❄️ [È Venerdì Winter Edition] Di Spazio 1999 e altre uscite dall'orbita
Che strano, non abbiamo mai indovinato il futuro
Questa settimana ero un po’ provato dal lavoro, dal Black Friday che inizia a settembre, dai progetti di consulenza e dall’università: allora ho scritto una “Winter Edition”, cioè una lettera un po’ diversa dal solito. Per chi mi segue da tempo, sa che ci sono d’estate delle edizioni “estemporanee” a sorpresa, le “Summer Edition”. Le trovate nell’archivio pronte a essere rilette, sono evergreen.
A mia discolpa ricordo che questo è un hobby: se volete incrementare le possibilità che continui ad arrivarvi potete proporre di sponsorizzare la newsletter che, ricordo, arriva a 11.000 persone senior interessate al marketing, ha più del 50% di aperture e una certa diffusione ulteriore via passaparola, social e web vari.
Oggi poi è Black Friday anche per il mio corso di marketing su Digital Update, io ve la butto lì, eh.
Siamo ancora nello spazio profondo
Su RaiPlay (davanti a un brand “doppio”, ogni marketer ha sempre il dubbio se si scriva attaccato o no, un problema che solo questa categoria vede come prioritario, nel disinteresse generale degli altri, e per rendersene conto c’è Google) c’è l’edizione restaurata in HD di Spazio 1999 (staccato, ok, ma con i due puntini dopo “Spazio”? Una volta si complicavano davvero le cose), un visionario e primigenio tentativo di serie (ante litteram, staccato) sci-fi. Io mi vanto di essere da sempre un appassionato di questo tentativo italo-inglese, molto più velleitario e molto meno cool e nerd e licence-iabile dei successivi Star Trek (attaccato o staccato?), per non parlare di Star Wars (idem). Come spesso accade, i pionieri aprono la strada, ma muoiono nel disinteresse e in povertà.
La trama è semplice: degli sfigati, sistemati in una base lunare (la base Alpha), accogliente come una clinica bulgara di lusso (o meglio come mi immagino io una clinica bulgara di lusso) in cui ogni attività piacevole non è prevista (o forse viene glissata dalla regia puritana dell’epoca), in pratica in lockdown (ma senza internet e smartphone), vengono sparati nello spazio profondo da un’esplosione di scorie nucleari – i pannelli solari, comodi sulla luna, in cui ci sono poche nuvole notoriamente, non erano previsti. E quindi vagano a tempo indeterminato, chiusi in questo compound un po’ clinica un po’ kolchoz socialista, tra galassie e pianeti abitati da specie pseudo-umane e decisamente disumane che dopo un po’ però cominciano a delinearsi in cluster/target comuni (a volte stronzi, spesso buoni, raramente caritatevoli, frequentemente scemi, di solito egoisti, normalmente ricchi, ecc.). Un viaggio in cui chi lavora nel marketing, mi viene da dire, potrebbe ritrovarsi.
La cosa interessante della visione a 50 anni di distanza è osservare come ci immaginavamo il futuro negli anni ‘70, che come è noto, finisce per essere sempre abbastanza diverso da quello immaginato nella fiction (e anche dagli esperti, in realtà). Per esempio, stranamente i vetri di Spazio 1999 non sono infrangibili: c’è sempre il rischio che qualcuno fosse buttato fuori nel vuoto con una spintarella ben assestata, ma forse è un problema di budget lunare. Gli LCD, niente: tubi catodici ovunque. Le donne sono sì attivamente impegnate a guardare lucine e levette – per l’epoca era femminismo, credo – ma non guidano mai le aquile, questi veicoli minimali piuttosto scomodi e dalla dubbia resistenza agli urti e ai laser (dalla Terra avevano probabilmente indetto una gara pubblica al massimo ribasso). C’è naturalmente il ruolo della dottoressa Helena Russell (e che non vuoi dare un ruolo da caregiver alla donna?).
Però ci sono anche delle visioni interessanti: si lavora con tute molto comode, ci sono i taser (in cui si può scegliere tra tramortire e uccidere, bontà loro), c’è il famigerato videofonino della 3 (ne avevo uno, ci guardavo Sky TG24: attaccato?), ci sono infiniti telecomandi. C’è molto controllo vocale (Bezos l’avrà guardato?), anche se il computer è anonimo e senza nome, un po’ distaccato. Del resto se fossi in una base spaziale bulgara anche io forse parlerei anche con il computer – gli umani lo fanno molto meno, sulla terra. Il joystick è il mezzo migliore per guidare qualunque cosa, anche se quelle aquile volanti e agili come autosnodati avrebbero richiesto un bel volante grosso, o la macchina autoguidantesi di Musk, secondo me.
Quiz
Come si chiamava il pianeta che doveva essere la missione iniziale della base Alpha?
a) Meta b) Medium c) Mastodon
Più interessante il ruolo dei computer pensanti nella base Alpha. A parte il feedback inspiegabilmente fornito attraverso scontrini lunghissimi, più lunghi di quello della Coop, in cui il retailer cerca di dirti tutto ma con una strana lingua comprensibile solo al cassiere e ai fedelissimi (PNT FDLT 245 entro 22.11.22, SCNT PROSS. SPESA 5€ sup. 30€, ecc.), impera in tutta la serie questa sorta di fede cieca nella neutralità delle macchine (“lasciamo decidere al computer chi deve andare tra noi in pasto al mostro XXYY per salvare gli altri”). Chi ha programmato questa macchina? Dove ha imparato? Non interessa agli alphani. La macchina è un po’ come dio per i fedeli, “avrà le sue ragioni, chi siamo noi per”. Questa è anche, nel nostro piccolo mondo, la sfida del marketing: guardare dentro le macchine. Perché, come non esiste un algoritmo neutrale, non esiste una marketing suite neutrale.
Non so perché mi affascina rivedere Spazio 1999. Forse perché da qualche anno mi sembra che la Storia (quella alta di chi è al freddo in Ucraina e quella bassa di noi che stiamo tremando per sapere se la gente comprerà online o no al Black Friday, e più o meno dell’inflazione?, o nella stagione natalizia) sia un po’ uscita dalla sua orbita, nel bene e nel male, ovviamente. Perché ora affrontiamo le cose puntata dopo puntata (“Che razza di gente incontreremo in questa fase? Che vorranno da noi?”), diventando agili come il comandante John Koenig, che affronta con con un misto di ottimismo e scetticismo questi incontri con mondi sconosciuti, che come gli shiny objects del digital spesso promettono molto bene all’inizio, ma alla fine si rivelano spesso delle trappole. Certo, lui perdeva aquile e persone, noi al peggio soldi e tempo.
PS: ho scoperto da Wikipedia che c’è anche un finale-sequel mai realizzato. Interessante, potrei usarlo come una specie di Nostradamus, fargli “predire” qualunque cosa, alla QAnon: tipo che la civiltà aliena è in realtà… Amazon.
Esiste un possibile finale di Spazio 1999 mai realizzato [3], dal titolo Children of the Gods ("Figli degli Dei"): in un futuro lontano (il XXIV secolo) i discendenti degli Alphani si sono stabiliti su un nuovo pianeta e da lì hanno iniziato a colonizzare altri mondi. Una civiltà aliena più avanzata sorveglia questa espansione e, per sondare la natura di questi discendenti della razza umana, rapisce due bambini, li dota dei loro poteri e lascia che essi si sviluppino secondo i propri naturali istinti. Li rimanda, poi, indietro nel tempo al XXI secolo su Alpha, dove essi dimostrano perfidia alternata a generosità, enfatizzate dai poteri di cui dispongono. Il comandante Koenig (evidentemente immortale, ndr) riesce a scoprire che i bambini sono in realtà dei loro discendenti e oggetto di un esperimento che la civiltà aliena sta conducendo sugli umani: se i bambini distruggeranno la vita sulla base lunare, gli Alphani non avranno discendenza, dimostrando che la razza umana non merita di sopravvivere. Un inaspettato atto di sacrificio da parte di uno dei due bambini convince l'osservatore alieno che nella razza umana si può trovare qualcosa di buono: gli alieni lasceranno che gli Alphani crescano e si espandano, preludendo a un futuro contatto tra umani e alieni e a una loro pacifica convivenza.
That’s all folks!
Per chi è qui da poco: se volete qualcosa di più istruttivo, formale e “serio” ci sono nell’archivio 200 episodi del mio viaggio interstellare (scritto attaccato) nel marketing. Per chi mi segue da tempo: grazie della pazienza :-)
PS: mercoledì prossimo sarò a Firenze - Leopolda, per BTO, chi c’è passi a salutare!
gluca
Quiz: ovviamente era a) Meta.