[È venerdì] Cosa ci insegna la piadatina
Il concetto di innovazione, di categoria e di acquisti in modalità zombie
Stavo finendo di fare la spesa col salvatempo. Scannerizzo il codice a barre alla cassa automatica, il mostro finale: trattengo il respiro. Niente ricalcolo, sono salvo. Sto per uscire: trattengo il respiro ancora, il codice a barre dell’apposito tagliando consegnatomi all’uopo stavolta apre il tornello. Sono libero! Ma ecco che bip bip bip. Alzo le mani. Mi giro verso la cassiera, con lo sguardo dico che devo fare, lei “mi faccia vedere lo scontrino”, io “ma ho attivato quello elettronico, nella app”. Sospira, “vada, vada allora.” Vedo tutto il disprezzo luddista nei suoi occhi.
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Il quiz della settimana
Quante tonnellate di patatine fritte in pacchetto si acquistano ogni anno in Italia al supermercato?
a) 36mila b) 120mila c) 234mila
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Le piadatine e l’innovazione di prodotto
Qualcuno ha definito la spesa al supermercato come zombie-journey. Per la maggior parte, andiamo avanti con il pilota automatico acceso, il nostro cervello non è davvero al massimo del funzionamento. Non mi meraviglia che qualcuno la veda (giuro!) come pratica più affine alla meditazione che a un customer journey razionale di scuola economista.
Poche cose ci risvegliano: magari quando ci arrabbiamo perché hanno cambiato la posizione di quel prodotto (e questa la dice lunga su quanto siamo abituati al pilota automatico), o vediamo un enorme cestone in promozione o un buco vuoto nello scaffale (“abbiamo perso la promo, maledizione”). Per il resto appunto si va dritti, si dedicano quei famosi cinque secondi a prodotto, si segue la lista della spesa, e si aggiungono cose sulla base dell’impulso del momento (“uh, fragole così rosse!”, “ehi, 50% di sconto sul parmigiano!”, ecc.), impulso più o meno intenso dal fatto di essere a stomaco vuoto o meno, da cui la famosa raccomandazione delle federconsumatori di andare a fare la spesa dopo mangiato.
Orbene, l’altro giorno vedo questa mini-gondola display con tutti i prodotti Figulì. In pratica una gondola display è una specie di scaffale dedicato, spesso vicino all’inizio della corsia. E sopra campeggia quel nome. Pia-da-ti-na. (Non riesco a pronunciarlo fluentemente, devo concentrarmi. E questo la dice lunga sulla penetrazione nel nostro cervello delle categorie di prodotto). Crasi ovviamente di piadina e patatina. Mi ricordo che un pacchetto era già arrivato sulla mia tavola da pranzo, ma non l’avevo comprato io. Buone ma niente di che, era stato il giudizio sommario degli altri. Il loro giudizio, qui, comunque non ha importanza.
È per me (e spero per voi) invece estremamente interessante il tentativo: è una delle rare occasioni in cui i produttori escono dal terreno sicuro, anche se estremamente competitivo, della categoria, in quel territorio di osservanza al pensiero conservatore che è il supermercato.
Infatti di solito i produttori innovano dentro la categoria: ci sono quindi piadine spesse (molto rare, purtroppo, solo per connoisseur), le c.d. «riminesi» (sottilissime, quelle che piacciono al mainstream), e poi le integrali, le senza strutto, le senza olio, con tutti i senza possibili come va per la maggiore, quelle “con miele romagnolo”, c’è quella «della nonna», le ovvie bio, si continua con “le fresche”, a breve conservazione, le immangiabili (giudizio personale) cioè quelle a lunga conservazione fuori frigo, insomma ogni «specialty» è coperta.
La specialty sta alla category come il valvassino sta al valvassore. Più il supermercato è grande, più varietà più o meno simili si allargheranno sullo spazio a loro riservato dalla catena. È quella che in un articolo per Link definivo «il paradosso della troppa scelta»1.
La conformazione dello scaffale, che si ripete clonata in tutti i supermercati di tutte le insegne, è la conseguenza di anni e anni di comportamento “a gregge” del marketing, dice Youngme Moon nel suo libro Different2. Quando un produttore introduce una nuova funzione (“non solo denti bianchi, anche alito fresco!”), presto tutti gli altri aggiungono la stessa caratteristica. “Senza olio di palma!”, e tutti seguono. “Tonificante” è nella maggior parte dei bagnoschiuma maschili. In più, spesso si introduce una nuova versione (qualcosa in più di una funzionalità, almeno apparentemente). La Fanta e le sue sorelle sono esempi di scuola – chissà chi ha pensato quella al cetriolo. Gli yogurt hanno versioni con ogni frutto del globo. Gli Oreo negli Usa hanno talmente tante versioni che nemmeno Wikipedia riesce a catalogarle tutte. Qualche giorno fa cercavo delle semplici penne Bic nere e non le ho trovate. Solo penne con inchiostro fluido, che secca prima, scorrevoli, fini, con l’impugnatura ergonomica.
È normale che sia così: dice la stessa Youngme Moon:
Quando siamo incuriositi da una categoria saremo curiosi dei marchi al suo interno; quando siamo annoiati da una categoria non presteremo quasi nessuna attenzione. Quando siamo innamorati di una categoria siamo ansiosi di esplorare le opzioni al suo interno; quando siamo cinici su una categoria cerchiamo la cosa più economica o più conveniente.
La maggior parte delle persone è cinica su tutte le categorie, cioè in modalità zombie 100%, alcuni lo sono quasi sempre salvo quando incontrano una categoria particolare di cui sono connoisseur, fanatici. Questi sono quelli che comprano sempre la stessa marca, e/o la stessa variante, che scrivono al customer care quando quel prodotto scompare, ecc. ecc. ma sono pochi e rissosi tra le diverse sette (piadina grossa vs sottile vs strutto o no ecc.). Gli zombie sono infedeli di natura, comprano quello che è in offerta o vedono per primo.
Il brand standard cerca quindi per maggior sicurezza di distinguersi senza uscire dalla categoria, con risultati indistinguibili, ma pescando dal mercato «sicuro». La stessa divisione in categorie del supermercato, anche se ha anche vantaggi logistici ovviamente, segue il nostro modo di ragionare: mi serve una macro-categoria (formaggio), poi una categoria (mozzarella), poi (scelgo) una specialty (bufala senza lattosio). Gli ultimi step sono spesso scelti al volo, se in modalità zombie, la prima è più programmata (lista della spesa). Lo stesso metodo lo seguiamo per altre robe: a) mi serve una vacanza, b) vorrei andare al mare, c) quale destinazione scelgo, ecc. ecc. Spesso nemmeno ce ne accorgiamo. Si chiama bias del “category heuristic”: ci affidiamo alla via più efficiente per arrivare a una decisione, e per prima cosa scegliamo un parametro (la categoria: patatine, piadine, crackers, ecc.).
Molti studiosi del posizionamento indicano che è necessario indicare, in quanto brand, «a che sport giochiamo» (a quale categoria apparteniamo) ancora prima del perché siamo migliori o diversi. È il cosiddetto framing di riferimento che aiuta il consumatore nella scelta: puoi posizionarti solamente facendoti confrontare a qualcosa (che esiste già).
Io la vedo così: per la maggior parte degli acquisti non abbiamo bisogno di Google Maps, in senso metaforico. Usciamo di casa e arriviamo, sovrappensiero, per esempio nella zona dei negozi. Per rari casi, cerchiamo esattamente quel prodotto, e ci facciamo aiutare, usciamo dalla rotta. Usiamo il GPS del digital customer journey.
Le nostre piadatine sono quindi qualcosa che non ha una categoria precisa, è l’azzardo massimo in termini di posizionamento almeno. Sono “pane”? Sono crackers? Sono per pranzo o per stuzzichini per aperitivo? Il product manager che ero dice: “Li potete usare per TUTTE QUESTE COSE!”. La realtà è diversa: dove li metterà il supermercato dopo che la gondola sparirà? Dove li incontreranno? Chi avranno di fianco, a quali prezzi?
Quel nome divertente vuole rompere una categoria, o crearla forse. E chi crea una categoria vince tutto, si sa. Pensiamo agli iPhone. Però creare una categoria richiede investimenti forti e una certa dose di fortuna, succede molto di rado. I Nutella Biscuits? Quell’altro snack Nutella di cui ora non ricordo più nemmeno il nome? Ce l’hanno fatta? Li ho visti implorare in uno scaffaletto davanti alle casse, non un buon segno.
Uscire dalla categoria significa non sfruttare il fattore alta marea (che alza tutte le barche). Se la categoria piadine aumenta le vendite, le piadatine potrebbero non seguire il trend. E viceversa, ovviamente.
Le piadatine di loro di sicuro piacciono ai connoisseur, quelli che appartengono al segmento veg-bio-light food. Non è un caso che siano a NaturaSì. Perplexity mi ha fatto un quadro riassuntivo:
Le recensioni degli utenti sulla piadatina di Figuli sono state generalmente positive. Molti utenti hanno apprezzato la sua genuinità e la sua capacità di offrire un'alternativa più sana rispetto ai prodotti tradizionali.
Ad esempio, su Degusta Box, il prodotto ha ricevuto recensioni positive da parte degli utenti, che hanno lodato la sua qualità e la sua capacità di soddisfare le loro esigenze alimentari. Gli utenti hanno descritto la piadatina come "un prodotto innovativo e delizioso" che "offre una vera alternativa ai prodotti tradizionali".
Inoltre, su abillion, gli utenti hanno lodato la piadatina per la sua croccantezza e il suo aroma gradevole. Hanno anche apprezzato la sua composizione, che è basata su pochi ingredienti e non contiene additivi o conservanti. Su Amazon.it, il prodotto ha ricevuto una valutazione di 4,5 su 5 stelle, con molti utenti che hanno scritto recensioni positive e lodato la sua genuinità e la sua capacità di soddisfare le loro esigenze alimentari.
Proviamo a immaginare il futuro?
La piadatina non riesce a rimanere nei supermercati mainstream, Figulì non ha le risorse per imporsi come categoria e non ha la forza di brand di Nutella o Apple per creare una sua categoria. Il suo prodotto per il mainstream non rientra in una categoria per gli zombie, non si sa in quale scaffale metterla o cercarla. Il prezzo è elevato per le loro aspettative. Invece si vende bene, ma in relative piccole quantità, nei punti in cui lo zombie non osa: online di nicchia, negozi bio, ecc. Cioè in luoghi in cui la categoria non è il discriminante della scelta, ma è quel «pochi ingredienti», «sano/leggero», «sa di piadina ma senza lo strutto». Persone disposte a pagarle 22 euro al chilo anziché dai 3 ai 12 euro al chilo delle normali piadine-piadine o i circa 8 euro al chilo delle insalubri ma ahimè gustose patatine-patatine.
(Ovviamente auguro a Figulì di smentirmi e rivederli alla Coop tra un anno)
Il marketing insegnato dai negozianti
A proposito di categorie.
Ti ricordo che ilmarketinginsegnatodainegozianti.info è un progetto gonzo-collettivo a cui puoi contribuire senza pietà.
Segnalazioni varie
La settimana scorsa ho parlato della mania di mettere il link nel primo commento, sui social e soprattutto su LinkedIn.
A maggio insegno al corso part-time online di Develhope per diventare Digital Marketing & AI Specialist, 15 posti in tutto.
Ho scritto un pezzo sul magazine TendenzeOnline di GS1 circa la lenta digitalizzazione del B2B, citando dati di Netcomm, Ca’ Foscari e Marketing Arena.
That’s all folks!
Grazie di aver letto fin qua, di questi tempi è un miracolo.
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ciao, gluca
Grazie a Daniela Bollini per la solita paziente correzione della bozza e a Cristina Portolano per i separatori.
Quiz: a) 36mila (fonte).