Questa è una versione estiva della newsletter: leggera e fresca, visto l’argomento. Sotto trovate invece le migliori newsletter – in realtà, quelle più lette – che verosimilmente non avete letto (la probabilità è del 50%).
D’estate vado a comprare la frutta dall’agricoltore, non tanto per idealismo, localismo o protesta contro i supermercati ma perché normalmente pesche e cocomere (in Emilia si dice così, mi prenderò questa licenza poetica) sono molto più buone. Anche le altre cose ovviamente lo sono, ma il range qualitativo tra l’esposizione del supermercato e la sua offerta è davvero troppo esteso per non approfittarne. Non immaginate un contadino in canottiera: questo è munito felicemente di POS, Satispay, parcheggio in ombra, panchina per attendere (c’è la coda solitamente) e un negozio che sarebbe hipster se in realtà non fosse una stalla originale riadattata allo scopo. Perfino le insegne sulla strada non sono solo in corrispondenza del passo carraio sulla statale, che ti lascia sempre con il dialogo interiore “dovrei fare inversione?” “no”. Lui giustamente avvisa un po’ prima, in modo da non provocare un tamponamento a catena tra te, un camion con rimorchio di pomodori, una macchina agricola dalle forme marziane e il solito tizio distratto al telefono con un Nissan Qashqai.
Insomma, sono lì che ordino felicemente quando adocchio una cocomera nera. “Ma che è questa?” lo sobillo. “Ma dai, è la perla nera! Non ha i noccioli" (I semi insomma). Io ovviamento prendo una cocomera-cocomera enorme e tagliata a metà, in modo da poter fingere di controllarne la qualità. Però la storia mi interessa. “È stata creata in Giappone un sacco di anni fa, ma in Europa non se l’era filata nessuno. Per un po’ il brevetto è stato mantenuto da “Big Agri”, poi l’hanno ceduto a una cooperativa”. Brevetto? Pago e chiedo alla mia triade di riferimento: Google, Perplexity e ChatGPT. La spiegazione è solo per chi ha studiato biologia o era attento alle scuole superiori durante la famosa lezione dei fagioli (o erano piselli?).
L'invenzione dell'anguria senza noccioli risale agli anni '40 del XX secolo, quando il Dr. H. Kihara, un genetista giapponese, scoprì che poteva creare angurie triploidi (con tre set di cromosomi) incrociando una pianta diploide (con due set di cromosomi) con una tetraploide (con quattro set di cromosomi). Le piante triploidi sono sterili e producono frutti senza semi.
Insomma, pare che questa cocomera abbia una storia genetica, ma soprattutto di marketing, interessante. I giapponesi odiano evidentemente i semini, non si sa perché. Inoltre, vogliono sfere piccole, forse perché là la frutta costa milioni di yen al chilogrammo, non lo so (Daniela, la editor, mi fa osservare che forse serve per inserirle nei mini-frigo delle loro mini-case). Dopo anni di oblio arriva in Italia, dove un consorzio di aziende agricole situate tra la bassa reggiana e la bassa mantovana la battezza, cioè le dà finalmente un nome, un brand. Il nome, abbastanza cringe, è appunto “Perla Nera®”. Il problema all’inizio, da quello che capisco, era che per produrle lo sbatti era alto, e il mercato non era pronto (non voleva sganciare soldi in più per eliminare i semini, cioè).
Ma attenzione all’incrocio magico dei nostri tempi:
La cocomera senza semi è nel posto giusto al momento giusto.
Le principali aziende coinvolte nella produzione e distribuzione della Perla Nera sono Op Francescon, Peviani Spa, e Op La Mongolfiera del Gruppo F.lli Giardina. Questo consorzio ha sviluppato l'anguria Perla Nera attraverso metodi di selezione naturale e incroci botanici senza ricorrere a modifiche genetiche (OGM), utilizzando antiche varietà locali per ottenere frutti con caratteristiche uniche, come la buccia scura e l'assenza di semi visibili.
Ah, le antiche varietà locali, magari importate dai celti, chissà. E i semi non è che non ci sono, non sono visibili (sono debolissimi e semitrasparenti, si possono ingoiare, senza il terrore infantile che escano immuni dall’altra parte). E la buccia? È sottile, il packaging è più riciclabile (mangiandola in gran parte), è una cocomera più sostenibile no?
Giustifica tutto questo un prezzo quasi doppio? Ma che domande fate, chiedersi queste cose è così da marketing novecentesco. In fondo è “uno sfizio, una coccola, un prendersi tempo per sé”. Forse la prossima volta la provo.
Ehi, c’è un colpo di scena finale. Sapevate che BASF, la stessa che la gen X associa alle cassette musicali C-90, produce sementi per le cocomere concorrenti della nostra Perla Nera®? E con naming peraltro piuttosto bizzarri?
Le Sugar Baby1 a marchio Nunhems di BASF sono varietà premium che permettono di segmentare l'offerta e ampliare gli assortimenti in Gdo con una proposta che fa leva sull'aspetto elegante e distintivo da una parte, e sull'elevata qualità dall'altra. Parliamo di frutti con un peso tra 4 e 6 chilogrammi, dalla polpa più croccante di altre varietà e con pochi semi bianchi edibili.
Fashion è stata la varietà apripista per l'anguria a buccia nera in Italia: aspetto distintivo e qualità elevata hanno decretato il suo successo, tanto da essere al centro di progetti esclusivi. (da qui)
E io che pensavo che una cocomera fosse solo una cocomera.
Grazie di aver letto, con questo caldo mi fate commuovere.
ciao, gluca
(grazie a Daniela che corregge questa newsletter anche in agosto)
Se avete bisogno di un libro da leggere sotto l’ombrellone, vi consiglio questo.
Se invece non sapete cosa fare ecco i post più letti (dice Substack) da gennaio a oggi, ancora più gratis:
[È venerdì] Tutti i trend del dir. marketing, in un unico articolo
[È venerdì] Dove buttare l'organico