[Questa newsletter è in ricordo del mio amico Bernhard Berger]
Siamo arrivati alla fine dell’estate (diciamocelo) e su Instagram ho chiesto se preferivate un ultimo giro di giostra con la Summer Edition oppure no. Ovviamente io avevo già deciso, ma come ogni bravo dittatore puntello le mie decisioni con elezioni farsa, specie se online (non fate battute che siamo in campagna elettorale). Comunque avete deciso per un ultimo giro, e allora eccoci.
Come ogni estate sento la necessità di esplorare un po’ da solo. L’anno scorso era stato in Appennino (un post apprezzato - ehm, più o meno ecco - perfino dal nostro egregio presidente Bonaccini), quest’anno sono andato dall’altra parte, verso il mare Adriatico, in quel pezzetto di mare che non è davvero Emilia e non è ancora Romagna, ma non è nemmeno Veneto. Alcuni di voi avranno indovinato: si chiama Volàno, Lido di.
Ti ci avvicini pian piano, se non lo sai che esiste a Volano non ci passi, non te ne accorgi. Come Capalbio, ma con meno intellettuali e le stesse zanzare. Devi svoltare a un certo punto della Statale Romea, la nostra stramba Route 66, o forse meglio 666. Come dico spesso con una battuta ma neanche tanto, “la cosa più pericolosa che ho fatto nella mia vita”.
Appena esci dalla Romea, lo spazio-tempo si accartoccia. Tutto è usato. Ma non vintage. Le distese di auto usate - chissà se ripartirebbero se qualcuno le comprasse - in stepposi campi rubati alla valle, su cui sventolano identitarie bandiere, spesso con il logo Italia ‘90. Magazzini/mercatoni di generi che dici “ma che davvero?” come enormi vasi per piante, improbabili statue da giardino o persino fuochi d’artificio, alternati a vecchie costruzioni, tutte ex di qualcosa (ex fabbriche, ex ristoranti, ex case, ex distributori). Anche tutto quello che è aperto si vanta comunque di essere “tradizionale”, cucina, menù, sedie e lampadari inclusi.
Sì, bisogna essere sinceri, c’è qualche tentativo naif di hipster gentrification, ma così isolato, senza speranza, che non si riesce poi a volergli male. Volano è una Camargue che non ce l’ha fatta.
Mi dirigo alla spiaggia, dopo aver lasciato l’auto – non ci sono mezzi per arrivare a Volano, checché possiate trovare su Google Maps o in qualche blog di viaggio – in un largo parcheggio asfaltato in cui le strisce blu lasciano presagire tempi migliori di incassi. C’è il mio negozio preferito, il bazar, dove “si vendono esche vive”, ma anche i giornali o qualunque cosa non sia commestibile. Detta così sembra romantico: allontanate quel pensiero.
Ci sono i bagni, gli stabilimenti cioè, a Volano. Sono tutti stati costruiti in altre epoche, con aggiustamenti e restauri parziali, in attesa di un movimento come il brutalismo che li accolga a sé e li inserisca in grossi libri fotografici in bianco e nero. Solo i nomi – con sporadiche imbiancature – sono stati del tutto cambiati. Si è passati dal primigenio Bagno Marta, al Bagno Honolulu (anni ‘70), al Bagno Ipanema (‘80), al Bagno Schiuma (‘00) passando per New Age Afro Beach (‘90). Dopo il 2000 non è successo niente, si sa.
Il target è quello della canottiera post-bossiana o di improbabili magliette con università americane. La lingua locale è un mix di dialetto ferrarese (il dialetto ferrarese è l’unico davvero parlato in Emilia a livello quotidiano, credo) con impennate di milanesità di nonni inchiodati con nipoti.
Si gioca a carte (scala 40?) con un certo livello di competitività. Noto una tizia che, oltre alle carte in mano, ha un iPad aperto davanti, a mo’ di televisore. Non resisto e scivolo nell’indifferenza alle sue spalle - sta guardando “Un posto al sole”? No, sta giocando contemporaneamente al solitario.
Qui l’ambiente, le polemiche per l’uso della spiaggia o il suo “danneggiamento” non sono ancora arrivate – la cementificazione dell’arenile ha già selezionato in modo darwiniano le specie più adatte: e il pensionato è quella che le batte tutte. Ha a disposizione il deposito a cielo aperto dei gonfiabili in plastica per bambini: per lo più ruspette, salvagenti, piscinette e fenicotteri sbiaditi, ereditati dai lasciti degli anni precedenti.
A fianco c’è uno scivolo acquatico fuori servizio: le sei corsie sono tricolori, come le frecce. Non si sa perché sia chiuso: manutenzione assente, costo idrico, disinteresse dei bambini? Un tizio che ha l’aria di essere di casa lo chiede. La titolare alza le spalle: “C’è il mare, usate quello”, scherza (forse). Come quei locali in cui c’è il cartello “non abbiamo il Wi-Fi, parlate tra di voi”. Qui non c’è neanche il cartello.
Nel punto più alto campeggiano bandiere della Polonia, del Belgio, alcune non si capisce più a quale Stato appartengano tanto sono scolorite. Non c’è un senso, se non forse in quello delle rimanenze di bandiere del bazar dopo i mondiali di qualche anno fa.
Qui i ritmi polemici della campagna elettorale arrivano appena, il gas russo e la centrale nucleare sembrano a milioni di chilometri. Le radio sono rigorosamente locali: spot emozionali nazionali terminano con il codino, del tipo “Swoosh, guida i tuoi sogni con il nuovo SUV elettrico” (voce impostata), un secondo di stacco “show room in via bassa due, domenica pomeriggio aperto” (voce locale).
Mi rendo conto che in 40 km non c’è nulla che non sia cibo, pubblica sicurezza o comunque commercio.
È ora di tornare. Compro delle gomme da masticare al bagno - le uniche disponibili sono, chissà per quale motivo, quelle di Chiara Ferragni (vedi lettera di qualche settimana fa) – e nel momento in cui le sollevo ho come l’impressione che lo spazio-tempo si inclini di nuovo. Riprendo la mia route 666, mi fermo all’Eni-senza-shop (in manutenzione, pare). Due persone sedute da lontano mi scrutano: sono quello che usa la app e questo è visto con sospetto in qualunque luogo al mondo, non solo a Volano. Uno dei due mi si avvicina. Già preparo la app per fargli vedere che ho davvero pagato con la app. Ma lui no, non lo vuole vedere e mi dice solo “quante zanzare quest’anno, eh”?
Al prossimo venerdì, dunque. Non ci sono più scuse, mi toccherà parlare di marketing (anche se i più abili solutori, tra voi, sanno che non ho mai smesso) e di alcune idee che ho in mente per questa newsletter – tranquilli, rimane gratis, anche grazie agli sponsor in arrivo.
gluca