[È venerdì] Io, la mindfulness e Carver al festival di poesia
Se dovessi scegliere un business su cui investire, metterei tutti i miei soldi nella meditazione. O nella mindfulness? Che differenza c'è? Boh, non importa.
Qui a settembre siamo pieni di festival-culturali-su-qualunque-cosa che ho già raccontato. In uno di questi mi sono imbattuto nell’ibridazione di poesia e mindfulness. (Io non vedo l’ora di ricominciare a urlare in tribuna nel campionato di A2 di basket, figurati, altro che mindfulness).
Così oggi il venerdì più famoso del marketing (per tirarmela un po’) torna sull’intreccio tra culto, fandom, community, influencer e business che è al centro del mio libro giallo.
La settimana scorsa invece è uscito il mio secondo inserto audio [Taglio] – info più sotto.
C’è lo sponsor su cui dovete assolutamente cliccare: il progetto Scriptae usa la scrittura per far aumentare le vendite, assecondando i mutamenti della lingua. E pure il marketing insegnato dai negozianti è tornato dalle ferie.
Torna il quiz, a grande richiesta.
Quanto è (all’incirca) il fatturato italiano delle scuole di yoga, online e offline, nel 2024?
a) 200 milioni di euro b) 500 milioni c) 1 miliardo d) 2 miliardi
Risposta alla fine.
E se il tuo brand parlasse ancora come nel 1995?
Telefono fisso che squilla, modem 56k che gracchia e una newsletter che inizia con “Gentile cliente”. L’immagine che dai di te è questa se il tuo linguaggio è rimasto bloccato agli anni ’90.
Per carità, bella la nostalgia, ma solo se vendi capsule collection o limited edition.
Il mondo intorno viaggia in hyper-speed: clienti che chiedono vicinanza, talenti che vogliono riconoscersi nelle parole dell’azienda, mercati che si muovono a velocità interstellare. E il tuo brand? Vuoi lasciarlo lì con un floppy disk in mano?
“La Guida intergalattica al linguaggio inclusivo” è la navicella che ti porta fuori dall’orbita del vecchio linguaggio corporate e ti mostra come parlare oggi: chiaro, diretto, accogliente.
Scarica la guida operativa e chiedi un assessment gratuito della voce del tuo brand, riservato a chi legge la newsletter.
Carver, Bukowski e la promessa delle parole che guariscono, a loro insaputa
La mindfulness invade i festival di poesia
Eccomi al Festival di poesia di cui non avevo mai sentito parlare, di cui cade però l’edizione numero venticinque della sua storia. Premetto che io non la capisco, la poesia, e per questo considero i poeti un tipo di scrittore paraculo e pigro, che poi ha pure il coraggio di lamentarsi perché nessuno compra i libri di pensierini in cui ti porti a casa meno battute dell’articolo che state leggendo.
Dunque, che ci faccio qui? Accompagno mia moglie alla dissertazione su “Il potere curativo delle parole”, che sarà seguita da una lezione pratica di mindfulness: il festival di poesia medio, rendendosi conto che il pubblico dei poeti è limitato e solitamente piuttosto avanti con gli anni, ha infatti dovuto diversificare l’offerta. Questo evento è in effetti in equilibrio spericolato sul tema del festival, ma pare funzionare. A condurlo è una guru della materia: ne ometto il nome, per codardia (ho il terrore delle shitstorm online scatenate dalle truppe cammellate delle fandom) e perché qui conta il rito più del sacerdote, o meglio l’osservazione sociologica e di modello di business più che la pratica in sé. (La verità è che da quando ho finito il libro mi manca occuparmi delle bolle, di quelle microcomunità, spesso ruotanti attorno a una persona, sconosciute all’esterno ed estremamente frizzanti all’interno). Scrivevo nel libro giallo:
I brand di nuova generazione puntano a essere spiriti guida multi-potenziali. I brand del beauty ci insegnano a sentirci bene con noi stessi, i nostri pori e i nostri valori. Le merendine sono proteiche perché ci tengono alla nostra massa muscolare e quindi al benessere. La mindfulness ci cura dallo stress del neoliberismo sfrenato al lavoro. Il fitness ci dà dopamina. I viaggi di gruppo ci liberano dagli schermi. Alcuni brand promettono non di prenderci soldi ma di insegnarci a raggiungere l’indipendenza finanziaria. E oggi sembra esserci sempre più domanda di qualcuno che ci guidi, che ci dica come vivere, anche solo per renderci le cose più semplici. In tempi di crisi ricorrenti le persone tendono a cercare soluzioni a portata di clic.
E mi manca anche un po’ continuare gli Accertamenti® sulla mindfulness, o meglio, sulla McMindfulness, cioè la sua commercializzazione come farmaco da banco che fa bene sempre, come appunto scrive Ron Purser nel libro McMindfulness: How Mindfulness Became the New Capitalist Spirituality. Per me la sua pratica rimane un mistero, non riesco proprio a farmela né piacere davvero né minimamente “funzionare”, qualunque cosa significhi. Però attorno alla mindfulness girano ormai i miliardi di euro, e quindi è ampiamente citata nel libro:
Posizionata dal marketing come panacea “contro il logorio della vita moderna”, la mindfulness si è presa una fetta di attenzione e di fatturato che nessuno avrebbe mai immaginato. Nel 2019, il mercato mondiale contava su quattro miliardi di dollari di fatturato, e il successivo Covid, come per lo yoga, ha rappresentato la sua consacrazione.
E quindi eccomi qui a guarire
La platea, da lontano, è un rettangolo colorato a patchwork di fantasie floreali dei vestiti delle partecipanti. Lo stile della sacerdotessa si riflette nelle sue adepte. Nove sedie su dieci, come osservo da sempre in queste pratiche, sono occupate da donne. C’è qualche raro uomo-Berrino™: lino, barba educata, asciutto, sguardo da “ho visto cose”. I meri accompagnatori dalle forme più rotonde e in sneaker si riconoscono perché se ne stanno più defilati.
La sacerdotessa, al momento stabilito, entra in scena con la voce impostata in velocità podcast 0,8x. Lo spiegherà poi: se parli veloce, metti in difesa chi ascolta. Poi cerca una sponda: “Quanti anni di psicoterapia in sala, tutti assieme?”. In platea passa conto mentale di centinaia di anni accumulati. A questo punto mi viene il dubbio: siamo qui per la poesia che cura o per la mezzora di mindfulness gratis del dopo (il free drink della situazione)?
Al centro del discorso c’è la solitudine, il trending topic più battuto oggi da chi si occupa di psiche e dintorni. I volti che fanno di sì con la testa confermano che il tema attira l’attenzione. Ma siamo del resto anche a un festival di poesia, e dunque partono le citazioni. Bajani, che – scopro lì per lì, lo ammetto – “è anche poeta”. La licenza poetica, qui, è quella di usare i poeti terapeuticamente. Nell’intervento vengono tirati in mezzo Carver e Bukowski, come ospiti d’onore loro malgrado, che avrebbero dato prova di gratitudine e cura. Mi chiedo se sarebbero felici di essere testimonial del “potere curativo delle parole”. Non lo sapremo mai.
Poi il colpo di teatro dei relatori consumati, che smontano certezze: “Non credete allo psicologo, ma alla voce della poesia in voi che dà il nome esatto alle cose.” Dunque, penso, per cosa hanno pagato tutti questi astanti che sommano centinaia di anni di psicoterapia? Ma non c’è pace: siamo già tutti in piedi – lo chiede lei – per ascoltare una poesia. Non so se anche gli altri hanno avuto un brivido da flashback della messa della domenica. Mentre ascolto (distrattamente, ammetto) continua a cadermi l’occhio su una donna che sembra una Beatrice Ramazzotti dagli occhi lucidi già all’inizio della poesia, ma che è soprattutto proprietaria di un barboncino che scappa qua e là tra le gambe delle persone, ma che lei non vede nemmeno più – in piedi ha occhi solo per la nostra relatrice.
Qui la domanda di mercato diffusa è rimedio allo stress, è palese: e dunque si giunge all’inevitabile correlazione (non causalità, si affretta a sottolineare, perlopiù incompresa, l’autrice) tra l’era dell’iPhone e la crescita dell’ansia nella società. La sala annuisce di nuovo compatta, non vede l’ora di trovare un facile nemico. “C’è un posto in Asia dove la parola ‘ansia’ non esiste.” (È il calco della citazione trita degli inuit che avrebbero decine di termini per neve. E che forse ne baratterebbero una decina per avere “ansia” nel vocabolario). Eccomi che già mentalmente penso di accendere l’iPhone per vedere se c’è qualche offerta per l’Asia su Skyscanner.
Il dibattito lavoro di gruppo, no
Ma non c’è tempo: a questi happening non puoi assentarti un attimo con la mente (e meno che meno nel cellulare, appunto), che subito devi riattivarti. “Separate le sedie!”, “Avete una penna?”, Nessuno ce l’ha. Una coraggiosa chiede: “Va bene scrivere sul telefono?”. La sacerdotessa: “Sì, MA…”. Quel MA è un MA-cigno, la tizia chiede una penna all’incaricata e mette via il telefono.
È una pratica guidata: vibra la campana d’inizio, come d’uso. Proprio in quel momento però un motorino a quattro marce e chiaramente senza marmitta (specie protetta di provincia) decide di dare massimo gas all’incrocio accanto. Ma nulla turba l’esercizio a coppie, bisogna fissarsi reciprocamente e pensare a una frase-guida “che avresti voluto sentire quando ne avevi bisogno”, in un momento di difficoltà.
Ognuna delle partecipanti in cinque minuti ha così messo a fuoco un proprio mantra personale. La versione mentale dell’adesivo sul frigorifero: lo attacchi e ogni tanto lo guardi, con la convinzione che sia solo per te. (Questa intuizione non è mia: una signora, alla domanda su cosa se ne farà della frase, al microfono, dichiara appunto che la attaccherà al frigo). Vince la banalità o la sintesi? In ogni caso i guru che hanno successo sono quasi sempre minimalisti: da cui il successo di libri brevi e ripetitivi.
Intanto il barboncino – posso provarlo, a richiesta dei lettori, con una foto – a un certo punto della pratica si accuccia di fianco a me, che me ne sto un po’ in disparte. Sono quasi sicuro che sia stata una richiesta di aiuto. “Prendimi con te, scettico”.
La pratica è finita, andate in pace
Si avvicina la fine, anche se le adepte starebbero al sole per altre due ore almeno. Chiedono come rimanere in contatto: “Ogni settimana condivido una poesia sulla newsletter” dice lei. “Dentro trovate anche una piccola pratica quotidiana per una settimana e alcune citazioni.” Ha anche la versione a pagamento su Substack (80 euro all’anno), cosa che mi rende molto invidioso. Ma mai come il suo firmacopie, almeno dieci volte più numeroso del mio più lungo firmacopie: cento, forse centocinquanta libri in pochi minuti. La mia invidia è definitivamente fuori scala.
In quel momento, il mio telefono vibra a tradimento: è il New York Times1 che mi informa di una pillola che aggiusterebbe definitivamente il cervello. Per un nanosecondo immagino la mia vendetta: un mondo senza sedie separate, senza campane, senza pratiche, in cui metà del settore della mindfulness andrebbe in NASPI.
Mentre me ne vado, sento le adepte urlare all’unisono “NON LO SO!”. Serve, se ho capito bene, per accettare l’imperfezione. È – mi spiegano poi – la risposta al dubbio collettivo “avrò svolto bene la pratica?”. Non lo so nemmeno io.
[Taglio], una volta ogni 15 giorni circa
[Taglio] è un format audio di circa 22 30 minuti, in uscita due volte al mese, che combina rassegna di marketing, miei commenti fuori dal coro e formazione applicata. Il titolo è solo un mantra personale: nel dubbio, taglio. Dopo un primo numero è uscito il secondo episodio (in cui si parla di ristoranti vegani che chiudono, di rebranding disastrosi, di traffico rubato dalla AI e di podcast video).
A grande richiesta tornano i negozianti che insegnano il marketing
Non provare a non farti fare lo shampoo. Spotted by Gianluca - Modena
Cose mie che potrebbero interessarti
L’Avvenire di mercoledì, nell’inserto “Economia Sociale”, ha dedicato un paginone al mio libro (è anche questione di concorrenza tra culti, forse) che potete da oggi leggere anche online. A parte gli scherzi, è una lettura profonda di cui ringrazio Luca Miele.
Presento il mio libro giallo sui brand travestiti da culti in giro:
il 5 ottobre a Camposanto (Sul Serio, è in provincia di Modena) al Giardino Smeraldina (in caso di maltempo, alla Fermata 23, Arci locale);
il 22 ottobre a Ravenna nei Flamingo Talks di Happy Minds;
il 24 ottobre a Bari allo Storytelling Festival (con un talk dedicato);
il 13 novembre a Cuneo al festival Scrittorincittà;
il 15 novembre a Padova al Cicap Fest;
Altre date (Genova, Roma, Bologna, Udine e spero non troppe altre, che sono pigro) in arrivo.
Avete scaricato il mio free ebook Cose divertenti? E letto le puntate estive di questa newsletter?
Ci si becca venerdì prossimo. Per qualsiasi cosa, scrivetemi a gianluca@diegoli.com.
Ciao,
gluca
E grazie come sempre a Daniela Bollini per l’editing, a Cristina Portolano per i separatori e per la mappa del libro giallo. E a Mmad per la sponsorizzazione.
Quiz: d) 2 miliardi circa. Il mercato del benessere in Italia nel 2024 ha un valore complessivo superiore a 45 miliardi di euro, con i servizi di yoga che rappresentano circa il 5% di questo mercato, quindi circa 2 miliardi di euro, con una crescita della domanda stimata intorno al 32%.