Ho l’impressione che l’algoritmo (così, generico) stia diventando, nella narrazione dell’opinione pubblica, sinonimo di cattivo: del resto è accaduto a tutti i nostri giocattoli preferiti, accolti prima come aziende di nuova generazione (ricordate il googleiano e messianico “do not be evil”?) poi trasformati (con il loro fattivo contributo) nell’immaginario in divinità temute, onnipotenti e malvagie. Eh sì, che ci crediate o no, eravamo tutti contenti che Twitter e Facebook fossero “aperti” passando i nostri dati al mashup esterno di plugin vari (quante volte abbiamo giocato con le Facebook app al perfect match con i nostri amici? Chissà quei dati dove sono ora, in un hard disk abbandonato forse), o che Google ci offrisse tutto a gratis, ehi, si faceva la fila per avere una casella Gmail: era l’ecosistema 2.0, e blah blah.
Poi i giornali, la TV e i Morozov vari annusarono l’aria (e fecero la loro parte): il vento stava cambiando. I social erano improvvisamente diventati il male. Ah, Facebook non mostra più i post ai miei follower. Ah, lo shadow ban, vergogna! Vogliamo tornare all’ordine cronologico (che anche quando è disponibile, nessuno usa più per i motivi spiegati bene qui).
E poi, i nostri preziosi dati svenduti dalle perfide multinazionali digitali. Anche la signora Marta dal giornalaio diceva che aveva messo una diffida sulla bacheca contro l’uso dei suoi dati, che l’aveva copia e incollata da uno che ne sa. Ovviamente la signora Marta non sa che, individualmente, i suoi dati non solo non valgono molto, ma nemmeno probabilmente esistono, come ha spiegato bene Ben Evans). Che con il valore dei suoi dati non ci compra nemmeno una copia del suo giornale.
Tutto ciò ha spinto Tim O'Reilly a dire che "i dati non sono olio - sono sabbia" - i dati sono preziosi solo se presi a milioni in forma aggregata. In effetti, lo si può notare anche semplicemente considerando il free cashflow: nel primo trimestre 2022 Meta ha realizzato solo 99 centesimi di free cashflow per utente attivo giornaliero al mese.
Ovviamente i dati sono usati per targetizzarci. Ovviamente in questi anni l’adv attraverso cookie e tracciamenti ha fatto di tutto per esasperarci, bombardando le persone con un mix di irrilevanza pubblicitaria, più fastidio nell’interfaccia (accetta il cookie qui, fai slalom tra i banner là), generale opacità nella raccolta dei dati di terza parte, e poi irritazione fino a infinito con il remarketing.
E ora è in discesa dare contro la tecnologia applicata al consumo. Non mi sorprende dunque questa campagna di Publicis Francia, in cui la vecchia tattica da persuasore di provincia – trovare un nemico comune per fare amicizia – viene usata come big idea creativa. Poco importa che da sempre la pubblicità stia facendo da sempre (almeno, per chi crede ai suoi superpoteri, io non tanto) la stessa cosa: convincere le persone a pensare con la testa dei brand. È un po’ la continuazione della purpose: dopo che da un po’ i brand ci vogliono insegnare a vivere, ora vogliono pure invitarci a diffidare del perfido algoritmo.
Interessante è anche la modalità: la campagna verrà distribuita attraverso programmatic, targetizzando chissà come, ma mostrando appositamente oggetti che non interesseranno, perché appunto “anti-algoritmici” – FNAC dice che “l’algoritmo ha sempre ragione ma sai mai che io possa sorprenderti”. Non si sa se in positivo o in negativo.
Chissà come sarà mostrare il ragù ai vegetariani, biciclette ai motociclisti, biberon ai giovanissimi, libri di storia ai lettori di manga, un DVD a gluca (potete provare qui). Ovviamente lo so che lo state pensando: è la classica campagna che serve per far parlare della campagna i giornali più che le persone, non mi meraviglierei che alla fine il budget media fosse residuale, rispetto alla perfetta execution di agenzia.
È conclamato dunque: l’algoritmo sta diventando, sui media, di default biased e cattivo: mica come gli uomini e le donne, che sono razionali, senza doppi fini e buoni di default, eh. Non è detto che questo default verso il negativo non sia positivo (scusate il gioco di parole). Serve che teniamo d’occhio il programmatore, i dati che vengono scelti (non a caso, quasi mai, vedi Google News) e su quali libri di testo la macchina impara a decidere, perché – spero di essere smentito – a parte pochi illuminati, la gente si dividerà in due grandi partiti: chi usa il default – i canali numerati della TV lineare per esempio – per farsi guidare, e quello di chi farà ipotesi complottiste sugli algoritmi. E in mezzo roba alla Report.
Il mio timore è quindi che la “guardia” non sarà svolta da persone competenti a farlo. Che sia a farlo un nuovo movimento #novax contro dati e algoritmi, così un tanto al mucchio. Che poi influenza garanti della privacy che emettono direttive discutibili, tipo che il mio IP potrebbe essere usato per identificarmi tramite Google Analytics dalla Spectre oltreoceano – mentre un qualsiasi tecnico della TIM sa che è mio, per esempio. Quindi, dal punto di vista della regolamentazione pubblica il rischio è l’incompetenza generale.
Dal punto di vista del marketing il rischio (meno catastrofico, diciamocelo, anche se pompato lato consumatore come “il capitalismo della sorveglianza”, spesso per ragioni di vendite di libri o serie, il che non è bellissimo?) è il divano mentale. Vedo in (grande) azienda e agenzia (un po’ meno, perché ne va della sopravvivenza del ruolo) la tendenza ad affidarsi alle macchine come il nuovo modo (“con ancora più scienza dentro!”) di non prendere decisioni: la campagna online è algoritmica, sceglie la piattaforma, la DMP sceglie i canali più a buon mercato, la CDP sceglie quali utenti contattare e quali no. (È scienza! Maestra non sono stato io, è stato l’algoritmo!) Dal punto di vista della PMI, l’assenza totale di decisioni basate sui dati: altro che algoritmo.
L’altra sera, circondato da zanzare, ne apprezzavo comunque l’efficacia: trovano sempre il percorso migliore per pungermi, ricalcolando in continuazione traiettorie e punti da colpire. Le zanzare sono un animale algoritmico, per semplificare.
Il marketing a performance (sempre più algoritmico) è una zanzara. Ha trovato la preda e non la molla più, a costo di infastidire l’utente.
Poi però arriva gluca con il suo atomizzatore e il pesticida: l’animale algoritmico è spacciato, almeno per un po’. Il mio gatto, animale strategico, si è spostato.
Il quiz della settimana
Dopo che la salvezza pare passi dal risparmiare il gas della pasta spegnendo subito e lasciando macerare (ma voi quante volte la cuocete alla settimana?) ho deciso di esplorare il mercato. Tenete conto che a spanne cucinare un piatto di pasta alla vecchia maniera costa circa 10c di euro.
Quante volte un italianə media consuma pasta (a casa e fuori) in un anno, considerando circa 100 g a volta?
a) 89 b) 126 c) 231 volte
PS: pensate a quando l’algoritmo ci cucinerà la pasta tenendo in considerazione preferenze di cottura, tempi medi indicati dagli utenti e consumo di gas. Vi fidereste dell’ENI come autore dell’algoritmo o quello di Scavolini o di Barilla? Solo un esempio, eh.
Link e varie
Ok, mi sento in colpa per il pippone, e allora ecco qualche link utile:
Dal blog: quando su Instagram non c’era la pubblicità, ma c’era invece “la falange macedone”. Era in Instagram spiegato al direttore marketing (era il 2015, che bei post scrivevo, me lo dico da solo). Dovrei fare TikTok spiegato al direttore marketing.
Alla mia ricerca da sempre della app di email perfetta, ricerca senza fine, sono riapprodato a Spark, dopo essere passato per Outlook e una versione tuning di Gmail. Lo sto provando da iOS e Mac e devo dire, è amore per il momento. E poi ha anche origini - parzialmente - ucraine.
In settimana è uscito un pezzo con opinioni diverse e variegate su questa “moda delle newsletter”, in cui ho detto qualcosa pure io. Se le aziende "non digitali” a volte prendessero spunto da questi trick di content marketing se ne gioverebbero.
È aperta la form per gli inviti al B2B day, dove farò qualche intervista e un recap finale. Il programma si annuncia niente male.
Sto usando Telegram con un bot apposito (rss2tg) come lettore di feed RSS, non chiedetemi perché, forse perché il classico lettore di feed con i suoi 2000 item non letti mi tratteneva dall’aprirlo e questo faceva aumentare il numero... insomma avete capito.
Abbiamo riaperto le iscrizione alla Scuola Digital Update per Digital Strategist: qui le info. Dì che arrivi dalla Newsletter in caso.
That’s all folks!
Mi raccomando, continuate a mangiare la pasta come d’abitudine. Non sarà quello a cambiare le sorti del mondo. Anche se 231 volte all’anno non è male come record.
(in Italia si consumano circa 23 kg a testa, maggior consumo mondiale. Fonte)
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