🤷 [Un venerdì divertente che non] Social Media Edition | Q&A
🤷 [Un venerdì divertente che non] Social Media Edition | Q&A
di Gianluca Diegoli • Newsletter #46 • Visualizza online
In questa edizione parlo di social: perché ho “lucchettato” il profilo Twitter, cosa penso di Linkedin, cosa ci faccio in un luogo (a)social che forse non conoscete. Continuo la rubrica delle ricerche più diffuse sull'App Store, per l'osservatorio Paese Reale. Inauguro una rubrica di domande e risposte: se vuoi farmi una domanda (rispondendo a questa email), potrei inserire la risposta nella prossima newsletter. E poi al solito negozianti, quiz, corso di strategia, il corso di markettese e tutto il circo del marketing.
(PS: a molti la lettera di venerdì scorso non è arrivata. Guardate in spam e/o trascinatela nella tab principale di Gmail o Outlook. E come sempre se ti piace la Lettera inoltrami alla tua collega)
— The Locked Twitter Experiment —
Continua il mio esperimento con Twitter a profilo chiuso: perché mi piace, finora? Non tanto il poter scrivere più liberamente, perché secondo me le cose si dividono in cose raccontabili e cose non raccontabili. Qualunque sia la piattaforma digitale e il livello di privacy. Invece ho scoperto angoli nuovi:
1) motivo psicologico: siccome nessuno può ritwittarmi, non scrivo per essere ritwittato, o almeno molto meno. Quello che odio di Twitter è questa mania di fare battute. “L'ironia sta diventando una piaga sociale” cantava Vasco Brondi. È psicologicamente irresistibile. Twittiamo per fare quella battuta sagace che ci renda popolari per qualche ora, peraltro entrando in contatto con persone “fuori target”, che magari ci seguono per poi ignorarci. È assurdo. Oh, magari a voi piace. A me no.
2) senza RT, le reazioni dei miei follower si concentrano su like e soprattutto sul commento. Questi ultimi sono aumentati ed è la cosa che più mi piace di Twitter in questa versione.
3) mi sto abituando a un'internet più privata, meno pubblica, che sarà lo standard, secondo me, per i prossimi tempi. La generazione Z si divide tra pochi attention seeker e la maggior parte con profili privati, su Instagram.
4) il numero di visualizzazioni dei singoli tweet stranamente è rimasto lo stesso. Twitter ora, con il suo feed algoritmico, non premia poi tantissimo il RT rispetto al like. E avere la conversazione attiva (vedi punto 2) aumenta la reach
5) mi piace dare l'impressione che – come questa newsletter – quello che c'è dentro è per molti, ma non per tutti. Che ci volete fare, alla fine sono sempre uno sporco markettaro.
Bonus: non ci sono bot/utenti/spammer che si iscrivono e disiscrivono in continuazione.
PS: siccome lei ne capisce più di me: per capire come fare networking SANO in un mondo digitalizzato, ascoltate la serie di Domitilla Ferrari su Storytel (link per 30 giorni gratis qui).
PS2: sto pensando a una versione “orale” di questa newsletter sul podcast. Sareste interessati? Qualcuno ascoltava il mio podcast, abbandonato dalla primavera 2019? Vi manca?
— I giornalisti di Linkedin? —
Nonostante sia stato il primo social su cui creai un profilo, a parte Orkut (chi lo ricorda, Orkut?), Linkedin non l'ho mai davvero amato di amore focoso. Sarà che le storture degli ego delle persone si riflettono anche lì (solo con argomenti più noiosi), sarà per lo sconforto nel vedere terribili banalità, rant e proclami qualunquistici su risorse umane e marketing (di solito espresse in frasi corte e molti a capo) godere della maggioranza delle visualizzazioni e cannibalizzare il resto, insomma per me il social blu è sempre stato un po’ un MEH.
Da un po’ ho due sensazioni: la prima è che l'advertising su Linkedin non sia compreso, e fatto molto male rispetto altre piattaforme in cui gli advertiser hanno fatto più esperienza. La seconda è che potrebbe diventare più interessante per gli argomenti e gli articoli. Ci sono molti professionisti e marketer che non sono su Twitter, per esempio.
Ho notato inoltre (vedi immagine sopra) il ruolo del curatore (magari c'è da tempo, ma io non l'avevo mai visto). Potrebbe rimanere l'unico social con una rilevante curation anche umana, non solo dell'algoritmo. Non so se sia meglio o peggio, però potrebbe essere un esperimento interessante.
Inoltre, Linkedin sta lanciando delle “newsletter” proprietarie, per il momento riservate a personalità “alte”. Da seguire.
— Posti strani dell'internet —
Da qualche tempo ho una passione segreta: si chiama Imgur. Lo conoscete? Solo microvideo, gallery e gif animate: cose strane, divertenti, commoventi, ma anche interessanti (mappe, per esempio). Non ricordo perché ho iniziato a usarla come strumento di distrazione – nonostante ci abbia provato, la meditazione non fa per me, Imgur sì. C'è dietro una comunità pazzesca ed enorme (300 milioni di utenti), e non è nuova, è stata fondata nel 2009 in Ohio (in Ohio, capite?), leggo su Wikipedia. Nessuno lì ha un vero profilo come lo intendiamo oggi su Facebook o Instagram, pochissimi sono star nel senso di influencer o personal branding, non ci sono account business.
Ogni singolo pezzo del sito sembra dire rilassatevi, nessuno qui se ne frega nulla di chi siete o quanti follower avete. I membri della comunità Imgur, autoproclamati “imguriani”, possono votare e commentare le immagini, guadagnando punti reputazione e trofei, così vintage ma potente. È quello che poteva essere Tumblr, e che temo non sarà mai più. In ogni caso, il mio profilo è qui, dove potete vedere le mie tre gif, che non hanno avuto nessun tipo di successo.
Su Imgur vige il concetto di Extremistan: puoi diventare “famoso” per un unico contenuto, e poi rimanere ignorato per il resto della tua vita, anche cercando di replicarlo. È molto affascinante.
“Nell'Extremistan, le disuguaglianze sono tali che una singola osservazione può avere un impatto sproporzionato sull'aggregato o sul totale”. Taleb continua: “Quindi, mentre il peso, l'altezza e il consumo calorico provengono dal Mediocristan, la ricchezza no. Quasi tutte le questioni sociali provengono dall'Extremistan.
Ecco, i social hanno vari livelli di Extremistan, forse Facebook è quello più Mediocristan. Fare il consulente è Mediocristan, fare una startup Extremistan. Cercare di prevedere la possibilità statistica è impossibile, nell'Extremistan.
Imgur è puro Extremistan.
— Una vostra domanda ogni settimana —
Mi scrive Elisabetta (nome cambiato):
“Gli stargates - o contapersone, credo si chiamino così - sono l’incubo degli addetti alle vendite. Perchè non è detto che chiunque entri in negozio compri qualcosa; ci sono famiglie che si divertono a entrare e uscire solo perché il bambino sta giocando con la palla e i genitori a turno lo rincorrono… Entrano ed escono anche 5 volte ciascuno, ma nessuno compra nulla. Stanno rincorrendo una palla. Oppure stanno solo passando il tempo.
Morale, a fine giornata il povero addetto di turno si ritrova con 15 ingressi e zero (o quasi) scontrini di merce venduta. E il cazziatone dal capo area per inefficienza/incompetenza è assicurato.
Domanda: ai fini della vendita, o della valutazione dell’efficienza degli addetti, ha senso basarsi su questo sistema? Tot ingressi =tot scontrini? Possono essere N i motivi per cui un cliente entra e NON compra. Per esempio, non ha trovato quello che cercava… e non ha voluto assolutamente comprare altro. Non puoi costringere nessuno, per quanto bravo sia l'addetto a vendere.
Risposta: francamente credo che i containgressi siano sistemi dell'età della pietra. O al limite del bronzo. Una vanity metric che i negozi (ma soprattutto i centri commerciali) usano per misurare flussi macro e che non dovrebbe essere utilizzata per valorizzare il contributo del personale all'interno del negozio. A partire da scostamenti del rapporto tra ingressi e scontrini è molto più importante capire la causa dell'anomalia che cazziare il personale. Anche perché probabilmente si otterrà solamente una maggiore frustrazione e/o una maggiore appiccicosità al cliente. La settimana successiva il rapporto potrebbe cambiare, e magari il capo dà il merito al cazziatone, invece è semplicemente varianza statistica. In entrambi i casi non mi sembra produttivo per lo store. Anni fa non c'erano alternative a questa misurazione: oggi che siamo geolocalizzati ci sono molti più aspetti in gioco da poter analizzare, e chiudere il cerchio capendo chi sono quelli entrati, se sono già nostri clienti, se hanno intercettato nostri touchpoint, se li stiamo “convertendo per la prima volta”. Il retail digitale è già qui, ma noi siamo a contare gli ingressi. Poi non diamo la colpa ad Amazon, eh. Comunque qui sotto c'è un libro che parla anche di questo.
Hai una domanda per la prossima settimana? Fai reply.
— ICYMI —
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— Il quiz della settimana —
Qual è il rapporto tra gelato venduto e cittadini italiani, in un anno? (in realtà lo mangiano anche i turisti, ma facciamo finta di no)
a) 50 euro b) 100 euro c) 150 euro
— Corso di markettese —
“Allo spot per %pannolino% seguirà un codino dedicato alla nuova raccolta punti Coccole %brand%, un altro piccolo tassello dell’ambizioso progetto di offrire soluzioni family oriented.”
— Il paese reale —
Gli italiani non sanno che giorno è oggi, del resto è appena passato il blue monday e gennaio non finisce mai. Meglio preoccuparsi della propria pensione, vista l'aria che tira, e sfogarsi uccidendo un po’ di nemici con Clash of Clans o tornare ragazzini con le carte di Heartstone o le palle di sabbia. Ritornano i dubbi sulla propria intelligenza o su come fare la raccolta differenziata.
— Programmatic Fails —
Del perché l'ads su Twitter fa schifo.
— UX —
Sciacquone de luxe, quasi zen (grazie Alessandro). PS: mi dicono che lo sciacquone milanese “a maniglia” della newsletter precedente non ha la forza propulsiva sufficiente e se si rompe bisogna spaccare il muro e quindi niente, non è ideale. Ma continua a piacermi.
— Negozianti —
Grazie Diego, e grazie Napoli.
Come sempre, se questa lettera ti è piaciuta, inoltrala a chi vuoi bene. Se non ti è piaciuta, inoltrala a chi detesti.
(Good night and good luck, Emilia)
gluca
Chi sono, che faccio | Digital Update
Risposta: a) 50 euro circa
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Curato con passione da Gianluca Diegoli con Revue.
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