Dunque: il pesce rosso, il suo tunnel esperienziale, il turismo, la Provenza. Cosa mi fa pensare tutto questo? Innanzitutto a un mio vecchio post di quindici anni fa, in cui raccontavo:
Per dire, in Provenza nessuno si sognerebbe mai di avere un’insegna al neon – non, non, non, monsieur! – oppure di attaccare ‘solo per oggi, porchetta fritta’ alla vetrina tramite un foglio di carta con scotch obliquo ai quattro angoli. Anche l’avviso ‘non gettare niente nel wc’ lo troverete sicuramente sospeso nell’aria e trattenuto da un soprammobile in ferro battuto finemente decorato appoggiato con grazia al serbatoio, con un font appropriato e una cornicetta a tono. Il menu è sempre rigorosamente su lavagnette a gessetti.
Dopo undici anni la situazione non è peggiorata, anzi. Oggi è (tutto) un concept store, in Provenza. Quale sia il concept del concept store, io non lo capisco quasi mai. Ma sono io. Il concetto comunque è quello della Bellezza Elegante ma Naturale. Come il trucco alla francese, apparentemente nature ma la cui realizzazione comporta più lavoro del trucco pesante alla Luna Park. “Invisibile ed elegante, è il make up di riferimento per l'estate.”
Ad Aix, sembra che qualsiasi citoyen sia stato formato da un Master in interior/exterior design: non c’è negozio che non abbia un’insegna e una vetrina curata nei minimi dettagli, anche in esercizi inaspettati come le pompe funebri o la sede del Partito Comunista Provenzale, […]
La région assume quindi la forma di una immensa esposizione d’arte contemporanea o di una casa arredata da un architetto fico come non si vede nemmeno su certi canali dopo il 400 di Sky. Con la lavanda e le cicale come icone di un corporate branding totale, condiviso e implacabile. Ma, intendiamoci, rimane un luogo bellissimo e molto spirituale, soprattutto fuori dal periodo mainstream.
E qui veniamo al turismo: da sempre, un potente stupefacente legale, con cui (un economista direbbe che) scambiamo felicità effimera con soldi (e dà pure dipendenza “no, io non torno più”). Sì, certo, in molti dichiariamo di farlo per arricchire le nostre conoscenze culturali, ci travestiamo da viaggiatori (e non da deprecati turisti che disprezziamo quando si accalcano ai free buffet o sulle crociere), ma sempre gente sfollata in cerca di esperienze a pagamento siamo. (A volte ci sentiamo in colpa, e allora cerchiamo il turismo sostenibile, che per definizione è praticamente un ossimoro). L’umanità in cerca di diversità dalla quotidianità che ci tormenta casca inevitabilmente tra le braccia del turismo.
E quindi ogni luogo turistico del mondo si organizza per creare una rappresentazione che ci dia intrattenimento, effimera felicità, diversità. Il turismo è teatro, in senso stretto.
A volte sfacciato teatrino e commedia dell’arte, come i trappoloni per turisti in centro a Venezia, Roma o Firenze. Altre volte sofisticatissime rappresentazioni collettive che dicono “non siamo una rappresentazione per turisti, noi siamo davvero così” (come in Provenza) ma che in realtà sono meta-rappresentazioni di secondo livello. Sono opere collettive tacite in cui nemmeno chi partecipa sa chi pensa di essere nella recita e chi no.
Queste sono le killer application del turismo moderno. Vai a vedere le piscine calde in Islanda e fai il bagno con gli islandesi! Vai a vedere come vivono la sauna i finlandesi! Vai a fare yoga in Montenegro! Fai il cammino degli Dei!
Cerchiamo l’autenticità, ma come ogni parola ingoiata dal marketing è stata risputata con un packaging inautentico. Volete vedere l’autenticità? Andate all’Auchan di Aubagne, guardate la gentile sofferenza della cassiera. Lo stesso bonne journée monsieur! ha suoni diversi tra la brasserie e la cassa dell’iper, fateci caso.
Siamo i pesci rossi nel tunnel, alla ricerca di un’emozione per spezzare quel girare in tondo. Non dobbiamo vergognarcene, e abbiamo pure la giustificazione del Covid, e che diavolo, siamo stanchi. E ora, con tutte le experience online e semigratis a disposizione, quelle offline le pretendiamo impeccabili. Vedere le cose non è più sufficiente, per quelle ci sono Instagram, TikTok o Google Maps. Ma anche le serie di Netflix (“bella Tel Aviv, ci sono stato in una serie”). E domani un metacoso. Bastava leggere Dick.
Quaid, ossessionato dal desiderio di visitare il pianeta rosso […] decide di andare alla Rekall, una compagnia capace di impiantare false memorie di viaggi mai accaduti attraverso un avanzato tipo di realtà virtuale. Nonostante l'avvertimento di Harry, un suo collega, Quaid si sottopone al trattamento della Rekall accettando l'opzione di essere un agente segreto che scopre antiche tecnologie aliene per rendere l'esperienza virtuale più interessante. Dopo avere selezionato il programma Cieli azzurri su Marte i tecnici lo addormentano per iniziare l'innesto.
Atto di forza (Total Recall) è un film del 1990 diretto da Paul Verhoeven, liberamente ispirato a un racconto breve di Philip K. Dick dal titolo Ricordiamo per voi (We Can Remember It For You Wholesale).
E a raccontarcele, per filo e per segno, da sotto, da sopra, da un lato, ci hanno pensato venti anni di travel-blogger-iger che hanno lavorato gratis per Google e Meta – copiando molto dalle preesistenti guide di carta in realtà, ma ok, sempre lavoro è stato, amanuense almeno. È stata creata la rappresentazione digitale ideale, il porno del turismo. “Cosa fare a Saint Remy?”. Zac, il viaggiatore è servito. Ogni sentiero alternativo, ogni cosa da fare o da non fare è stata fatta o non fatta.
A che serve il sito di Saint Rémy? La brochure dell’ufficio del turismo?
Il turismo è marketing allo stato puro, eppure il vecchio marketing – anche quello digitalizzato – non serve più a niente. Il cosiddetto marketing di destinazione è un sasso buttato nel mare in burrasca dei Travel Generated Content. Del passaparola via WhatsApp. Della frammentazione dei gusti scatenata dalla scoperta della coda lunga delle cose da fare e da vedere. Fare loghi, spot e pubblicità è una cosa del passato. Qual è lo spot della Provenza? È la (rappresentazione teatrale collettiva della) Provenza stessa, ritrasmessa ancora e ancora dagli stessi spettatori contenti di essere dei partecipanti.
L’unico marketing turistico utile oggi è la rappresentazione collettiva (una specie di service design? Di UX?). Ma questo è anche il marketing più difficile. Ogni attore può rendere l’opera orribile. Un cesso sporco. Un cameriere autentico, cioè in quel momento sgarbato perché scocciato che il suo titolare gli abbia cambiato il turno.
Forse il senso della rappresentazione collettiva lo devi avere un po’ nel DNA locale. Forse bisogna rendere obbligatori i corsi di exterior design per le casuali rotte turistiche italiche. Fare Hackathon Turistici per la Bellezza Autentica. Non so.
Però scommetto che vi è venuta voglia di andare in Provenza. Non ci si libera del turismo finché non avrà finito con noi.
Alcune cose scritte da me su questi temi, da che ci sono:
Esperienza, influenza e il turista come media (del 2013, ma molto profetico)
Il quiz della settimana
Qual è la regione europea con più notti annuali da turisti stranieri nel 2019?
a) Croazia adriatica b) Veneto (Venezia inc.) c) Canarie
Negozianti
A proposito di cose vecchie: ero in giro per la Spagna, nel 2006, e notavo questo branding rischioso.
Appuntamenti
Come sarà il digital strategist del futuro? Ne parliamo a Digital Update con Alessandra Farabegoli, Enrico Marchetto e Giorgio Soffiato. (Free webinar)
Ah, la Scuola per Digital Strategist 2022-2023 è a prezzo – ancora per poco – in early bird, in più hai un ulteriore 10% di sconto per chi legge la newsletter, parola d’ordine ovviamente È VENERDÌ. Parlane a chi sai tu in azienda.
Ho intervistato Federica Brancale per Registro .it sulla strategia dei dati per le PMI (video, 45’)
Mi hanno intervistato su omnicanalità e Direct-to-consumer a Ecommerce Hub
That’s all folks!
Vive la libération! E vive l’Ukraine.
gluca
Grazie al solito a Daniela per la revisione bozze.
Quiz: C) Canarie