La newsletter letta dalla AI:
Qui è tempo di festival, in zona c’è quello della letteratura, quello della filosofia, quello di Internazionale, quello del Post, il FestiValori, il DIG. Sembra quasi che ci sia un popolo nomade dei festival, che poi si rintana chissà dove nel resto dell’anno. (Se siete di questo popolo, una nota personale: nella ridente bassa modenese, all’interno del festival Segni di Pace, modererò sabato 28 al pomeriggio un panel in cui si parla di Balcani, con ospiti super, tra cui Meridiano 13 ed
. Se pensate di venire scrivetemi! Qui trovate il programma.)Sei tra le 23.000 persone iscritte e tra le circa 30.000 che la visualizzano qui, su LinkedIn, Telegram e WhatsApp: grazie, spero che le ore che passo a scriverla siano utili. E grazie a Newsletter Italiane per il sostegno!
Che ne dici di sponsorizzare la newsletter? Ci sono ancora posti a macchia di leopardo tra ottobre e novembre e dicembre: se lavori in un’azienda che potrebbe essere interessata a comparire davanti alla combriccola di marketer, digital, manager vari che mi legge (o conosci qualcuno che ci lavora), dai un’occhiata alle informazioni, ai costi e alle modalità. E grazie!
Il quiz della settimana
Quante persone hanno partecipato al festival di Internazionale 2023 a Ferrara?
a) 71.000 b) 104.000 c) 176.000
Risposta in fondo.
––– Un momento di attenzione per lo sponsor! –––
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Il lungo “day 2” di Sky
Qualche giorno fa con alcuni amici modenesi ci siamo ritrovati come ogni anno, per qualche motivo che non ricordiamo nemmeno più, alla festa dell’Unità di Modena, ormai da un paio di edizioni relegata nella più piccola e surreale location dell’ippodromo locale – io non vedevo un ippodromo (“esistono ancora!”) da forse trent’anni. Ebbene, all’ingresso da sempre ingombrano il passo gli stand di commercianti locali, di solito orientati alla vendita diretta/aggressiva (purificatori, barbecue, eccetera) e quest’anno, tra un venditore di coltelli e un banchetto di paccottiglia varia, abbiamo tutti notato uno stand che attraverso un altoparlante decisamente più fastidioso degli altri inondava l’etere con un ripetuto “offerte Sky e telefonia solo per la fiera!”, “Sky Glass a solo 200 euro!” e via così.
Ci siamo guardati e la tristezza ci ha pervaso. Ognuno di noi infatti era stato cliente Sky – io poi lo ero dai tempi di Telepiù, avevo raggiunto i quattordici anni di anzianità che mi permettevano di accedere a bizzarre esperienze, tipo remote possibilità di vincere la presenza in tribuna al MotoGP, avere biglietti del cinema per multisala scomodi da raggiungere o accedere a regali come la Nespresso Lattissima One. Nessuno di noi lo era più.
Certo, non siamo calciofili e inoltre condividiamo un certo profilo distaccato dal mainstream per passioni. Non saremmo un buon focus group, effettivamente. Eppure, eravamo casualmente un gruppo di ex clienti. Ognuno di noi se n’è andato per gli stessi motivi: il “coso” brutto da tenere in salotto e relativo ulteriore telecomando, la migliore granularità dell’offerta dei “canali in streaming”, con la possibilità di accendere e spegnere gli abbonamenti in qualsiasi momento senza contratti annuali, e, solo per ultimo, il costo eccessivo rispetto alla fruizione effettiva. Qualche anno fa (molti anni fa) scrissi un post che recitava come sotto, e che oggi suona in parte ingenuo come tutto il pensiero di quegli anni (ah, le tag per l’architettura delle informazioni! Viva l’algoritmo!) o troppo disruptive come “abbonamento in pay per view” o “pagatemi per i miei dati” – cose che non funzioneranno mai. Suona però anche in parte profetico (il post è del 2008, Netflix in versione online fu lanciato nel 2007 negli USA e arrivò solo nel 2015 in Italia).
caratteristiche della TV in streaming come alternativa a SKY
assenza di canali (portali, canali e giornali, stesso finale, e non solo della parola), senza orari, che sia solo un database usabile di contenuti.
interattività: ridotta, rispetto al web e aumentata, rispetto alla TV tradizionale; niente menù intricati e form da compilare, sono sul divano, diamine, mica sono qui per pensare o per scrivere!
possibilità di dare un voto ai programmi e di vedere quelli degli altri, e specialmente di alcuni altri (contatti, amici?) della cui valutazione mi fido.
spot: se li guardo, e voi sapete che io li guardo, e quindi anche i vostri inserzionisti, voglio uno sconto sul canone (ok, sono disposto a cliccare sul telecomando per dimostrarvi che non stavo dormendo. Ma voglio poterne bannare almeno un buon 50%, a mia insindacabile scelta). Se siete furbi, permettetemi di salvare e guardare o annotarmi in seguito qualcosa di promozionale che ho visto e potrebbe interessarmi.
voglio poter impostare n-mila feed di ricerca: mi spiego, chiamateli tag, label, keyword, definizioni. Ma che sia qualcosa che mi dice cosa c’è disponibile da vedere con quelle caratteristiche, e che si aggiorna automaticamente. Per esempio: un feed granulare a mia scelta, con il genere, il genere del film, il paese, un tag per tipo di produzione, l’anno di uscita, l’interprete… E poter vedere (anonimamente) i feed degli altri, importarli, condividere i miei, eccetera.
menu con cloud* navigabile da telecomando: anni di skill da zapping non devono essere buttati, ma riconvertiti.
ehm, ultras della TV-dal-basso, non crediate che io voglia guardare ogni minchiata autoreferenziale girata col cellulare, eh? Invece -e comunque- esiste una quantità di giovani autori che sarebbe giusto valorizzare. Roba anche a basso costo, ma professionale, in una parola, guardabile da un medioman stanco e con la vista e l’attenzione annebbiate.
pagamento: visto che saprete cosa guardo e cosa no (e la cosa non è simpatica, subito), almeno potreste contrattualizzare un costo a visualizzazione con chi possiede i diritti. E poi farmi pagare a consumo (e gli autori che vogliono promuoversi potrebbero farlo a prezzo annonario). Ma tenete conto che forse starò più tranquillo con una tariffa flat, che vi conosco.
Come ha fatto Sky a diventare semi-marginale in soli 10 anni?
In sintesi:
Il pericolo (lo streaming in questo caso) è sempre più vicino (e grande) di quello che sembra – come sta scritto negli specchietti delle auto americane – e la fedeltà (anche nei casi di lock-in del cliente) è sempre minore delle aspettative. La risposta di Sky? SkyGo è sempre sembrato più una punizione inflitta agli abbonati che un servizio.
L’autocannibalizzazione programmata (mi riferisco al lancio di Now, che sta a dimostrare come “l’avevano vista arrivare”) non funziona quasi mai: o ci credi o non ci credi.
Mantenere i prezzi alti ai clienti che rinnovano senza pensarci, per non perdere fatturato esistente, fa perdere clienti esistenti e futuri.
Abbassare, scontare, regalare a chi se ne vuole andare finisce per premiare chi lo fa apposta, e per disgustare buona parte dei clienti meno sgamati, e svalutare il servizio e la reputazione nel lungo termine.
La fedeltà non si conquista con i regali non richiesti.
Basare la raccolta clienti su telemarketing, retail di elettronica e agenzie elargendo fee altissime per ogni nuovo cliente “ingabbiato” per un anno era fuori dal tempo da tempo. Concentrarsi su di un telemarketing ossessivo quando il cliente se ne sta andando alla lunga è un suicidio – nessuno vorrà passare di nuovo per quello stalking.
In estrema sintesi: è il paradosso dell’innovatore. È il famoso concetto introdotto dal professore Clayton Christensen nel suo libro The Innovator's Dilemma. Secondo questa teoria, le aziende leader nei loro settori spesso falliscono nell’adattarsi alle innovazioni dirompenti, nonostante abbiano tutte le risorse, le capacità e il potere di farlo.
Il paradosso dell'innovatore descrive una situazione in cui un'azienda consolidata, leader in un mercato, è così focalizzata sul miglioramento incrementale dei propri prodotti o servizi per i clienti attuali che ignora, sottovaluta o addirittura respinge le tecnologie emergenti che inizialmente sembrano inferiori o irrilevanti. In altre parole, un'azienda leader spesso fallisce nel percepire la minaccia delle innovazioni dirompenti perché queste iniziano rivolgendosi a nicchie di mercato meno attraenti o meno redditizie.
Probabilmente tutto il management che si è alternato in Sky ha letto il libro di Christensen. Non è una questione di competenze personali. Non lo è quasi mai.
Sono gli obiettivi, o meglio i KPI, che ti fregano.
Quando sei valutato sul fatturato, proteggerai il fatturato attuale a tutti i costi, sacrificando quello futuro.
Quando sei leader, pensi di esserlo diventato per nascita divina, e ignorerai qualsiasi ricerca su Google o social media analysis che dica esattamente quello che noi amici ex-clienti ci siamo detti (“ci penseremo nel prossimo piano strategico!”, immagino abbia pensato ogni dinastia di management).
Quando hai speso in investimenti imponenti, sei schiavo del bias del costo sommerso, dei sunk cost: decoder prodotti e installati, infrastruttura basata sul satellite, ecc. Dobbiamo “ammortizzare l’investimento”, anche quando questo è chiaramente un errore finanziario. I costi e gli investimenti non vanno valutati per quanto abbiamo speso (che non si può cambiare) ma per quello che frutteranno.
Chi si sacrifica nell’organigramma in nome del futuro incerto ma probabile? Meglio guardare i numeri trimestre per trimestre. Poi si vedrà. E un giorno saranno passati dieci anni.
In estrema-estrema sintesi: ogni azienda è fatta al 99% dalla propria cultura.
Nella sua lettera agli azionisti del 2016, Bezos ha descritto il "day one" come uno stato mentale di costante innovazione, sperimentazione e adattamento, mentre il "day two" rappresenta l'inizio del declino: un'organizzazione rigida, lenta nel cambiare, e destinata alla stagnazione e alla scomparsa. Bezos ritiene che il "day one" richieda un'attenzione costante alle esigenze dei clienti e alla loro evoluzione, allo sperimentare nuove idee, prodotti e servizi, anche a costo di fallimenti.
Quanto puoi rimanere davvero in stato di grazia AKA day one? Le ultime vicende di Amazon – ristrutturazioni, burocrazia, tagli di progetti non redditizi – sembrano dire che è più facile dirlo che farlo. E che il rischio di svegliarsi nel giorno due vale davvero per tutti.
Il marketing insegnato dai negozianti
“Soffermarsi”, non fermarsi.
Ti ricordo che ilmarketinginsegnatodainegozianti.info è un progetto gonzo-collettivo a cui puoi contribuire senza pietà.
Segnalazioni varie
La scorsa newsletter ho parlato di chiusure lampo®, o meglio, di zip.
È uscito il mio pezzo trimestrale per Link, che abbastanza esplicativamente si intitola “Uno sterminato abbonamento”.
Riparte il corso online in Digital Marketing di Develhope dove introduco la parte strategica del marketing, per chi inizia da zero o quasi.
That’s all folks!
Grazie di aver letto fin qua, di questi tempi è tanta roba.
Per analizzare assieme la strategia, l’organizzazione e il budget della tua azienda, o per essere sponsor come Newsletter Italiane basta rispondere a questa mail.
ciao,
gluca
Grazie a Daniela Bollini per la solita paziente correzione della bozza e a Cristina Portolano per i separatori.
Quiz: a) 71.000 (fonte)