🤗 [Eccolo, il venerdì] Upselling Coffee | Italia Brand Awareness
🤗 [Eccolo, il venerdì] Upselling Coffee | Italia Brand Awareness
di Gianluca Diegoli • Newsletter #50 • Visualizza online
Quando ho ricominciato a scrivere questa newsletter, circa un anno fa, non pensavo che avrei resistito così tanto. Perché è facile scriverla d'estate quando c'è meno da fare. Più difficile è continuare a scrivere quando hai i minuti contati, e devi continuamente decidere se dedicare tempo al lavoro o alla lettera del venerdì (e ora pure a un libro che sto terminando). C'è da dire che per me la newsletter è anche e soprattutto formativa. Nel senso che aiuta prima di tutto me stesso a fissare pensieri, considerazioni e notizie che sennò andrebbero perse nella rete (ehi, ci vanno lo stesso) e anche nella mia memoria (un po’ meno). È una specie di diario, insomma. Per questo consiglio ai ragazzi di iniziare a scrivere, anche se non c'è nessuno che ti legge. Scrivere è il modo migliore (per quelli come me, almeno) di studiare.
Grande notizia: questa newsletter – squilli di trombe, applausi – è anche la prima con sponsor sostenitore. Banca Etica contribuisce permettendo a TE che leggi di usufruirne almeno per altre quattro uscite. Quindi grazie Banca Etica!
— The upselling machine ––
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Avete notato come le vecchie macchinette del caffè stiano lasciando ovunque il posto a una nuova generazione di superdigitalizzati distributori che racchiudono in sé praticamente tutte le possibili combinazioni di caffè, latte, cioccolato, cacao, nocciola, meringa, biscotti a contorno e chissà altro ancora?
All'Università la sostituzione dei vecchi distributori a bottoni per queste caffetterie digitali touchscreen partorite con ogni probabilità dai creatori di Futurama ha generato delle file lunghissime, tant'è che l'intervallo tra una lezione e l'altra sì è dovuto adeguare ai tempi necessari per ordinare un espresso senza-nessun-add-on.
Sì, perché queste macchinette infernali hanno in sé l'insano principio che ispira la app di Ryanair: tutto ciò che si può aggiungere è incluso salvo che lo togli tu, e comunque ti chiedo di inserire qualsiasi cosa, perché non si sa mai. Nessuno più di me adora il principio del bias del default: la gente obbedisce a quello che gli diamo come standard (meno dello 0.1% cambia la disposizione dei canali in tv per dire). Ma qui lo standard è l'opposto: per il 99% delle persone il caffè e basta è tutto quello che vogliono. Non sarà con questi mezzucci che gli farai cambiare idea, soprattutto se lo costringi a uno stress psicologico per un'attività del tutto routinaria.
Il rimedio (digitale) poi è peggiore del danno: la macchinetta digitale infernale, sapendo che stai sbuffando, anziché velocizzare e indicarti una scorciatoia verso “il solito caffè”, ti fa… vedere un video sulle sue millemila funzioni mentre lo prepara (si sentiva la mancanza di uno schermo da guardare, nel 2020) oppure un videogioco tipo Memory (il gioco dipende dai modelli). Machedavero, tu sei lì, in piedi, con la fila dietro, minuti contati, e questa ti vuole far giocare a Memory? Rischiando anche di farti fare una figuraccia con quelli che guardano in fila dietro di te nel caso che sbagli a ricordarti le stupide figurine?
Io non so se ci siano dei designer veri dietro queste cose. Mi auguro di no. C'è bisogno di designer veri per vaccinare il marketing contro sé stesso. C'è bisogno di gente che faccia test sul campo, che provi con persone vere. Sia nel marketing che nel design. La digitizzazione forzata di qualunque cosa è semplicemente sbagliata. Come in tutte le cose il digitale è un mezzo e non un fine. Che peraltro non si ottiene. La complicazione non funziona nemmeno in termini di risultati economici – all'università il bar “umano” si è affollato, per dire, in un involontario test. Per vendere il 10% in più di AOV (average order value) si rischia di perdere il 30% di ordini.
Tra parentesi, il topping con la meringa fa schifo.
Questa newsletter ti arriva grazie a Banca Etica.
— Dove finiscono i tuoi soldi? —
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Banca Etica | Pietro Sermonti in Cari Vecchi Soldi
— L'Italia e Google —
Leggevo il tweet di Mariangela Pira, giornalista a Sky, che faceva notare come l'Italia fosse la più cercata per la parola chiave “Vacanze in xxyyy”.
Where the world want to go on holiday
Source: https://t.co/zuqTFJ1BpX https://t.co/Z2qJOKq1lL
Il problema – facevo notare – è che quindi le persone cercano l'Italia ma poi vanno in Francia, in Spagna, e perfino in Germania :) (La Germania è bellissima, eh, solo che agli italiani non piace sentirsi dire che ci sono altri paesi al mondo).
L'Italia quindi viene molto cercata ma meno scelta. Cosa succede dopo il primo touchpoint? Dove perdiamo contatti nel funnel? Siamo il paese con più brand awareness nel mondo, se la ricerca su Google può essere presa (come può/deve essere) per una ricerca di mercato permanente, ma come per altri prodotti, non basta essere i più famosi, e in questo caso non basta che se ne parli, almeno se non sei una scatoletta di sugo pronto.
Come dice Seth Godin in questo post (ogni tanto ritrova lo smalto dei vecchi tempi) non serve l'awareness “non aiutato”, “il primo brand che ti viene in mente” quando poi la scelta viene più che aiutata da informazioni e comparazioni, per lo più online.
Ma la consapevolezza senza aiuto non è un obiettivo utile. Perché la maggior parte delle decisioni che contano sono aiutate. La maggior parte delle scelte sono fatte con una certa considerazione. Ciò che la gente dice di te è ancora più importante dell'essere nella famigerata lista di tutti.
L'Italia è un brand famoso, ma non un brand così competitivo, probabilmente. E il marketing turistico nazionale forse non dovrebbe lavorare sulla notorietà, ma sulla friction.
La mappa più famosa per spiegare questo è quella di Fogg, detta anche linea dello sbatti. È anche nel mio nuovo corso di marketing, in cui parlo molto di modifiche ai comportamenti.
— ICYMI —
Email Marketing: 10 cose da fare quando inizi a lavorare per un cliente | Digital Update
10 consigli per agenzie che vogliono offrire ai propri clienti un email marketing con sinergie interessanti con altri media.
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— Sto leggendo —
L'esperienza in store fa schifo e non è colpa di internet
I rivenditori sono ben consapevoli del desiderio dei consumatori di fare acquisti nel modo più semplice possibile, ma diversi punti deboli in negozio continuano a ostacolare tali esperienze, secondo un sondaggio di Capgemini dell'ottobre 2019.
Gli spot dei giocattoli sono stati sostituiti da qualcosa di peggiore
Vedono meno spot sulle TV commerciali, ma ora sono gli stessi programmi che sono diventati spot.
www.theatlantic.com • Condividi
— Strategy school —
La mappa viene da questo libro, che non ho peraltro letto, se non in riassunto di Blinkist. Temo che il libro aggiunga poco a quanto si può leggere in giro gratis.
— IPSE DIXIT —
— Il quiz della settimana —
Qual è il detergente per vetri più venduto su Amazon?
a) Glassex b) Amazon private label c) Vetril d) Ajax
— Corso di markettese —
Quando le agenzie si prendono in giro da sole: bravi a Connexia e al loro misuratore di gare e pitch da cui fuggire.
“Il brief è challenging ma la deadline è tight e la pipeline è full, siamo in overbooking e the pen is on the table.”
— Programmatic —
Avete mai provato a usare il QR code che c'è sul bordo dei pannelli led (ex touch, retrocessi tristemente ad affissione digitale) pubblicitari della Stazione Centrale di Milano? Io sì: punta all'informativa privacy, che contiene informazioni su come I CARTELLONI CI SPIANO!1!1!
— UX —
Secondo me questo è il migliore di sempre, grazie lettore.
— Negozianti —
E niente, prima i nomi ITALIANI, ah no aspetta, boh. (via Vanz)
Ciao!
E anche questa settimana grazie di aver letto fin qui <3
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Se vuoi sapere cosa faccio, c'è il mio blog appena rinnovato da Federica Campanaro.
Al prossimo venerdì.
Ah, la risposta: è il Glassex
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Curato con passione da Gianluca Diegoli con Revue.
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