[È venerdì] Il funnel è morto: ora ce ne sono quattro o cinque
Il customer journey impacchettato nei silos paralleli
Ehi, prima di scrollare aspetta un attimo!
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In collaborazione con Instilla
È venerdì, eppure questa non è la notizia più bella di oggi
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I punti di forza del tuo brand sulla verticalità scelta
Le opportunità di crescita
Alcune indicazioni pratiche per ottimizzare la tua strategia
Come richiedere l’Audit?
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Ricorda, l’Audit è riservato alle prime 30 persone/brand che lo richiedono, quindi… let’s go!
Il quiz della settimana
Quale tecnica di pricing è più comunemente utilizzata per massimizzare i profitti quando un prodotto viene introdotto in un mercato a bassa elasticità della domanda?
A) Penetration pricing B) Skimming pricing C) Psychological pricing D) Bundle pricing
Risposta in fondo.
Search o Discovery, questo è il journey
A cosa serve davvero l’analisi del journey?
Lo so, lo so, quando comincio a parlare (bene o male) di customer journey e funnel la gente pensa oh no. Gli studenti per farmi contento tirano tre righe tra influencer, social media e Google e dicono “va bene come journey?” con la stessa faccia con cui un bambino chiederebbe alla maestra se l’albero ha abbastanza rami o è abbastanza verde. Come per la user persona, abbiamo perso il senso dell’obiettivo per cui creiamo i canvas, template o chiamateli come volete. Il journey è quindi diventato spesso la rappresentazione dell’ovvio o dell’immaginario.
Probabilmente dovremo tornare a una domanda semplice semplice: quel business, fondamentalmente, è un search business o un discovery business? Per scoprirlo è utile una perla scovata tempo fa non ricordo dove:
If you build a search form where they can search for a product and customers don't know what to put in, you know this is a discovery-based business rather than a search-based business.
Naturalmente, nessun business è di sola search, e nessuno è solamente discovery. Però sapere dove sta il baricentro, e quindi conoscere dove concentrare gli sforzi per non sbagliare, è fondamentale. Inutile fare la migliore campagna del mondo in TV, se il mio business è un search business, e io non ci ho pensato – come le assicurazioni auto. Inutile cercare di portare al proprio sito per comprare un prodotto incluso in un journey di search business; se le persone acquistano su Amazon, che è a sua volta un meta-search-ecosystem, lì devo stare. La stampante. Un hotel su Booking, checché se ne dica nei circoli del marketing turistico.
A questo serve l’analisi - per il marketing intendo, per la UX il discorso è diverso – del customer journey. Se davanti a un modulo di ricerca il vostro cliente è in imbarazzo, siete in un discovery business. E allora la terra promessa si chiama social ads. Certo, dovrete essere in grado di far trovare il vostro sito quando il cliente lo cercherà, ma stop, abbandonate sogni di SEO o di search, vi svenerete solamente. O rimarrete delusi da quanto poco il prodotto viene effettivamente cercato. Nessuno cerca la pasta su Google, eppure la pasta si compra ogni anno in migliaia di tonnellate.
Il tutto assomiglia molto alla teoria fondativa dei tipi di domanda:
Search based business: soddisfano bisogni consapevoli e intenzionali.
Discovery based business: stimolano bisogni latenti o ispirano comportamenti nuovi.
Ma questa, la domanda latente, era spesso rappresentata come la parte sottomarina di un iceberg, con cui si alludeva che a ogni modello di business corrispondesse un sacco di domanda latente pronta a essere sfruttata, il che non è vero. Ci sono business che devono continuare, per la fortuna soprattutto di Google, a lavorare solo sulla domanda consapevole. Perché sotto, nella domanda latente, non c’è niente o quasi.
Questo era vero fino a oggi, e lo sarà fino a che il digitale non sarà completamente piattaformizzato. Il che non è così lontano, secondo me.
Tante piattaforme, tanti funnel
Oggi però non c’è più nemmeno bisogno di capire dove ci collochiamo tra scoperta e ricerca, se non per affrontare al meglio la declinazione di una campagna. Perché oggi ogni singola piattaforma, con i dati che ha, può fare quasi tutto. Mi ha molto stupito un case study in cui (quasi) tutto il funnel-journey avveniva su di un player: Amazon, nel caso. Documentario su Prime, advertising su Prime, annunci dentro Amazon e l’ecosistema relativo come Fire e anche negli avamposti pubblicitari di Amazon fuori dal marketplace. Misurazione end-to-end, un silos verticale, pagato a metà tra divisione brand e divisione performance dell’azienda. Un’eresia per i puristi del funnel integrato e olistico – me incluso.
Ma se ci pensi ha davvero senso fare così, oggi. Nel momento in cui sarà sempre più difficile conoscere (per i brand) cosa fa l’utente, in che stadio dell’acquisto è, quali sono le intenzioni, dove va a leggere, eccetera eccetera, nel grande blob opacizzato da privacy e machine learning privato, sarà invece sempre più conveniente affidarsi alle piattaforme per creare full funnel paralleli. Non abbiamo più notizie dell’utente appena è fuori dal sito, perché il tracciamento da parte di terze parti via cookie è il Male. (Terze parti che significava anche imparziali).
Ha senso perché le sovrapposizioni, le diseconomie, le duplicazioni sono più che bilanciate dalla perfetta conoscenza dell’utente che hanno al loro interno Amazon, Meta, Google e tra un po’ perfino TikTok, e che gli altri non hanno più. Non è buffo che la difesa della privacy alla europea abbia alla fine favorito le piattaforme USA cancellando i cookie di terze parti che alla fine erano l’unico punto fermo per costruire e rintracciare il journey integrato e tracciato in siti differenti - l’informazione per cui le aziende sono disposte a pagare giornali ed editori indipendenti?
Oggi tutte le piattaforme puntano commercialmente al proprio full funnel privato fatto in casa, un remarketing del discovery in salsa intelligenza artificiale algoritmica. Google sta usando YouTube come discovery-side per riempire il suo search business, in attesa che muoia la display che non muore però mai. TikTok potenzia bene la ricerca interna per rimediare alla mancanza. Amazon, be’, ve l’ho detto in diretta cosa può fare già oggi, senza cookie banner da cliccare, senza “tracciamenti” visibili in superficie. Meta sembra quella più in difficoltà, soprattutto dopo che Apple ha tolto i segnali di tracciamento dalle app o quasi. Non aiuta che la ricerca su Instagram faccia inspiegabilmente e da sempre pena. Ma non si sa mai.
Chi vince si sa?
Per i marchi la moltiplicazione dei funnel è il male minore. Le piattaforme offrono un ecosistema integrato che riduce la complessità operativa. I dati sono centralizzati e in outsourcing: le piattaforme raccolgono insight su ogni fase del funnel, rendendo più facile ottimizzare campagne e personalizzare l’esperienza utente. Assicurano risultati senza nemmeno chiamare il DPO interno, e temere il garante. Se la vedranno le piattaforme, al limite. E poi velocità di esecuzione: le piattaforme semplificano la gestione del journey, dal primo touchpoint alla vendita. Certo, devono mettere in conto la perdita di controllo sull’esperienza e sul posizionamento del marchio e la dipendenza dai dati e dalle politiche delle piattaforme. Ma sai che c’è, meglio un uovo oggi e via. Ed è meglio della dipendenza dalle sibille di garanti e di DPO. In più, per alcuni grandi marketplace il funnel è ormai tutto interno: Shein è discovery e search, con gli influencer che fanno quello che resta da fare.
Quattro silos oggi, controintuitivamente, funzionano meglio di un funnel solo con dati dispersi e non omogenei. Magari diventeranno cinque, è notizia di pochi giorni fa che il principale papà di Chrome è passato a OpenAI. Sul ruolo delle chat AI nell’ecommerce siamo ancora al primo minuto del primo tempo. Tempi interessanti, non c’è che dire.
Il marketing insegnato dai negozianti
In provincia non andiamo troppo per il sottile. Price is king.
Ti ricordo che ilmarketinginsegnatodainegozianti.info è un progetto gonzo-collettivo a cui puoi contribuire senza pietà. No screenshot o inoltri social, solo foto vostre.
Segnalazioni varie
La scorsa newsletter ho parlato di quanto adattare il proprio brand alle necessità delle piattaforme social e del perché funziona come una S.
È uscito un mio pezzo “back to reality” sulla strategia omnicanale e come perseguirla realisticamente, per il magazine di Eco Della Stampa.
Sono stato intervistato nel podcast Percorsi prodotto da Rame con
e Anisa Harizaj (verso la fine).
That’s all folks!
Grazie di aver letto fin qua, di questi tempi è tanta roba.
Per analizzare la strategia, l’organizzazione e il budget o invitarmi a parlare, e per essere sponsor come Instilla basta rispondere alla mail. E se ti è piaciuta, inoltrala.
ciao,
gluca
Grazie a Daniela Bollini per la paziente correzione e a Cristina Portolano per i separatori.
Quiz: la risposta corretta è B) skimming pricing. È una strategia di prezzo in cui un prodotto viene lanciato sul mercato a un prezzo iniziale elevato, per sfruttare i consumatori disposti a pagare di più, abbassandolo gradualmente nel tempo.