[È venerdì] Il dilemma della visibilità
"Non siamo abbastanza visibili" è la scusa universale del marketer. Ma è davvero così, o c'è dell'altro? Una riflessione.
Oggi l’intersezione tra soldi, consumismi e persone, oggetto di venerazione di questa newsletter, riguarda il marketing strategico, e il dilemma della visibilità: la scelta, tra “basta che se ne parli” e “noi targetizziamo chirurgicamente”, dove sta? Proviamo a capirlo con un esempio di altri tempi.
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Il mito della visibilità
La più diffusa e sentita lamentela di qualsiasi marketer (vorrei essere un uccellino in Apple per verificare se perfino lì circola, mentre so per certo che in Nike Italia esisteva) è “non siamo sufficientemente visibili/conosciuti”. Io stesso, quando indosso i miei improbabili panni di autore di un recente tomo giallo (che spero tu, %PIPPO% abbia comprato) ed entro in una libreria, controllo che il libro sia “esposto”, che sia visibile. Ok, è visibile, mi dico, ma è finito nello scaffale “digital marketing”, e io lo volevo in “saggi sociologici”. Oppure è in economia, e io avrei preferito essere nella categoria self help, per combatterla da dentro. Chi li capisce, i librai. Ma alla fine, penso, l’importante è esserci. Spero nel famigerato effetto disponibilità.
Del resto, chi non vorrebbe essere più visibile? Sarebbe tutto più comodo. Sui grandi numeri, statisticamente, anche una strategia a caso su di un campione molto più grande farebbe arrivare automaticamente più clienti. Poco importa che a qualcuno possa venire in mente il pensiero “se il problema è solo la visibilità, a che serve il marketing?”. Non preoccupatevi, il marketing serve a dare la colpa a qualcuno, e in questa veste è insostituibile. Come l’agenzia di comunicazione, del resto, nel gioco del cerino.
È per questa fame di visibilità panacea che i media, digitali o no, riescono a venderci l’esposizione a caro prezzo e a volte molto sopravvalutata rispetto alla realtà. Ti lamenti, caro marketer, che nessuno ti vede e allora caccia i soldi e guarda quanto spazio che ti fornisco a un prezzo eccezionale.
L’esposizione teorica digitale è una miniera d’oro infinita, almeno a guardare i numeri. Le piattaforme sono esperte nel moltiplicare i numeri di visualizzazione abbassando il valore del numeratore: “ogni giorno possiamo fornirvi miliardi di impression”. Naturalmente *da un millesimo di secondo. Un millesimo teorico, dato da un pixel che passa ai 200 km ora su di un piccolissimo schermo, non certo nella nostra retina (per il momento) e tantomeno nel nostro cervello.
Facendo i conti (c’è chi l’ha fatto1) gli umani ogni giorno dovrebbero consumare sei ore di sola pubblicità, stando ai dati delle piattaforme. Il che è un po’ strano, effettivamente, ma questo è il grande gioco piramidale della display advertising. Io so che tu sai che io so, ma va bene così, ognuno pensa di sapere come si gioca e di esserne il vincitore, anche se statisticamente non è possibile, perché il gioco è a somma zero.
Solo l’attenzione è una risorsa finita, le visualizzazioni e le impression si possono moltiplicare. Il CPM è un indicatore senza senso, e non da oggi ma sempre di più, perché il “buon CPM” perde sempre nel mercato contro il cattivo CPM, che costa meno, quasi niente.
Quindi ‘sta visibilità, gluca, è una scusa o no?
Sì e no, che qui siamo, contro le mode correnti, per la teoria del dubbio curativo. Lo è quando è pigrizia non dimostrata, quando è scaricabarile. Lo è quando non si portano dati che dicano se è possibile migliorare prima la conversione di chi ci conosce, agendo tramite il prezzo, il prodotto o la promozione o semplicemente la vicinanza al punto di acquisto o la facilità nella conversione. Quando non è stato sfruttato già il giacimento attraverso contenuti, fluidificazioni, automazioni, customer care, facilitazione, personalizzazione.
"Dimenticando le metriche della vanità – lascito del marketing della TV-Era – è necessario identificare gli indicatori incentrati sull’esperienza cliente con il più stretto nesso di causalità, con quantità e qualità dalla forte connotazione commerciale."
(Marco Cordioli, “La via del marketing per la trasformazione digitale”).
Non lo è – anzi, è il punto – quando so per certo che molta parte del mercato agisce con il pilota automatico. Che l’esposizione cioè è già parte importante dell’acquisto. Se sono una scatola di un biscotto Pippo su di uno scaffale limitato, un venti per cento sceglierà me. Se non ci sono, mi sceglierà lo zero per cento (nessuno andrà online a cercarmi). Se sullo scaffale c’è Pluto, quel venti per cento lo prenderà lui.
"La gente tende a valutare l’importanza relativa dei problemi in base alla facilità con cui li recupera dalla memoria, e questa è in gran parte determinata da quanto i media si occupano di quei temi."
(Daniel Kahneman, “Pensieri lenti e veloci”)
C’è tanto da sistemare in questo frangente, e questo significa fare marketing, non scrivere o farsi scrivere pagine, immagini e call to action da ChatGPT anziché dall’agenzia. Quello è cabotaggio.
In certi settori si sa come ragiona l’utente, in altri no, oppure non si è mai indagato davvero per uscire dalla logica del secondo me. Volete un esempio brillante? Qualche giorno fa leggevo uno di quegli articoli deliziosamente old fashion che in realtà sono più importanti del 90% degli articoli sulla AI. Parla di Agcom che ha stabilito “come saranno le home page delle tv”, su Marketing Oggi, la newsletter di Italia Oggi2.
Il mercato della TV nell’epoca delle app e dello streaming cosa c’entra con la visibilità? C’entra eccome. Contrariamente a quello che pensiamo, non massimizziamo i nostri gusti nel guardare cose, o almeno non la maggior parte di noi. Massimizziamo il rapporto tra soddisfazione e sforzo cognitivo: il motivo per cui moltissimi non cambiano mai la suoneria del cellulare – posto che ormai suona solo dai boomer.
Il telecomando era un elemento fondamentale di questo gioco, e la principale barriera all’ingresso nel mercato, lo dicono le cause civili per impossessarsi dei canali dopo il sei – si è rischiato di avere Telemolise all’8, per un po’.
Oggi il suo ruolo è stato preso dalla schermata iniziale all’accensione. “In una striscia in evidenza ci saranno otto icone principali, oltre all'icona blu del digitale terrestre: una ciascuna per i servizi online di Rai, Mediaset, La7, Sky e Discovery, ovvero i Sig generalisti nazionali. Una singola per i servizi online delle altre TV nazionali (poi ordinate per numero di Lcn), una per le TV locali (ordinate per abitudini dell'utente) e una per le radio distribuite online (poi ordinate per nome).”
L’ordinamento di default è ugualmente fondamentale, e per questo addirittura normato da Agcom. Se Instagram mette l’ordinamento algoritmico di default, useremo quello. Se l’ordine dei canali TV è numerico crescente, è inscalfibile, i primi vinceranno sempre. Le TV locali invece saranno algoritmiche? Non lo so. Le radio saranno per ordine alfabetico, e immagino che qualcuna tra un po’ inizierà con un numero, una parentesi o un asterisco (piccole astuzie).
“Importanti novità riguardano le radio. L'Agcom ha inviato una segnalazione al governo che prescinde da questa delibera, chiedendo un intervento legislativo per estendere «l'obbligo di dotazione di un ricevitore radio digitale, oltre che analogico, a qualsiasi dispositivo destinato alla ricezione di contenuti, inclusi i sistemi di infotainment delle moderne auto».”
Hanno paura che in caso di blackout non si possa più trovare una radio di emergenza? Certo che no. Sanno che se non c’è la radio sulle auto nuove, buona parte della gente smetterà di ascoltarla, anche se è teoricamente disponibile in varie app, ma che sono “più lontane” (o meno visibili) appunto del default.
Chi fa marketing seriamente sa distinguere i casi. La visibilità crea familiarità e accessibilità, elementi che facilitano l’adozione passiva, e perfino fiducia irrazionale. Ma sa anche che se un processo di acquisto è lungo e complesso, dare la colpa alla visibilità è solo una scusa per la propria pigrizia.
Il marketing insegnato dai negozianti
L’Italia del resto “è il paese con più patrimoni UNESCO”.
(spotted by Domitilla)
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Segnalazioni
La settimana scorsa: il dizionario hype vs realtà del marketing digitale.
È uscito un mio pezzo reportage sul Netcomm, scritto per Tendenze di GS1, si chiama “L'AI ottimizza tutto, ma a conquistare è ancora una madeleine”.
Deliver Growth 2025 – la solitudine del marketing manager – ti dà spunti chiari, casi reali e idee da usare lunedì mattina. Solo se ci vai, però. A Venezia, il 5 giugno.
Ti ricordi quella volta che hai partecipato a un team building e…? Alice Siracusano sta facendo un sondaggio per cercare di renderli meno cringe (se lo compili e lasci la mail ti arrivano le risposte della community).
That’s all folks!
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Ci leggiamo venerdì prossimo,
gluca
Grazie a Daniela Bollini per la solita paziente correzione.
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Quiz: b) 3,2% di calo sul numero di libri venduti (fonte).
“Tv e radio in evidenza sui dispositivi, ecco le nuove regole della prominence” - ItaliaOggi.it
Mi commuove sempre la tua determinazione nell'illustrare la fragilità delle metriche di "performance" digitali. Qui poi mi ha commosso anche la riflessione sul libro a scaffale - e mi ha ricordato quando un certo editore ha minacciato che un certo libro finisse nella sezione "per bambinə" solo perché nella copertina c'è una illustrazione - le nozioni di neuroscienza e soprattutto il link alla Survey sul Team Building! Grazie di cuore Gianluca, da me e Beatrice.