[È venerdì] L'inaspettato ritorno delle agenzie di viaggio
E l'eterno mito smentito della disintermediazione
Questa settimana la newsletter NON è vocale, perché non ho avuto tempo di scatenare la mia finta AI-voce. Cosa ne pensi dell’esperimento delle settimane scorse? Ne vale la pena? Dimmi tu.
Sto scrivendo un libro. Questa settimana sono disceso negli inferi degli adoratori delle proteine e di quelli che il cibo processato è la causa di tutto il Male. Se un giorno non riceverete più questa newsletter chiamate la polizia.
Sei tra le 23.000 persone iscritte e tra le circa 30.000 che la visualizzano qui, su LinkedIn, Telegram e WhatsApp: grazie, spero che le ore che passo a scriverla siano utili. Se ti arriva è anche grazie a sponsor come Zendesk che supporta il mio tempo. Per sapere come diventare sponsor, clicca qui.
Il quiz della settimana
A che anno si fa risalire la nascita della prima agenzia di viaggio?
a) 1790 b) 1841 c) 1951
Risposta in fondo.
+++ Un attimo di attenzione per il nostro sponsor di oggi! +++
AI + CX: una guida per capire i due acronimi che stanno trasformando il business
Per noi di Zendesk è un piacere tornare sulla Lettera del Venerdì! Oggi per chi come te la legge offriamo l'opportunità di esplorare in anteprima la nuova frontiera dell'assistenza al cliente.
La nostra guida offre una panoramica dettagliata dell'impatto dell'AI nel settore della Customer Experience e mostra come i clienti di Zendesk stanno già concretamente ottenendo vantaggi: il 73% dei “CX leader” ha registrato un ROI positivo dall’uso di AI e automazione. In breve, anche se non lo stai facendo tu… lo stanno già facendo (bene) in tanti!
Nella guida troverai informazioni pratiche su come:
migliorare l'efficienza: l'AI può aiutarti a liberare i team dai compiti ripetitivi, dando più spazio alle attività che realmente contano e alla qualità del servizio;
approfondire le relazioni con i clienti: utilizza l'AI per sviluppare un rapporto più stretto e personale con i clienti, accrescendo la loro fedeltà e soddisfazione;
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L’inaspettato ritorno delle agenzie di viaggio
Per chi era venti-trentenne agli albori di internet (non skippate, non è un post nostalgico), l’evoluzione della rete è una continua sorpresa (o per molti, vedendo i vari libri in uscita sul tema, una continua delusione). Non tornerò sul Cluetrain Manifesto, no, e le sue inevitabili tesi più volte smentite. Mi concentrerò su un tema più prosaico: le agenzie di viaggio. Uno dei miei primi clienti quando, per qualche ragione che non ho ancora capito oggi, mi trovai a vendere siti web fu un’agenzia di viaggi, abbastanza famosa ai tempi, a Bologna centro. Ricordo ancora il mio pensiero, tra il conscio e l’inconscio: devo sbrigarmi a vendergli ‘sto sito prima che questi muoiano come tutti gli altri. Era inevitabile. Tutto sarebbe stato disintermediato. Ognuno di noi poteva accedere a un catalogo infinito, no?, e contattare qualunque appartamento od hotel in qualsiasi parte del mondo, il tutto, come si diceva e in qualche caso si dice, “a portata di clic” (allora erano davvero clic, non tap). Come sarebbe? Ha davvero senso accedere a un sito di un’agenzia di viaggi che mostra un catalogo, creato da un tour operator che a sua volta non era altro che un aggregatore di singoli operatori turistici (che avevano sicuramente a loro volta un sito e potevano essere raggiunti tramite, ahem, Altavista)? Non mi sembrava davvero che potesse avere ancora un senso nell’arco di poco tempo. Per un po’ (poco) mi è sembrato di avere ragione. La nostra generazione è stata quella che era ansiosa di liberarsi dei vecchi intermediari. Odiavamo (in senso lato) giornali e giornalisti, perché eravamo blogger, e non avevamo bisogno delle “testate intermediarie”, odiavamo le filiali delle banche e delle assicurazioni perché eravamo tutti su Fineco e Linear, che bisogno c’è di passare dallo sportello (in questo, in effetti)? Al tempo stesso però siamo stati i primi a iscriversi alle piattaforme (che non si chiamavano ancora così), e quando aprì LinkedIn eravamo già lì, e non sapevamo cosa farci, perché al tempo non c’erano né pipponi di CEO-social né di alte considerazioni filosofiche sul worklife balance di turbo-engaging-HR. Non sapete il piagnisteo quando ci chiusero FriendFeed, un social network tipo Facebook ma per nerd che litigavano, per un intero pomeriggio, sul fatto che nel fare la moka bisognasse tenere aperto il coperchio o meno.
La tecnologia ci aveva come sempre accecato. Avevamo dimenticato, come sempre, che la pigrizia, la comodità e la volontà di scambiare soldi per socialità e sicurezza sono scommesse troppo facili per non puntarci sopra. E allora arrivarono prima i vari Tripadvisor a farci stare tranquilli con quelle recensioni più o meno vere (meglio di niente), e poi Booking per non farci fare lo sforzo di prenotare con mezzi scomodi come email e telefono. Poi il mondo si è trasformato in un hotel infinito e app-izzato con Airbnb. Ok, l’intermediazione era ufficialmente tornata, solo che le facce e le aziende erano diverse. Ci siamo svegliati dal sogno libertario-anarchico e ne abbiamo preso atto (qualche albergatore è ancora lì che brontola). Se il mondo vuole questo, chi siamo noi per?
E invece non era l’ultimo atto. Anche l’agenzia di viaggi è tornata, ma il prodotto non è lo stesso.
Oggi tutto è viaggio tematico: dalle avventure sportive ai tour culturali, dai viaggi culinari alle esplorazioni naturalistiche, archeologiche, urbex, o perfino di zone come Černobyl' o luoghi di eccidi efferati. Frammentazione ovunque: oggi una/un creator può farsi quasi in white label la propria agenzia di viaggi, come una delle possibili vie di monetizzazione della community. Su questo concordo con la newsletter di LetMeTellIt1 della scorsa settimana: prima l’audience, poi il prodotto.
Anche il target non è lo stesso: noi appartenenti alla Generazione X abbiamo sviluppato una forte preferenza per l'indipendenza e l'autonomia nelle nostre esperienze di viaggio. Siamo nati nell’epoca della scarsità di alternative e facciamo fatica a farci di nuovo dire da altri cosa dobbiamo fare e visitare in vacanza, e tendenzialmente sospettosi verso gli intermediari “che ci lucrano”. Poi ci sono i baby boomer viaggianti, spesso pensionati di lusso che con tutto il tempo e i soldi si possono permettere di pianificare per giorni, mesi, anni le loro vacanze (in realtà spesso veri e propri giri del mondo in dieci anni). Si arrendono ai viaggi di gruppo solo quando rimangono da soli o non ce la fanno più a salire sul cammello da soli. Entrambi i gruppi hanno poi la concezione del viaggio di gruppo come un downgrade di status. Sono figli dei film di Fantozzi e dei viaggi Aiazzone. (Come sarebbe “sono”? E tu? Ci arrivo.) Ai millennial invece dell’autonomia, della bellezza di andarsi a cercare le cose con mezzi che prima non si potevano usare, giustamente non gliene frega proprio niente. Dopo dodici ore di lavoro in una società di consulenza, mentre aspetti Deliveroo o cerchi di sbrogliare il puzzle di HelloFresh, non hai davvero voglia di contattare il signor Aalee in Lapponia via email. E l’ebbrezza pura e semplice di poterlo fare non la percepiscono, perché da quando sono nati hanno una mail.
Queste nuove agenzie offrono esperienze diversificate, per ogni livello di socialità serale, cultura, rischio, impegno fisico. Niente più un po’ di tutto per tutti, questa è l’era della personalizzazione. Niente gruppi numerosi, che rende la socializzazione difficile e ci vergogniamo di essere in quelle processioni tipo americani con la guida con la bandierina a condurli. Il gruppo non è più un obbligo, ma una scelta, come una scelta è a volte il viaggiare da soli.
I solo travellers vengono suddivisi in due categorie: “solo by default” e “solo by choice”: i primi sono tutti coloro che si trovano privi di compagni di viaggio, i secondi sono coloro che, pur avendo famiglia o amici con cui poter viaggiare, decidono di farlo da soli (Mehmetoglu et al., 2001). [...] preferiscono una vacanza organizzata e strutturata, e la scoperta di se stessi passa anche tramite la socialità, mettendosi in gioco condividendo un’esperienza di viaggio, dall’alloggio alle attività, con persone che inizialmente sono solo degli sconosciuti, per poi costruire insieme ad essi – viaggiatori soli come loro – un ambiente e un’atmosfera familiare, riscoprendo così la bellezza della compagnia (Pung et al., 2020). (Giulia Venturelli - Il valore del marketing nel settore esperienziale dei viaggi: analisi delle strategie e best practices - il caso WeRoad2)
Niente località usurate, o “non autentiche”, che non sono conversabili e instagrammabili, ma poi tutto dipende, a volte Sharm a volte Socotra. Poi c’è il solito grado percepito di avventura, intesa come rischio di farsi male: nel vecchio mondo era tutto o niente, on/off, come tutto. Sapevo di rari colleghi che partivano con Avventure nel Mondo (la versione pionieristica dell’epoca, non quella più fighetta attuale, come da sign of the times) e nella nostra percezione (chissà se era vero) appena partiti gli avventuristi eravamo già lì che ci contendevamo le puntatrici delle loro scrivanie. Poi c’erano i residui alpi-turisti “fai da te"? Ahi ahi ahi!”. Nella new economy del 2000-2010 erano ormai pochi e universalmente disprezzati. In mezzo, il niente. Eravamo tutti per il fai da te, appunto. “Perché io posso!” era il nuovo “Perché io valgo!”
Per dirlo bene:
Il concetto di viaggio ha subito una notevole evoluzione nel corso degli anni, passando da un semplice spostamento geografico a un'esperienza ricca di significati e scopi personali. Oggi, i viaggi organizzati non solo offrono comodità logistiche, ma rispondono anche a bisogni profondi di senso, appartenenza e lotta contro la solitudine. Questo fenomeno è particolarmente rilevante tra le nuove generazioni, che cercano esperienze autentiche e connessioni significative durante i loro viaggi.
Anche un po’ meno, mi viene da dire, ma non possiamo negare la realtà dei fatti. Più esperienze locali, più mojito collettivo in boccia da un litro, meno sbatti. In vacanza ci vai con persone con cui condividi qualcosa, che non è detto siano i tuoi amici o compagni di vita “normale”. Il gruppo Whatsapp di un viaggio è per sempre. Giulia Venturelli scriveva nella sua tesi “Uno dei punti di forza di WeRoad è la capacità di creare una forte community tra i partecipanti ai viaggi. Le persone che viaggiano con WeRoad spesso formano legami duraturi, trovando un senso di appartenenza e condivisione.”
Scegli in anticipo il livello di ruvidità del viaggio a piacere, quasi con i cursori come quelli della app di Uber che ti chiede se vuoi l’aria condizionata alta o bassa o nessuna, e se vuoi che il conducente sia ciarliero o no (io lo adoro, ammetto). Tutto lo spettro del mercato è coperto, oggi. Vuoi vivere momenti autentici? Ci sono soggiorni in case di abitanti locali, partecipazione a eventi culturali e coinvolgimento in attività comunitarie. Io ho visitato un telescopio spaziale abbandonato in Armenia, per dire, ma non da solo. Perché in gruppo è meglio. Anche perché chi partecipa sta, in realtà, già creando la campagna pubblicitaria per chi verrà dopo, come ho scritto in Svuota il Carrello. A volte abbondantemente spinto a farlo da chi organizza il viaggio (io impazzirei, ma sono un ibrido, non un millennial verace).
Alla fine, come ho disegnato in un gruppo WhatsApp di viaggiatori di gruppo (di quelli in alto a destra) a cui ormai appartengo da un paio di anni, avendo anche io “fatto il giro”, il panorama (si scherza, amici) è un po’ questo.
A ognuno il suo viaggio di gruppo, perché oggi il problema non è più disintermediare, ma combattere la solitudine (e, allo stesso tempo, i compagni di viaggio molesti). “I viaggi siamo noi, nessuno si senta escluso.”
(PS: per un panorama più serio sui viaggi esperienziali, vi consiglio di leggere la tesi della mia tesista dott.ssa Giulia Venturelli. Gli abstract sono presi dal suo lavoro.)
Il marketing insegnato dai negozianti
Overpromise.
Ti ricordo che ilmarketinginsegnatodainegozianti.info è un progetto gonzo-collettivo a cui puoi contribuire senza pietà.
Segnalazioni varie
La settimana scorsa ho parlato di franchising che amiamo nonostante tutto.
Torna l’assessment gratuito (niente inganni di funnel) del tuo piano marketing con me e Giorgio Soffiato: ottieni insight preziosi e proposte di miglioramento. Ci si candida da qui (alcuni requisiti sono necessari).
That’s all folks!
Grazie di aver letto fin qua, di questi tempi è un miracolo.
Per analizzare assieme la strategia, l’organizzazione e il budget di marketing della tua azienda, o per essere sponsor come Zendesk basta rispondere a questa mail.
ciao,
gluca
Grazie a Daniela Bollini per la solita paziente correzione della bozza e a Cristina Portolano per i separatori.
Quiz: b) 1841, fondazione della Thomas Cook, quella dei (ohibò) traveller’s cheque (fonte).
Scaricabile qui, per gentile concessione dell’autrice.