Anche in questa puntata ospiterò la rubrica Marketing Data Driven, pensata e realizzata in collaborazione con SAS. Il nostro obiettivo è quello di esplorare le opportunità che i dati offrono oggi al marketing manager per creare messaggi rilevanti ed efficaci per la propria audience.
PS: grazie per i messaggi, pare che la checklist di sopravvivenza per marketer vi sia piaciuta.
La ripetizione è sottovalutata
Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita. Parlagli del pesce tutti i giorni e lo comprerà da te. (Anonimo marketer)
Ci sono due forze che dall’era digitale in poi (il 2010, circa) si combattono, nel branding digitale (e no). Ecco la domanda chiave.
Date 100 comunicazioni/contatti/messaggi tra brand e target (sono davvero tante, nell’indifferenza generale che è l’ecosistema normale della maggior parte dei marketing manager, nonostante alcuni si autoilludano del contrario, ma facciamo per fare un numero tondo e percentuale) il brand otterrà maggiori risultati in termini di
conoscenza pura e semplice, detta anche awareness un-aided
preferenza alla scelta futura
reputazione
attraverso:
a. un unico messaggio ripetuto 100 volte (magari quello dell’intersezione di posizionamento)
b. 100 messaggi declinati su situazioni e microsegmenti rilevanti e con contenuto rilevante.
Qual è la risposta? Ahah, il marketing non è una scienza, e come dice spesso Bob Hoffman, I have no idea why anybody buys anything. Quindi, “dipende”.
Proviamo a fare qualche ipotesi:
Startup: il mio voto va alla strategia un-messaggio-ripetuto-100-volte.
Pasta del supermercato: il mio voto va a un messaggio ripetuto un numero di volte calcolato come 100/x dove x è la quota di mercato, e messaggi declinati quanto basta a 100.
Automobile: come la pasta (se non siete Tesla, che in effetti è un Musk ripetuto 100 volte)
Telecom: come l’automobile
La pizzeria sotto casa: come la startup.
Il supermercato: la divisione va calcolata nella zona di interesse. Del resto le singole offerte non servono per farvi comprare quell’offerta, valgono come quota 100.
Il problema della maggior parte delle aziende in un ecosistema affollato è che comunicano troppo in diversità di messaggi e poco in profondità/ripetizione, secondo me, soprattutto quando la diversità non è davvero rivolta in modo rilevante a segmenti davvero diversi. Molti con i loro fitti piani editoriali stanno ancora lavorando per Instagram e Facebook più di quanto questi lavorino per il brand (escludendo retargeting e direct in CPA). Il real time marketing del cogli l’attimo è un ulteriore flagello. Del resto a FB piace che noi creiamo tanti contenuti diversi, fanno più engagement, no? E siamo pure più contenti tutti. Potenza delle vanity metrics.
Ma allora, direte, quel bast**do di Trump e il suo capolavoro di microtargeting? Non ha mandato un messaggio diverso per ogni quartiere e per ogni etnia e per ogni paura? Vero. Però solo dopo avere sfracassato (o convinto, a seconda dei punti di vista) tutti con M.A.G.A. 100 (milioni) di volte. E, su quel microsegmento, era stato effettivamente ripetuto 100 volte che “Clinton alla fine non avrebbe fatto i tuoi interessi, disoccupato nero di Detroit, tanto vale stare a casa”.
E - direi io - Trump non poi ha ri-vinto, segno che come dice Hoffman, il marketing (P di prodotto esclusa) conta, ma solo un po’, nella migliore delle ipotesi. E quindi probabilmente il mio algoritmo spannometrico funziona anche per lui. Attenzione: non ci sono formule magiche, perché
con così tante variabili in gioco, un sacco di successi può essere pura fortuna, o circostanza. “Spesso ciò che funziona, funziona un po’" dice Hoffman. "Questo è ciò che il marketing fa, per lo più funziona un po'." (Marketing Week, a pagamento)
Inoltre, a complicare le cose:
i brand sono sempre più costruiti dalle persone (attraverso gli UGC) che attraverso la comunicazione istituzionale. Abbiamo perso il controllo, facciamocene una ragione.
a volte la “brand awareness” non serve poi molto a vendere: pensate al vostro percorso di acquisto per l’ultimo caricatore USB che avete comprato (Amazon, Amazon Choice, Recensione, “é Prime?”, fine.)
Che cosa intendiamo quando parliamo di Channel Attribution Analysis, ovvero quale 50% della mia pubblicità è sprecato*?
* La citazione è famosa, anche se probabilmente apocrifa: “Metà del denaro che spendo in pubblicità è sprecato, e il guaio è che non so quale metà sia.” di J. Wanamaker
Supponiamo che il nostro brand abbia ottenuto un goal (una vendita, un lead) del valore di 500€, a seguito di numerose interazioni con un utente (accesso al sito, invio di un’e-mail, visita allo store, ecc). A quale punto di contatto dobbiamo attribuire il ‘merito’ della conversione? Al primo? All’ultimo? A tutti in modo paritario? In modo proporzionale? Dobbiamo attribuire noi un peso in modo arbitrario?
Poter rispondere a queste domande, in un ecosistema digitale sempre più frammentato, è fondamentale. Altrimenti ogni touchpoint coinvolto in futuro reclamerà una maggiore quantità di budget perché si riterrà il principale responsabile degli stessi 500€ incassati: ogni fornitore cercherà di favorire, con propri parametri ad hoc, l’attribuzione ai propri touchpoint di riferimento (social media ads, ricerca sui motori, email automation, ecc.)
È chiaro che ogni interazione che avviene prima del raggiungimento del nostro obiettivo di business, sia questa iniziata dal cliente (come una chiamata al customer care) o dalla nostra azienda (come l’invio di una notifica sull’app), può aver aiutato (o magari intralciato!) la conversione.
É proprio questo il punto cruciale di cui si occupa l’analisi dell’Attribution.
Si può scegliere di analizzare la questione affidandosi ai metodi basati su regole arbitrarie o “di buon senso”’ (i classici First Touch, Last Touch, Position Based, …), accettando una dose incerta di soggettività. O un approccio basato su un algoritmo analitico totalmente data driven.
Forse nessuno di questi metodi, presi singolarmente, è perfetto in ogni situazione, ma tutti sono utili. L’ideale è metterli a confronto tra loro, per capire meglio cosa sta dando un supporto al journey del cliente e cosa no. Quindi intervenire e misurare nuovamente i risultati, in un processo di continuo miglioramento.
SAS aiuta a realizzare la Channel Attribution Analysis per supportare la pianificazione del budget di marketing, sulla cui allocazione tutti i touchpoint, sia fisici che digitali, sono naturalmente in competizione, e in cui spesso concorrono fattori non razionali o aneddotici.
In un periodo economicamente sfidante e di cambiamento, sbirciare in anticipo quale saranno i touchpoint su cui indirizzare il prossimo budget di marketing potrebbe fare la differenza.
Vuoi saperne di più? Scopri le risorse gratuite messe a disposizione da SAS.
Il quiz della settimana
Quale dei tre è il più venduto su Amazon? E quale al supermercato?
Dalle stories
Negozianti autoctoni
Sul mio Tumblr dedicato (grazie Silvia)
That’s all folks!
Come al solito: inoltrate ripetutatemente, se vi è piaciuta.
gluca
Quiz: l’uovo più venduto è su Amazon quello di Lyon Gamer, secondi Me Contro Te (!), terza Chiara Ferragni. Secondo i dati de Il Gigante, quello di Chiara Ferragni è il più venduto tra gli ultimi due.
Bocconiano anomalo, proud generation X member, smontatore di panacee.
le attività noiose diventano perversamente molto meno noiose se ci si concentra molto su di esse. — David Foster Wallace
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Se sei nuovə qui, sono Gianluca Diegoli e mi occupo di consulenza su strategia di marketing e di vendita digitale, (e)commerce e D2C.
Ho scritto qualche libro, ma l’ultimo («Svuota il Carrello») è quello che mi rappresenta di più. Insegno in IULM e in Master.
Ho anche creato un mio corso online di marketing (e non di marketing online). Da qui c’è un 10% di sconto aggiuntivo.
Ho co-fondato Digital Update e con altre due tipe più smart di me ho avuto l’idea del primo FreelanceCamp.
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Ho creato canvas e un manifesto per la trasformazione del marketing.
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