[È venerdì] I campeggi a fine stagione e i tre atomi di un business
Sono cose scollegate, ma ugualmente interessanti, secondo me
Grazie al mio nuovo sponsor, Wethod ❤️.
Se ho fatto bene i conti questa è l’ultima newsletter estiva. Intanto, grazie per i vostri feedback che avete lasciato (ultima occasione qui, ci vogliono solo due minuti). Non ho ancora avuto tempo di studiarli a fondo, ma già posso dire che qui siete circa 45% in azienda, 25% freelance, 20% agenzie e 10% varie ed eventuali.
La settimana scorsa sono stato al FreelanceCamp 22, che come al solito si svolge in campeggio, tenendo così fede al suo nome. Ivi non ho potuto non notare la fenomenologia dell’Abitante Stanziale Del Campeggio, o ASDC (non frequentando molto non so se è un fatto solo romagnolo o diffuso in altre aree).
L’ASDC è colui e/o colei che ha trasferito la propria residenza per qualche mese lì, ogni anno ad aprile arriva e continua a farlo di solito da decenni, a volte avendo ereditato il diritto alla piazzola dai suoi genitori. Il primo aprile è già davanti al cancello, quando ancora ci sono le ruspe in spiaggia (in Romagna non si va per il sottile nello spostamento di sabbia) e i potatori che stanno disboscando i rovi cresciuti in inverno.
Sì, perché l’ASDC è una spina nel fianco per i gestori. Non solo il suo spazio non è disponibile per più redditizi upgrade a bungalow-de-luxe, ma è anche un personaggio scomodo e dai margini commerciali risibili. Dopo qualche anno non solo si è ricostruito l’habitat casalingo nei tre per cinque metri della piazzola, ma l’ha di solito recintato con una fitta cortina di gerani, teli semitrasparenti, scaffali ripieni di cibarie rigorosamente non comprate allo spaccio del campeggio (i cui prezzi vengono ritenuti un furto) ma al discount a 30 km di distanza (spesso lo stesso a cui si rifornisce nella stagione invernale a casa, di cui conosce percorsi, commessi e promozioni). Evita come la peste le innovazioni digitali come il simil-Deliveroo interno che ti porta i cappelletti dalla mensa ristorante fin alla soglia della piazzola. “Chi lo usa è un debole”, pensa, mentre mescola la pentola sul gas da campeggio. Col tempo ha accumulato almeno un poker di biciclette per assicurarsi una comoda mobilità all’interno del campeggio. Qualcuno porta anche la bici elettrica, il Tesla-dream di ogni pensionato. Altri hanno soppalcato la roulotte con un comodo soppalco. Il più intraprendente ha murato la parabola di Sky su di un basamento usato dalla contraerea tedesca nel 1943 (è vero). Sai mai che tiri vento.
Il fenomeno è, per chi si occupa di marketing, cioè in fondo di fenomenologia umana, estremamente attraente. In un’epoca in cui si fugge dal quotidiano (“finalmente in vacanza! Cambio tutto, vita, alimentazione, podcast!”), loro si ricreano esattamente la stessa situazione a distanza di massimo un centinaio di chilometri. Sarà che sono rimasti al sogno boomer della casa al mare, ma in modo più economico? Sarà la volontà di plasmare la piazzola come dei novelli exterior designer di se stessi che le ferree regole di condominio a casa ostacolano?
Dopo un po’ l’ASDC si sente elevato a una specie di ius soli: comincia a contestare il programma e gli orari della baby dance, le diavolerie del fitness all’aperto, la marca del pesticida anti-zanzare (“eh, quello dell’anno scorso… sempre al risparmio”). Ogni anno la nuova gestione che sta cercando di posizionare il campeggio come villaggio (il posizionamento è la chiave, ricordate?) arriva a fine stagione, e lui è lì fino all’ultimo giorno di apertura a fine settembre, ad avvolgere con il cellophane le sue proprietà, perché nessuno le tocchi mentre non c’è nessuno a sorvegliare – del gestore non si fida tanto, ovviamente. La direttrice marketing della catena di campeggi villaggi invece spera che l’età faccia il suo corso. Ma l’ASDC è immortale, temprato dalla vita all’aria aperta, dalla bici, dalle zucchine dell’orto auto-coltivato, e non molla.
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Gli wethoders
I tre atomi di un business
Qualche tempo fa dissi a un evento che concentrarsi sul customer journey, oggi, è molto più importante che concentrarsi sul funnel. Perché quest’ultimo è una rappresentazione molto limitata della realtà, sia pure comoda, ma soprattutto perché solo il primo ti riporta a vedere le cose come un marketer dovrebbe vederle sempre: dal punto di vista del cliente.
La scorsa settimana ho trovato in una ricerca di Kantar come il successo di un business (loro lo chiamano brand, inteso in senso molto lato) derivi dalla perfetta comprensione del territorio (il customer journey in senso lato) e dalla modulazione delle azioni-investimenti conseguenti in tre ambiti principali. La formula mi ha ricordato i tre atomi di una molecola: se ne cambi impercettibilmente uno, il risultato cambia in modo radicale1.
E naturalmente come i brand che lavorano molto bene in questi momenti-atomi abbiano conseguito risultati sopra la media. Tralasciando l’effettiva “pistola fumante” della “prova del teorema”, mi sembra sia un modello molto interessante. Quali sono i tre ambiti?
La brand equity è quasi sempre determinante: se non ti conosco, non ti stimo, non mi fido, difficilmente ti compro (non è impossibile, ma non frequente, diciamo). Come dice Kantar: influenza le vendite future. Come direbbero altri: è la mental availability.
L’attivazione: non è solo il performance marketing. È la possibilità di comprare in modo naturale, facile, efficiente. Se non ti trovo comodamente non mi sforzerò di comprarti (non sempre, ma in genere è così. Siamo facilmente sostituibili). Il mix fisico-D2C-marketplace non solo è ancora fondamentale, è il sacro graal. Come dice Kantar: influenza le vendite immediate. Come direbbero altri: la legge dello sbatti.
L’esperienza: faccio fatica a definirla, ma quando non c’è si sente. Come dice Kantar: influenza la ripetitività degli acquisti. Questa è l’era della suscettibilità del consumatore e della chat facile, oltretutto.
Ognuno dei tre ambiti è un fattore di una moltiplicazione: brand che investono nella equity ma sbagliano l’experience sono destinati a farsi male. Se non investono nell’attivazione, sono come una bottiglia chiusa di acqua frizzante. Per quanto scuoti non succede niente. Infine, attivazione senza brand porta prima o poi a svenarsi con affitti o funnel a performance che fanno guadagnare solo gli affittuari o le piattaforme di adv. A meno che il brand non lo prendi a prestito, come chi vende su Amazon.
Trovate l’articolo completo qui.
Link e segnalazioni
Una giornata di workshop gratuita (a numero chiuso) per PMI a Pisa, organizzata da Digital Update per Registro .it nell’ambito di Internet Festival.
Un articolo illuminante di Stratechery sull’AI e il futuro del contenuto.
Articolo che si incastra perfettamente con quello di questo tizio che ha mandato 10.000 video veramente personalizzati tramite l’AI.
Il B2B Day (richiedi invito) dove discuto di FAQ Your Marketing Plan.
That’s all folks!
Grazie come sempre per la lettura, a venerdì!
gluca
Non so nulla di chimica, ovviamente.