[È venerdì] A Ferrara, in fila verso il culto di Internazionale
Cosa spinge al cammino d'autunno del sapere globale nella placida città emiliana?
“A grande richiesta” ho dovuto scrivere un reportage dall’altro festival dall’aura semi-religiosa, quello di Internazionale a Ferrara, e anche per una specie di par condicio. Settimana scorsa il resoconto era infatti dal Talk del Post. Poi per fortuna anche in Emilia-Romagna arriverà l’inverno, perché non ne posso più di festival culturali anche se questi fenomeni sociologici sono la mia passione: nel caso non lo sapessi ancora CI HO SCRITTO UN LIBRO. Sono entrambe grandi lezioni di marketing e di brand, in ogni caso.
C’è lo sponsor, con un altro evento assolutamente da non perdere.
Il quiz della settimana
Quasi X milioni di italiani hanno partecipato ad attività legate al turismo esperienziale del cibo nel 2025, come degustazioni, visite a cantine, frantoi, caseifici, birrifici, corsi di cucina ed esperienze benessere in vigneti.
X è uguale a:
a) 3 b) 5 c) 10 d) 20
Risposta alla fine.
[sponsor]
Vi spoilero un po’ del mio speech al Supernova Agencies
Il 30 ottobre sarò tra gli speaker della quarta edizione del Supernova Agencies, l’evento numero uno per chi lavora in agenzia e ogni giorno deve gestire team, clienti, progetti e soprattutto casino complessità. È organizzato con la consueta cura per i dettagli dagli amici di wethod.
Vi anticipo qualcosa sul mio intervento: la mia idea è che in un’agenzia, per la mia percezione, la visione – e quindi l’autonomia – degli specialist è limitata: il social media manager misura like, il Google Ads specialist guarda le conversioni, ecc. Ma senza un quadro strategico, tutto questo resta un boh per il/la marketing manager. E non c’è niente di più frustrante di un’agenzia che non sembra capire il tuo business.
Il senso del mio speech sarà proprio questo: si può usare l’AI per dare più autonomia strategica.
Il Supernova Agencies sarà una giornata di idee, esperienze, casi. E un’occasione per confrontarsi di persona.
Vi aspetto il 30 ottobre all’H-FARM Campus di Roncade (TV).
L’evento è gratuito, ma i posti sono limitati (e ne restano pochi!).
Al culto di Int.
Nella fila noi crediamo
C’è un brand cult che ha trasformato le file chilometriche in un rito d’ingresso. Non è Supreme, non è Pop Mart (quello dei Labubu), non è nemmeno King Colis. Quel brand è Internazionale, d’ora in poi Int., la rivista settimanale che seleziona articoli giornalistici da tutto il mondo. Int. è l’old-money* del combat-news italiano. Sono abbonato da forse dieci anni, anche se in serie B, cioè in digitale.
Vado al festival di Int. quasi ogni anno da quando esiste. All’inizio approcciavo il festival con una certa cautela e nonchalance, come una visita più turistico-culturale che altro, e mi imbucavo in quegli eventi al cortile del Castello Estense o in uno dei chiostri medievali della città o comunque in luoghi a ingresso senza tagliando, e ricordatevi bene la parola tagliando: quando il livello di fama degli intervistati non era così alto (tutto è relativo) o il luogo troppo minuscolo, riuscivo anche ad ascoltare stralci di conversazione, magari in piedi o appoggiato alle centenarie pareti dei duchi tra una fioriera e un tecnico del suono. Mi divertivo a portare nella avventura senza tagliando i miei ignari conoscenti-accompagnatori, spesso locali**: “Ma davvero sai di cosa stanno parlando?” mi dicevano. Ovviamente rispondevo di sì, ché io ero quello che da piccolo conosceva tutte le capitali del mondo eccetera. Ma in realtà non era del tutto vero: a volte mentivo o esageravo.
Immaginatemi quindi lì alle prese con uno sconosciuto giornalista camerunense tradotto con interpretazione simultanea che scrive su di un giornale online di Bourrha, popolosa città in una regione chiamata Mayo-Tsanaga, intervistato da una editor*** di Int. o al massimo di Radio 3. (Il festival di Internazionale è l’unico luogo in Italia in cui Radio 3 ha la maggioranza degli ascolti). Immaginatemi circondato da gente che sembra sapere tutto, che annuisce a episodi di guerre civili di cui non ho nessuna memoria, con il terrore di essere beccato come l’imbucato al matrimonio. Il giornalista camerunense è inventato, ma per farvi capire la situazione. Un’altra volta mi era capitata la stessa situazione, lo ricordo per qualche motivo, per il famoso Bophuthatswana.
Il tagliando ci guida
Poi, anno dopo anno, ho cominciato a percepire la FOMO, l’invidia per il tagliando, la sua aura: cosa nascondevano quegli incontri per cui le persone si alzavano alla mattina alle cinque e ancora in pigiama si mettevano in fila, per poi tornare tutti felici verso le otto a fare colazione con cappuccino al bed and breakfast? (Queste non sono invenzioni letterarie, sono vere storie).
A Int. a Ferrara, come si chiama ufficialmente l’evento, da quando ne ho memoria tutto gira intorno al TAGLIANDO. Se questa fosse una newsletter AI-slop ci sarebbe scritto “immaginate il mio tessoro nel Signore degli Anelli”. È l’oggetto del desiderio di tutte e tutti. Direi letteralmente sacro, del resto Int. è considerabile tranquillamente una religione civile.
Il tagliando (cioè il diritto all’entrata, non a un posto specifico e numerato, sia chiaro) è un bene scarso nel numero e nel possesso personale – nessuno può prenderne più di due a evento, e non per eventi che si sovrappongono, è la “modica quantità per uso personale” – in pratica una vera e propria distribuzione socialista.
Int. ha creato l’effetto scarcity, tipico dei culti consumistici, ma senza la possibilità di soddisfarlo con la moneta. È il Trabant-effect: prodotto a basso costo (anzi, a costo zero, i tagliandi sono gratis), ma democratica sofferenza in coda per entrarne in possesso. È il brand stesso a proclamare che è “stata la coda più lunga di sempre” (semicit.), ignorando bellamente i commenti dei rivoltosi che ogni anno proclamano che non torneranno più. Del resto, non so se credergli. Alla fine chi si lamenta compra. Così, nei giorni del festival l’Instagram di Internazionale è tutto un florilegio di geometrie di Google Maps umane che si snodano tra Piazza Trento e Trieste e il Savonarola indignato passando dal ghetto ebraico e finendo chissà dove (non ho mai controllato). Il brand si vanta delle file, le persone in fila si vantano di essere in fila.
La scarsità è voluta: Int. non è un brand che vuole scalare, anzi, ne è probabilmente terrorizzato. Per questo le location devono avere sistematicamente meno posti di quelli che vorrebbero entrare. In fondo, anche Supreme ha cominciato a sciogliersi quando non c’erano più le code per i suoi gadget assurdi.
Come nel socialismo, la scarsità però viene aggirata dal mercato grigio e da quella furbizia credo abbastanza italiana, perfino in un festival dove la maggior parte ha o sente di avere una fedina immacolata di progressismo e rispetto delle regole. In effetti, il gioco è metterti con tutta la cumpa in fila, raccoglierne una bella quantità, e poi spacciarli, per lo più gratuitamente, ma con un ritorno in termini di gratitudine e di aura conquistata sul campo che vale molto di più del vil denaro. Per qualcuno che rischia realmente di tornarsene a casa, dopo aver fatto 500 chilometri, senza aver visto nemmeno un evento, capite, un tagliando è acqua nel deserto.
Io a questo gioco al massacro non ci sto. Tra me e l’alzarsi presto (abitando in Emilia non dormo sotto il Castello, anche perché i prezzi degli alloggi durante il festival schizzano alle stelle) o il chiedere un tagliando a qualcuno, c’è un muro invalicabile. Non si fa, non si può, non mi abbasserò mai (forse). Piuttosto, lo confesso, una volta sono entrato facendomi prestare un badge sponsor (come al Talk del Post).
Altre volte ho provato a mettermi in coda per i pochi posti a disposizione, in teoria, a ogni evento per i non tagliandati, ma quasi sempre senza fortuna. Di solito la tua sorte è decisa da un tizio (un volontario, di solito: solo i veri culti hanno i volontari, oggigiorno, e qui, decidendo sulle sorti delle code, il posto di volontario è parecchio appetibile) che ti dice che sei nella zona della coda per cui al 90% di probabilità non sarai tra gli eletti. Io a quel punto mollo sempre, ma c’è qualcuno che, finché l’esclusione non è conclamata, non si arrende. Io temo sempre per la loro salute mentale, qualcuno potrebbe darsi fuoco per non essere entrato da Francesca Albanese (la vera star di quest’anno) o almeno da Cecilia Sala (la star in seconda), o ancora più per non essere riuscito a esprimere una domanda di almeno dieci minuti a fine incontro, su cui aveva evidentemente rimuginato per mesi e mesi, fino a limarla come un poemetto.
E gli abbonati? Internazionale non vuole fare preferenze, nemmeno per loro. “Solo perché paghi perché devi avere la precedenza? È un ragionamento capitalista!”. Solo da quest’anno Int. ha concesso qualche biglietto in una specie di click day, andato subito esaurito. Mentre pensavo se andare a quel panel sull’Eritrea o all’altro sul Punjab ho perso tempo prezioso. Mi sono fatto fregare dalla fila anche nel mondo digitale, che è un’ignominia ben più grave. Comunque ho recuperato due biglietti per un evento per cui erano stranamente ancora disponibili.
Per molti anni ho continuato volpe-uva-way-of-life a passare la giornata tra un giro al merch, per comprare una tazza con le dieci regole per qualsiasi cosa, la maglietta annuale con-il-messaggio (tipo nessuno è migrante, ecc. ecc.), e una mostra di fotografia non inserita nel programma ufficiale.
Tra i tagliandati
Finalmente grazie al mio pass abbonato avanzato potevo essere tra i tagliandati. Sono in parte giovani (in senso italiano, cioè sotto i 35, ma soprattutto con gambe forti per rimanere in fila per ore), dotati di sogni e ideali (wannabe giornalistə, professorə, reporter, expat, cooperatori, comunicatori pubblici, precari e anticapitalisti in genere), dal look assolutamente adeguato (kefiah e tote bag ok, poche Nike). L’altra parte del pubblico è composta dai loro colleghi in versione boomer, che grazie all’Inps, Inpgi, Inp-qualcosa oggi si godono la pensione intellettuale per gli stessi lavori che ai primi non daranno manco uno stipendio. (Nota: questa è troppo cattiva, da togliere?) Come faranno a fare la coda questi anziani? La dietrologia italica del raccomandato mi esplode nella mente. Ci sono poi minoranze di casuali e cani sciolti come me, e qualche apparentemente ricco da ZTL (probabilmente il target delle pubblicità di orologi costosi che per qualche motivo sono sempre a tutta pagina nella rivista cartacea).
Tutti siamo comunque in preda a qualcosa che è in parte dopamina da ce l’abbiamo fatta, in parte ricarica collettiva dagli inevitabili insuccessi elettorali di tutto l’anno prima, in parte anche auto-assoluzione. Ascoltare due ore di Darfur è comunque fare qualcosa, e lo penso non solo perché vale anche per me, questa indulgenza in senso stretto. Ammiro il popolo di Int.: riesce per 52 settimane più tre giorni a informarsi di disastri, carestie, ingiustizie, stragi senza che nel loro cervello non compaia mai la scimmietta di Homer.
Certo, ci sono anche zone della rivista più leggere (sono sempre peraltro tra gli articoli più letti, sono umani anche loro, dopotutto). Per esempio, l’oroscopo di Internazionale (e relativo merch) non mi ha mai conquistato: forse in quanto bastian contrario, perché in effetti la sua potenza come icebreaker è incontestabile. Ora da un po’ – mi pare – sia un tutto un po’ più dark, forse perché, come scriveva Ester Viola nell’ultimo Ultraviolet, abbiamo esaurito i discorsi leggeri.
Qui serviva un’apertura obbediente all’impegno di questa newsletter di occuparsi dell’inutile, ma l’inutile è uscito dai radar. Non compare e non attacca. Nel futuro la caratteristica più interessante della gente sarà l’assenza di ansia.
- Come fai a essere così tranquillo?
- Eh, è carattere.
Con gli amici a cena si sono prosciugati i pettegolezzi, solo i migliori resistono e cercano di mantenere livelli accettabili di conversazione, ma siamo diventati tutte cornacchie del malaugurio. Non è rimasto niente per stare tranquilli, niente. Sono lontani i tempi di tutto, ora puoi solo scegliere la gerarchia dell’ansia. Mi preoccupo prima del disastro mediorientale, mi preoccupo dei droni che mi arrivano in testa? Mi preoccupo di Putin, di Trump, del terrorismo internazionale? Prima, cosa viene?
Ma c’è un limite a tutto. Dopo che il panel a cui sto assistendo si sta inerpicando in un’ardita comparazione tra lo stupro e la riproduzione negli allevamenti di bestiame, a molti sale la disperazione, anche per un pubblico in cui il veganesimo supera la doppia cifra percentuale.
Realizzo dai commenti in sala che molti nemmeno avevano letto il titolo dell’incontro. A Int. c’è talmente l’ossessione del TAGLIANDO che andresti a qualsiasi cosa disponibile. A forza di discutere di valutazioni, scambi e possibilità di tagliandi e di eventi possibili o probabili accessibili senza tagliando, tutte le tue energie mentali sono state prese dal tagliando stesso, e aspetti l’argomento sfinito, come una sorpresa.
Mi spiace un po’ per le mucche ingravidate senza consenso, ma ho approfittato di un’interpretazione consecutiva un po’ lenta e me ne sono andato. Dopo un po’ un gruppetto di dissidenti, visto il mio coraggio (o almeno, lo penso io), ha imbucato l’uscita con la stessa faccia di chi esce prima dalla messa fingendo un impegno concomitante. Arrivato in auto, ho spinto per catarsi il tasto segreto della radio che solo io conosco, quello che sotto il numero 0 sintonizza Radio Birikina, in cui risuonava in quel momento un potente pezzone degli 883. Se questo fosse un romanzo sarebbe “Nord, Sud, Ovest, Est”. E invece no, pazienza. “Sta a vedere che anche per il Bophuthatswana altri fingevano di capire e sapere?”. Per un attimo temo di averlo detto ad alta voce.
So che da lunedì rimpiangerò il weekend “con i giornalisti di tutto il mondo” di cui ne ho visti ben due, e che quindi pianificherò di nuovo per il 2026 l’attacco al tagliando. Di due cose sono sicuro: a) non lo metteranno mai online e soprattutto b) mai a pagamento. I pilastri del brand cult di Int. sono ben saldi, per ora.
(*) Nel mercato delle news di un certo tipo, Internazionale è l’old-money, il Post è il new-money.
(**) Per molto tempo i ferraresi si sono chiesti chi fosse questa gente strana, senza mescolarvisi.
(***) I giornalisti di Int. non si chiamano appunto giornalisti ma editor, il che dà loro un’aura diversa. Sono deus ex machina che possono decidere cosa farti leggere, senza sporcarsi però mai le mani (in senso metaforico). Le loro esistenze e le loro facce sono abbastanza avvolte nel mistero, a Int. (da nobili del giornalismo old money) non piace usare quella diavoleria del personal branding.
[Taglio], una volta ogni 15 giorni circa
[Taglio] è un format audio di circa 24 30 minuti, in uscita il primo e il quindici di ogni mese, che combina rassegna di notizie significative, miei commenti fuori dal coro e formazione. Il titolo è solo un mantra personale: nel dubbio, taglio. Siamo arrivati al terzo episodio. Lo trovi qui sotto.
I negozianti che insegnano il marketing
L’epoca della sushittibilità. (semicit)
Spotted by Nicola Smeerch - Roma
Cose mie che potrebbero interessarti
Ho scritto un articolo per il quotidiano Domani, si legge qui (per abbonati), su cosa è rimasto del new normal del Covid, nel business digitale e no. (free PDF)
Ho scritto un report sullo stato del customer care ai tempi dell’AI come al solito cercando di filtrare gli annunci dalla realtà. Per il magazine Tendenze di GS1.
Presento il mio libro giallo sui brand travestiti da culti in giro:
il 22 ottobre a Ravenna nei Flamingo Talks di Happy Minds;
il 24 ottobre a Bari allo Storytelling Festival;
il 6 novembre a Genova presso TWOW, aperta a tutt;
il 13 novembre a Cuneo al festival Scrittorincittà;
il 15 novembre a Padova al Cicap Fest;
il 21 novembre ad Anzola (BO) alla Fabbrica delle Idee;
Altre date in arrivo.
Avete scaricato il mio free ebook Cose divertenti? E letto le puntate estive di questa newsletter?
Ci si sente venerdì prossimo. Per qualsiasi cosa, scrivete a gluca@diegoli.com.
Ciao,
gluca
E grazie come sempre a Daniela Bollini per la revisione del testo, a Cristina Portolano per i separatori e la mappa dei culti, e a wethod per la sponsorizzazione.
Quiz: d) 20 (milioni). Lo dice TTG, la principale fiera del turismo b2b in Italia, in svolgimento a Rimini. Il perché lo spiego nel libro giallo, e fa anche più ridere.
Oggi particolarmente cattivo, per questo ho particolarmente goduto.