☀️ [È venerdì summer edition] Questa è l'afa
Cosa succede quando non vai su di un'isola ma ti immergi nell'estate padana della provincia
Io ci provo anche, a non mettermi a osservare la gente con quel piglio da entomologo antipatico. Ma quasi mai ci riesco. In questo non so se l’essere sempre e comunque osservatori osservanti è stato frutto dell’allenamento lavorativo o se fosse un vulnus preesistente alle mie scellerate scelte di vita. Così quando il medico ha detto che forse farsi un viaggio di qualche centinaio di chilometri verso l’amata isola croata non era proprio l’ideale (ora è tutto a posto, grazie) mi sono trovato ad adattare l’agosto alla vita della pianura, come i miei amici di città ma scappati e ancora in preda all’innamoramento per Holt, Canto della Pianura e tutto Kent Haruf adorerebbero fare se gli obblighi sociali non li portassero a Filicudi.
E siccome non puoi stare tutto il tempo in casa a leggere, scrivere e goderti l’aria condizionata alimentata dai pannelli fortunatamente non danneggiati dall’era della grandine1, anche se ci ho provato, alla sera sei condannato a mescolarti con quelle persone che non vedi quasi mai per il resto dell’anno. Chi mi conosce un po’ meglio (o guarda i post su Instagram) sa che vivo con la testa in città (o in internet, meglio) e i piedi in quella Padania emiliana non lontano dai capoluoghi ma già contagiata dallo spleen ghirriano e celatiano – peraltro due che nelle loro opere non affrontavano quasi mai direttamente l’animo umano, se non immerso e infuso nel paesaggio circostante.
E allora, invece dei ćevapi eccomi servito l’agosto emiliano di provincia: come quello della città capoluogo è tutto un florilegio di musica indie e di forum di cineteca con pellicola recuperata in HD e ricolorata dall’AI da una pellicola in bianco e nero ecc. ecc., questo è tutto un esplodere di sagre a grappolo nel buio della piana, in cui il pianto di stelle, per lo smog e l’afa, si vede proprio poco, e Giovanni Pascoli zitto, che l’atomo opaco del male viene scacciato dalla macarena e dalla polka.
Penso che, dopotutto, riprendere contatto con quel 60% delle persone che non vivono in città di almeno 100.000 abitanti (fonte ISTAT), e meno che meno in internet (se non in WhatsApp e Google News2), ci aiuta a spiegarci il mondo, la politica, l’economia, un po’ tutto il resto.
E quindi ho preso nota delle esperienze: ho visto Alan Sorrenti (nel senso di una canzone di) cantato a favore di balli di gruppo in cui il più giovane aveva settanta anni, in pista tutto sudato dopo essersi ingozzato di gnocco fritto allo strutto e affettati. Una coppia era vestita come texani al ballo, lui con foulard a stelle e strisce. Ho spiato un tris di signore, tutte con una cattedrale gotica/messa in piega in testa, presumibilmente vedove, applaudire smodatamente a un’esecuzione di una extraterritoriale “Romagna Mia” ma in stile bachata, mentre fumi illuminati dalle luci stroboscopiche strabordavano dal palco in cui il frontman sudaticcio e dalle battute cringe abbracciava la giovane cantante ventenne, per poi scoprire dopo quindici minuti (di mio terrore interiore) che la giovane cantante ventenne era sua figlia. La cantante anziana era la madre, è un’azienda familiare del pop-liscio-ecc., ovviamente. Queste aziende familiari del liscio fanno fatturati che la maggior parte delle anemiche startup italiane sognano solo alla notte.
Ho capito che qui il vino è ancora solo “vino”, nelle varianti (rosso vs bianco, frizzante vs no), e figurati se c’è quello con il processo di produzione «ancestrale» che mi hanno proposto in un locale a Bologna. Il cocomero è ancora la cocomera. “Anguria” lo scrive solo la Lidl. Lo gnocco è ancora il gnocco. Ho visto arrivare nei menu delle sagre piadine e tigelle (ma con prudenza e ai margini, perché cibo da forestieri/turisti).
Ho visto trattoristi (il corrispettivo dei camionisti) di tutto il nord padano radunarsi a centinaia con magliette customizzate come quelle del bowling americano per una gara di aratura notturna, e parlarsi in lingue che non capivo. Ho visto un tizio che alla fiera portava i suoi mezzi cingolati della seconda guerra mondiale, un altro che ha una collezione di decine di trattori d’epoca, orgogliosamente funzionanti. Ho preso un biglietto per una lotteria in cui il primo premio era un Landini L25 (è un trattore storico, dicono, lo parcheggerei davanti a casa?), il secondo premio è un maiale (morto e già a pezzi), il terzo è un mezzo maiale (già smezzato, ovviamente). Ho notato che i vegetariani hanno ancora molta strada da fare, almeno per sopravvivere all’estate qui. Prima di continuare, il quiz.
Ho parlato con una coppia che si è fatta 100 chilometri per ascoltare Omar Codazzi (non è un nome d’arte), il quale ha pubblicato diciassette album e ha una pagina su Wikipedia e una storia3 che è puro Carver. Loro sostengono che ascoltarlo «è pura emozione» (testuale).
La Madonna è presente ovunque (no pun intended), e pure gli onusti santi patroni sono ancora in auge, sarà che questa cosa delle fiere deriva dai romani, e abbiamo solo sostituito l’essere superiore agli onori nella processione. C’è un paesino che di solito sembra disabitato, ma che vede, nelle sere attorno al 20 agosto, gli abitanti uscire allo scoperto e costruire altarini per la loro Madonna, poi esposti nei giardinetti delle villette e delle case coloniche. Fa un po’ paura se non sai nulla e passi di lì per caso, è tipo racconto di Stephen King, pensi subito a I figli del grano e alla serie di film Grano rosso sangue4. Poi capisci che le lucine sono quelle di Natale, riciclate e spesso lampeggianti, e il pathos scende notevolmente, nessuno è stato sacrificato, salvo i suini.
Ho avuto la conferma che la maggior parte delle fiere si basa sulla tradizione da conservare, più o meno inventata non importa. Per la maggior parte delle persone il ricordo, la nostalgia è un tranquillante naturale e non – sia mai – illegale. La tradizione non è quella pelle fastidiosa che il serpente deve perdere per crescere come percepita dal progressista-innovatore-urbano, ma una confortevole armatura permanente, per la vita. Ho perciò visitato «la casa del contadino», ricostruita all’interno di un ex rudere dotato di spiegazione accurata ma molto edulcorata, niente mortalità infantile, lavoro minorile e cibo scarso. Sembra invece una casa chic a basso impatto ecologico di Ginostra, mentre viverci davvero doveva essere un discreto schifo. Ma non importa, famiglie con bambini sorridenti entrano, il padre «ecco come vivevamo quando tutto era più semplice», una specie di Casa nella Prateria padana. Io dell’aia negli anni ’70 ricordo solo che c’erano cacche di gallina ovunque e un certo cattivo odore, ma magari ero io. Ho dunque visto/assaggiato/assistito in modalità «come si faceva una volta»:
impastare il pane (poi uscito abbastanza bruciacchiato dal tradizionale forno);
la battitura o trebbiatura del grano (da non confondere con la mietitura, spiegano), con grande dispendio di carbone per una quantità ridicola di grano;
l’aratura (gas di scarico da nafta, oltre i limiti, centraline dell’ARPA impazzite);
il cotechino più lungo del mondo e l’anatra alla brace della tradizione;
lumache in umido tradizionali alla casumarese (si mangiava quello che c’era, una volta, ma ora è roba gourmet, pare);
esposizioni di foto di una volta di gente di una volta che faceva cose di una volta in posti di una volta;
la banda tradizionalmente passare (mixando Resta con noi, Signore, la sera e La banda di Mina in un meta-repertorio, per altro apparentemente un guizzo non notato da nessuno);
Una tristezza così non la sentivo da mai
Ma poi la banda arrivò e allora tutto passò
Volevo dire di no quando la banda passò
Ma il mio ragazzo era lì
E allora dissi di sì
Sono sempre (stato) in un loop: attrazione fatale e ambigua, attivazione della modalità odiosa David Foster Wallace alla fiera statale dell’Illinois e conseguente irrisione per la gente comune, successivo senso di colpa per aver deriso gente la cui vita forse è più dura della tua, seguito da altrettanto fastidio per chi prova fastidio per la gente comune e quindi ritorno di fastidio per me stesso. Per fortuna che l’estate è quasi finita. Anche DFW faticò a risolvere il problema di questo loop, detto “dello Stronzo”5.
David Foster Wallace e il Problema dello Stronzo « inkiostro
Quiz: il brand più diffuso è New Holland (fonte FederUnaComa, associazione di categoria dei costruttori di macchine agricole).
Grazie a Daniela Bollini per avere corretto la bozza anche d’estate.