Grazie wethod per il supporto alla newsletter!
Questa settimana sono stato a Genova per lavoro, e dal mio B&B aprendo la finestra si vedevano enormi navi. Non ho potuto non andare a rileggere l’incipit seminale di questo spazio. È uno dei libri che consiglio sempre alle giovani promesse del marketing, per iniziare ad affacciarsi al Male il prima possibile. Ovviamente è il DFW di Una cosa divertente che non farò mai più. C’è anche in audiolibro su Radio 3.
Ho visto spiagge di zucchero e un’acqua di un blu limpidissimo. Ho visto un completo casual da uomo tutto rosso col bavero svasato. Ho sentito il profumo che ha l’olio abbronzante quando è spalmato su oltre dieci tonnellate di carne umana bollente. Sono stato chiamato “Mister” in tre diverse nazioni. Ho guardato cinquecento americani benestanti muoversi a scatti ballando l’Electric Slide.
Ho sentito cittadini americani maggiorenni e benestanti che chiedevano all’Ufficio Relazioni con gli Ospiti se per fare snorkeling c’è bisogno di bagnarsi, se il tiro al piattello si fa all’aperto, se l’equipaggio dorme a bordo e a che ora è previsto il Buffet di Mezzanotte. Ora conosco l’esatta differenza mixologica fra uno Slippery Nipple e un Fuzzy Navel. So cos’è un Coco Loco. Sono stato oggetto in una sola settimana di oltre 1500 sorrisi professionali. Mi sono scottato e spellato due volte. Ho fatto tiro al piattello sul mare. È abbastanza? In quei momenti non sembrava mai abbastanza.
In collaborazione con
Buon venerdì! Siamo di nuovo noi, gli wethoders: i 7 appassionati di project management e innovazione.
Il venerdì in wethod ha una routine speciale: è il giorno in cui si tirano le somme dei lavori fatti in settimana, dai quali dipendono i report di progetto; da questi si può comprendere lo stato delle varie attività e pianificare il lavoro delle settimane successive.
Il senso è: pianifico la rotta solo quando sono consapevole delle mie coordinate!
E come avere queste informazioni sempre aggiornate? La chiave sta nell’avere un flusso unico. In wethod infatti abbiamo deciso di unire in unico programma tutte le funzioni necessarie alla gestione dei clienti, dei progetti, del team e dell’insieme dell’azienda.
In questo modo si riduce la disgregazione delle informazioni raccolte e si garantisce una migliore qualità e tempestività dei dati e delle analisi.
E se ti dicessimo che con wethod puoi fare tutto questo mantenendo una struttura organizzativa snella?!
Curioso di scoprire e approfondire i temi sulla gestione aziendale? Impara le best practice adottate da alcuni dei protagonisti del panorama delle digital agency italiane all’evento che stiamo organizzando: SUPERNOVA AGENCIES. Un pomeriggio pensato per le agenzie creative che si terrà il 19 ottobre 2022 in H-FARM Campus a Roncade (TV) in cui assieme a Tiziano Tassi (Caffeina), Fabrizio Martire (Gummy Industries), Giovanna Loi (GroupM), Umberto Basso (AKQA), Laura Corbetta (YAM112003), Giorgio Soffiato (Marketing Arena), e Tomas Barazza (wethod e H-FARM Innovation) rifletteremo sui temi della cultura aziendale, dell’innovazione e dei possibili futuri scenari del settore.
Vuoi scoprire di più? Richiedi l’invito cliccando qui. Non perderti questa opportunità spaziale. Il conto alla rovescia per il lancio è ufficialmente iniziato!
Gli wethoders
Il paradosso del contenuto
Gira e volta sempre di contenuto si torna a parlare, quando si studia la strategia digitale. Nei giorni scorsi, nel Twitter del marketing anglosassone, è circolato parecchio questo tweet.
È un po' l'ennesima trasposizione del famoso detto che, nell'epoca digitale, ogni brand è (deve essere?) una media company.
D'altra parte, come sostengo in modo noioso, fare strategia significa compiere delle scelte, e quindi non fidarsi pedissequamente dei detti e degli slogan. Mettiamo pure che uno strumento, uno slogan, un modello contenesse davvero la pietra filosofale per il successo: questa pietra dopo un po' la userebbero tutti, e quindi il vantaggio competitivo sarebbe comunque nullo. Lo diceva già Drucker negli anni ‘70. Ma sappiamo che non è in realtà così: fare delle scelte significa quindi, visto che è assodato che un modello non è utile per tutti - noi inclusi - "scegliere quale battaglia combattere". La tattica è invece – lo ricordo – come combattere quella precisa battaglia. Lo diceva già Von Clausewitz. (Battaglie che nel nostro caso non sono cruente, per fortuna. E a volte sarebbe bello che ricordassimo che non è questione di vita o di morte.)
Ora, il rischio in queste scelte (a che punto spingersi nella produzione di contenuti?) è che siano biased: dal trend generale ("il mio competitor fa...", "al convegno hanno detto..."), da chi vive di contenuto – agenzie, freelance, creator vari, dai consulenti stessi (che vivono di modifiche al business model, "innovazione", "trasformazione" ecc.).
Senza contenuto non esistiamo, e se non esistiamo "online", nel 2022, non esistiamo e stop. Questo è assodato, direi.
Ma quanto dobbiamo esistere? È salutare prendere come stella polare della strategia aziendale un macro-settore, quello che nella sua primigenia evoluzione è consiste in TV, giornali ed editoria in generale, fino alle recenti declinazioni in modelli social come Will e modelli virati in content curation come Il Post, che non è proprio, per usare un eufemismo, in grandissima forma? Quello con le peggiori barriere all’ingresso, in cui un creator su TikTok può diventare la fonte di informazioni economica preferita dalla Gen Z studiando e copiando a piene mani dal WSJ, dal Sole, da Wikipedia e altro ancora, nel giro di qualche mese?
Detto peggio: ma se non guadagnano i giornali, perché un'azienda dovrebbe guadagnare acriticamente creando contenuti per vendere i propri prodotti (quindi con un passaggio ulteriore rispetto ai modelli editoriali che si fondano su pubblicità e sottoscrizioni)? Del resto le aziende devono, di solito, pure pagare per distribuire i propri contenuti, al contrario dei publisher, il che aggrava il conto economico del contenuto.
Il paradosso che mi frulla in testa è che se produrre contenuti fosse così conveniente per vendere prodotti, i giornali aprirebbero degli e-commerce.
La mia risposta, personale, è che la battaglia dei contenuti non è per tutti i brand. Dipende da fattori esogeni ed endogeni. Sono i soliti parametri: quanto è già occupata quella nicchia da contenuti esistenti? Esistono nuovi fattori produttivi "industriali" (per esempio il content AI-generated) che possono cambiarne gli equilibri?
Quanto e come impatta la fase di consideration nel percorso di acquisto del mio cliente (il content digitale propriamente detto è quasi sempre in-formazione al prospect)? C'è il fattore winner takes it all: avete presente Redbull? Davvero un altro beverone energetico potrebbe competere in quel ruolo? Avete presente Patagonia? Che credibilità avrebbe un altro player del "purpose business" virato abbigliamento?
Il piano editoriale mensile è stato il più grande ko tecnico sferrato dal motto "every brand is a publisher" al marketing strategico. Ci siamo convinti che fosse necessario riempire il palinsesto, sennò... Sennò niente, come molti hanno poi verificato. Se domani spegnessero Canale 5, mia madre mi chiamerebbe immediatamente per dirmi che si è rotta la TV. Quale brand ha oggi questo potere, dopo anni e anni di produzione di contenuto? Nessuno.
C'è un livello ideale di creazione di contenuto, un individuale sweet spot in cui il costo marginale della creazione supera il ricavo marginale per il brand in termini di fiducia, informazione, visibilità nei percorsi di acquisto. Al/la marketing manager consapevole è richiesto di concentrarsi soprattutto su questo, oggi e domani. Rendendo efficiente il processo, ma anche per capirne meglio il ritorno. Con i dati, ma anche con le vecchie interviste ai clienti.
E quindi no, non siamo obbligati a sostituire il team con una redazione.
(Sul tema avevo scritto anche la trappola del contenuto.)
(Il break even, o punto di pareggio, è quasi una filosofia di vita, per me. Ma è tema per la prossima estate, quando usciranno nuove Summer Edition).
Il quiz della settimana
Il numero di croceristi del 2019, in Italia, verrà presumibilmente raggiunto di nuovo, post-Covid:
a) alla fine del 2022 b) nel 2023 c) nel 2024.
Link e segnalazioni
È uscita la seconda puntata del podcast che sto conducendo assieme a Wintana Rezene per Chora, su Discovery Commerce – e come i social influenzano i nostri acquisti (soprattutto per le feste comandate).
Ci sono ancora posti per la giornata (gratis) di strategia digitale per aziende all’Internet Festival, con me e altr*.
Se non avete ancora chiesto un accredito al B2B Day, poi non lamentatevi.
Il corso migliore di marketing della settimana è la serie su Wanna Marchi di Netflix, ma io consiglio il libro di Stefano Zurlo
That’s all folks!
So che questo fine settimana è delicato. Non ho osato scriverne. Mi sono fatto qualche idea sulle strategie comunicative della politica, ma magari ne scrivo a giochi fatti.
Stay human,
gluca
Il quiz: è b): nel 2023 il numero di croceristi e croceriste pareggerà quello del 2019, secondo le previsioni di CLIA, riportate dal Sole 24 Ore (cliccate a vostro rischio).
PS c’è la promo Satispay oggi: sono 20 eurini che mi regalate di tasca loro, e anche 5 eurini per voi, se vi iscrivete da questo link (e poi ci mettete due soldi per usarlo, ovviamente). Grazie del supporto!