[È venerdì] Brandcult elettrici vs vecchi brand diesel
I brandcult devono affrontare strade in salita in compagnia di trend effimeri e influencer nella speranza di ricaricare la batteria con la community quando inizia la discesa.
Oggi l’intersezione tra soldi, consumismi e persone, oggetto di venerazione di questa newsletter riguarda la differenza tra il brand che viaggia in autostrada e quello che deve scalare ogni trend.
E un super grazie a Develhope per la sponsorizzazione di questa uscita.
Questa settimana in classifica il libro giallo insidia da vicino un libro di team coaching. Il fenomeno incredibile del coach aziendale è spiegato anche nel mio, e il mio libro costa un terzo (quindi sapete cosa fare). E comunque (spoiler) se avete un team di capre (o un capo capra) nessun coach vi salverà.
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Il quiz della settimana
Quante capsule di tipo Nespresso vengono usate ogni secondo in Italia?
Risposta corretta, come al solito, in fondo.
Competenze tech in azienda? Non improvvisare, forma.
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Elettrici vs diesel
Alcune definizioni
CULT BRAND, s. m. inv. – Marchio che gode di un seguito di clienti caratterizzato da una fedeltà quasi fanatica, spesso alimentata da valori, simboli e pratiche distintive. Il legame emotivo con il brand supera la semplice preferenza d'acquisto, trasformandosi in una forma di adorazione.
BRAND CULT, s. m. inv. – Marchio che adotta strategie e dinamiche tipiche dei culti, creando rituali, linguaggi e simboli capaci di aggregare una comunità attorno a un sistema di valori condivisi. L'identificazione con il brand diventa un elemento di distinzione sociale e culturale.
La seconda definizione è mia, è il succo del mio libro giallo.
Agility marketing
C'è un termine che torna sempre in apertura nelle tesi di marketing: è "marketing agility". È definita come la capacità di un'organizzazione di iterare rapidamente tra la comprensione del mercato e l'esecuzione delle decisioni di marketing per adattarsi ai cambiamenti.
È la caratteristica che vorrebbe il marketer un po' saltimbanco, un po' parkour (per saltare di piattaforma in piattaforma), un po' gamer, in grado di adattarsi agli altri giocatori e anche agli NPC, in tempo reale. Un pezzo di questa teoria comprende la fine del budget: dovrebbe diventare fluido, "si investe dove funziona", si affamano i canali che non portano risultati.
Questo in teoria. Perché la pratica, chiunque ci lavori davvero lo sa, è ben diversa.
Se non difendi il budget e non lo rendi di granito (altro che fluido!) le altre divisioni se ne portano via un pezzo ciascuna. Altro punto spinoso: quello che funziona a breve non funziona a lungo termine, e viceversa. Quindi quello che scegli di misurare ("che funziona") è già strategia in sé. Per non parlare del problema della coerenza di messaggio tra canale e canale, perduta spesso in nome della viralità e dell'adattamento alla grammatica della piattaforma.
Autostrada e sterrato
Mi immagino la contemporaneità del marketing agile con una metafora stradale. Il vecchio marketing del combinato spot + scaffale è un viaggio in autostrada: con il suo customer journey consolidato, il prodotto sostanzialmente funzionale, le views sui mass media (anche digitali) che rastrellano awareness e la accumulano con campagne sempre sostanzialmente uguali. Ottimo per mercati con variazioni dell'uno o del due per cento all'anno. Sono i Barilla, i Ferrero, Coca-Cola. Peraltro "cult brand" della vecchia guardia.
Oggi per i brand cult nativi digitali invece il mercato è tutto uno sterrato fatto di salite e discese. Immaginate Veralab, Glossier, Beyond Meat, Foodspring (rip). Vendono identità più che cose. Il loro consumatore è spesso incoerente, il journey erratico. Cicloni e anticicloni di #NomeACasoTok si abbattono e straziano la curva di domanda/offerta e l'elasticità al prezzo, fanno impazzire la logistica con (prima) esaurimento delle scorte, e (poi) scorte da smaltire perché nel frattempo prodotte in eccedenza.
E qui veniamo alla seconda (e ultima) metafora.
Il motore della differenza
Il motore elettrico è agile, scattante, sostenibile, con poca autonomia, ma in discesa si ricarica. Il percorso sterrato, con i suoi su e giù, premia l'auto elettrica: scattante in salita, e recupera energia in discesa. È l'agility marketing.
Il motore termico è invece ancora il più comodo in autostrada, per lunghe distanze. Una volta lanciata l'auto in velocità, l'inerzia fa il resto, e l'autonomia è rassicurante. È tornare a viaggiare | "dove c'è Barilla c'è casaaa" | con i fari che illuminano | gentilmente | senza strappi al motore.
Le tre bobine del marketing elettrico
Il marketing a motore elettrico funziona con tre bobine (mi hanno spiegato che "le bobine di campo" creano il campo magnetico che provoca il moto).
Prima bobina: i trend sociali (ancora prima che di consumo) creati e diffusi dalle piattaforme digitali, cioè gli zeitgeist, o meglio i consum-geist, di cui tutti siamo co-creatori.
Seconda bobina: gli influencer, casta sacerdotale dei consum-geist contemporanei.
Terza bobina: l'advertising algoritmica, la grande falce mietitrice di chi è maturo per convertire (o convertirsi).
Oggi non puoi fare a meno di nessuna delle tre. Non c'è ricerca accademica che non dia come risultato che i mercati sono plasmati dal trio creator-trend-algoritmi, nel cui primo elemento ci piazzo anche i magazine di Instagram. (Che poi i singoli brand sponsorizzanti ne ricavino qualcosa, è altro discorso).
E se non sei agile nella spesa e nelle scelte non ne esci vivo.
Fine salita a metri 100
Ma dopo la salita, in cui devo investire in influencer, capire quali trend seguire e come mietere conversioni, arriva finalmente la discesa.
Nella discesa il brand cult come l'auto elettrica recupera l'energia, ricarica la batteria. Lo fa attraverso la famigerata community, qualunque cosa significhi: si esprime in soldoni con la ripetitività dell'acquisto, con l'isolamento dell'offerta da quella della concorrenza, con il passaparola.
Non è un caso che nel mio libro "Seguimi!" non si parli quasi per nulla di advertising. Non perché non sia importante per il risultato finale, ma perché quasi mai le cose iniziano su quel canale, oggi. I brand cult prosperano inizialmente sulla tensione identitaria e sul coinvolgimento reiterato dei fan. Se poi riesci a costruire un brand che promette anche trasformazione, allora entri nella serie A dei brand cult. La fedeltà diventa rituale. Si chiama "identità performativa".
Ma come ho scritto nel libro, è un culto senza paradiso per gli adepti: non c'è redenzione, solo un loop infinito di miglioramento. Una community che non si ferma mai perché non vuole comprare ma vuole diventare.
L'advertising fa il suo sporco lavoro in sordina, ma dopo.
La valle della community non è una buona notizia
Finché, a un certo punto, la discesa termina, il trend si esaurisce, e bisogna decidere a quale nuova tensione sociale mettersi in cordata, di nuovo.
Il brand cult potrebbe non riuscire a trovare un altro trio magico di bobine trend-influencer-ads che gli faccia scalare di nuovo il passo del consum-geist. I casi più tristi sono quei brand che si intestardiscono a scalare di nuovo solo con l'aiuto dell'ads, quando i trend e gli influencer stanno affrontando un'altra onda, o un'altra salita (con altri brand). Si interrogheranno su cosa hanno sbagliato in pubblicità: niente. La pubblicità, da sola, oggi non basta.
Sono molto curioso di capire se prima o poi anche quei brand in autostrada saranno costretti, obtorto collo, a passare al motore elettrico. Dipenderà molto dall'influenza sismica che i creator sapranno infondere in mercati di pianura come quelli dei beni di largo consumo che, anche se non hanno la nostra attenzione, hanno ancora gran parte del nostro portafoglio.
Il marketing insegnato dai negozianti
L’orientamento al cliente in senso letterale.
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Segnalazioni
La settimana scorsa nella newsletter è andato in onda il dilemma eterno della visibilità che manca al marketer che se ne lamenta sempre.
Sono stato al Videns Festival di Brief a Firenze, dove con Ella Marciello e Marco Bardazzi abbiamo parlato di rivincita della parola scritta e delle sue metriche da rivalutare, e abbiamo presentato ERNST, qualcosa di nuovo sul mercato dei contenuti di cui si può leggere qui.
Ho portato il libro giallo al podcast Fuorisoglia di Runlovers, e ne è uscita una chiacchierata leggera ma - credo - interessante, per chi fa marketing e/o sport.
Prosegue (ultimi posti liberi!) l’assessment di marketing con me,
e team Marketing Arena. Ci si candida qui. Finora abbiamo fatto delle super discussioni con i team marketing di Siemens e Loacker, che – ho scoperto – leggono la newsletter. Grazie!
That’s all folks!
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Ci leggiamo venerdì prossimo,
gluca
Grazie a Daniela Bollini per la solita paziente correzione.
Grazie a Cristina Portolano per le grafiche. Ha un crowdfunding in corso!
Quiz: a) 38 al secondo circa, di cui solo lo 0,003% riciclato correttamente (fonte).