[È venerdì] Quando tagli un’esperienza, non ne restano due ma zero
Cosa succede quando la brioche perfetta rinuncia al contesto di acquisto
Gianluca, anche basta con questi festival culturali, torna tra noi (se ve li siete persi, ecco un comodo link riassuntivo).
Ok, fatto: oggi si parla di un bar pasticceria, di bundling e unbundling, e di experience economy.
C’è lo sponsor, con un altro evento assolutamente da non perdere.
Il quiz della settimana
Quanti italiani fanno SEMPRE colazione a casa?
a) 69% b) 77% c) 83% d) 91%
Risposta alla fine.
[sponsor]
Serve più testa, non più tecnologia
Ogni giorno c’è una nuova piattaforma, un nuovo tool AI, una nuova sigla da imparare. Tutto corre.
E anche chi deve digitalizzare il proprio business inizia a correre. “Per non rimanere indietro”, dicono.
Ma siamo sicuri che sia la scelta migliore? Che rincorrere l’ultima novità sia davvero il modo giusto per innovare?
Il 23 ottobre, al B2B DigiTalks, Emanuele Ferrabò, Client Dev&lover di Algoritma, parlerà proprio di questo.
Di quanto sia fondamentale farsi le domande giuste, prima di iniziare. Perché farlo. Come farlo. Come scegliere con chi farlo.
Perché un progetto digitale può davvero cambiare un processo, un reparto, un’intera azienda. Ma funziona solo se nasce da decisioni lucide, condivise.
E poi, diciamolo: la tecnologia da sola non basta. Non basta un tool.
Come si mettono, allora, basi solide a un progetto digitale?
Ne parliamo il 23 ottobre all’Infinite Area di Montebelluna (TV), durante il B2B DigiTalks: un evento ideato da Algoritma per creare spazi reali dove confrontarsi, formarsi, decidere meglio.
Ci sono ancora posti disponibili riservati a professionisti di aziende B2B.
Accesso gratuito con il codice SONOCONGIANLUCA
Una storia di bundling, brioche e controllo di gestione. Ovvero come la logica economica può rovinare un rito e anche l’economia.
La notizia circolava da tempo, molti non ci volevano credere. Perfino davanti a lavori estivi la sminuivano a leggenda: “Stanno solo rinnovando i locali”. E invece alla fine è successo davvero. La pasticceria orgoglio cittadino – quella “quasi cinque stelle” su Google e Tripadvisor – chiudeva. Anzi, no. Diventava pura pasticceria, che in Italia nemmeno sappiamo cosa significhi – potrei raccontarvi di come in Croazia e in molti posti nei Balcani bar e pasticceria convivono in una specie di ecosistema in cui tu prendi la brioche in pasticceria e con il tuo cartoccio di paste (e senza vergognarti, anzi, bello proud) ti siedi al tavolino (obbligatorio, che “in piedi è da barbari” e io penso abbiano ragione) per il caffè e quel mezzo pacchetto di sigarette mattutino. Ognuno fa il suo e sono tutti contenti.
Insomma, la nostra pasticceria-bandiera-orgoglio della bassa-posto in cui portare i milanesi d’ora in poi sarebbe stato solo laboratorio con vendita e forniture ai bar. La pasticceria ha deciso di tagliare in due l’esperienza: il burro sarebbe rimasto, la schiuma a cuore e soprattutto la micro-socialità del “ci vediamo domenica” se ne sarebbero andati per sempre. Il maestro pasticcere, figura evidentemente un po’ monastica, ha scelto la pace del laboratorio alla guerra del banco: impossibile – si vocifera – trovare personale, logistica ingestibile, ecc. ecc.
Controllo di gestione & Experience Economy
Dal punto di vista del controllo di gestione sembra razionale: il bar era in pareggio probabilmente, ma a che costo? Il banco del bar assorbe personale, attrezzature, certificazioni; il picco 7:00–10:00 ti incasina il turn over; il cappuccino è un’arte per clienti ossessionati che poi ti commentano sulla curva del cuore fatto con il cacao. L’EBIT del puro bar si destreggia quindi sullo zero, costa stress e tempo del mastro pasticcere – che vorrebbe fare solo il pasticcere, e io lo capisco, umanamente. Sul foglio Excel, quindi, il taglio ha senso.
Ma l’Excel non vede il “ci vediamo domenica” che trasforma un laboratorio in luogo di destinazione. La lezione della experience economy era già prevista nel 1999 da Pine e Gilmore1 e ora è assurta a vangelo del marketing: compriamo esperienze e non atomi; e un’esperienza non è la somma dei pezzi come descritta dal controllo di gestione, ma il modo in cui quei pezzi si tengono insieme.
Bundling, Unbundling, Bundling, Unbundling
Nella Silicon Valley questa mossa si chiamerebbe unbundling: prendere un bundle (“la colazione”) e separare l’asset più forte (la brioche) dal resto (cappuccino, sala, servizio). L’idea è che specializzandoti sull’unità a valore massimo tu diventi fornitore di chi ricompone il pacchetto a valle. Funziona per i software, spesso per i media, qualche volta per la logistica. Con la colazione provinciale è più complicato: è un bene relazionale. Se separi profumo e cappuccino, non nascono due esperienze; rischi che non ne resti nessuna.
Il fatto è che, da venditori, tendiamo a sopravvalutare il valore della competenza, che poi va nel prodotto; da clienti, invece valutiamo (spesso inconsciamente) soprattutto il valore del contesto. Il pasticcere è eccezionale nel suo mestiere ma il suo prodotto, senza la chiacchiera, smette di essere “la” colazione e torna a essere “una” brioche. Una brioche che, se comprata negli altri bar, non fa più la differenza.
Non a caso, la prima settimana senza cappuccini non si è vista gente con sacchetti di brioche da portarsi a casa la domenica: quando le esperienze si spengono, non migrano ma svaniscono.
Io comunque, tre tavolini e una macchinetta per il caffé self-service (la Bulgaria, non ridete, insegna) proverei a metterla, se non un bar alla maniera croata. Come dice Ben Thompson2 con la sua “aggregation theory”, a ogni unbundling poi segue un bundling e viceversa. Il mercato odia i vuoti e gli sprechi, soprattutto di brioche.
[Taglio], una volta ogni 15 giorni circa
[Taglio] è un format audio di circa 24 30 minuti, in uscita il primo e il quindici di ogni mese, che combina rassegna di notizie significative, miei commenti fuori dal coro e formazione. Il titolo è solo un mantra personale: nel dubbio, taglio. Siamo arrivati al terzo episodio. Lo trovi qui sotto.
I negozianti che insegnano il marketing
Normal bullizza i tentennatori.
(Milanofiori, Domitilla)
Cose mie che potrebbero interessarti
Ho scritto per Link un pezzo sull’Economia delle Esperienze, anzi delle ATTIVITÀ: perché non vediamo l’ora di iscriverci a un corso di ceramica o di restauro mobili? Link.
Ho scritto un report sullo stato del customer care ai tempi dell’AI – come al solito cercando di filtrare le PR dalla realtà. Per il magazine Tendenze di GS1.
Presento il mio libro giallo sui brand travestiti da culti, di cui Cristina Portolano ha fatto una splendida mappa che viene distribuita:
il 22 ottobre a Ravenna nei Flamingo Talks di Happy Minds;
il 24 ottobre a Bari allo Storytelling Festival;
il 4 novembre online su Instagram con Massimo Giacchino;
il 28 novembre a Genova presso TWOW, aperta a chiunque;
il 13 novembre a Cuneo al festival Scrittorincittà;
il 15 novembre a Padova al Cicap Fest;
il 21 novembre ad Anzola (BO) alla Fabbrica delle Parole;
altre date in arrivo.
Avete scaricato il mio free ebook Cose divertenti? E letto le puntate estive di questa newsletter?
Ci si sente venerdì prossimo. Per qualsiasi cosa, futile o di lavoro, scrivete a gluca@diegoli.com.
Ciao,
gluca
E grazie come sempre a Daniela Bollini per la revisione del testo, a Cristina Portolano per i separatori, e ad Algoritma per la sponsorizzazione.
Quiz: a) 69% (Fonte: Altroconsumo). Del marketing del caffè ne ho scritto in Svuota il carrello.
B. Joseph Pine II & James H. Gilmore – Welcome to the Experience Economy (Harvard Business Review, 1999)
Defining Aggregators – Stratechery by Ben Thompson, https://stratechery.com/2017/defining-aggregators/