[È venerdì] Verso l'umanità a costo marginale zero
Se tutto non solo è replicabile, ma creabile a costo zero, cosa ha davvero valore?
«Siamo i più bravi nel farci pagare senza fare un c…o». Sono seduto su di un Italo che mi porta a Milano per la sessione di esami. A fianco a me una coppia di (immagino) colleghi di non so quale industry B2B prepara una presentazione abbastanza allegramente.
Un ringraziamento particolare a Talent Garden, sponsor principale di questa edizione.
Umanità a costo marginale zero
In "La società a costo marginale zero", Jeremy Rifkin sostiene che l'adozione diffusa di energie rinnovabili e tecnologie digitali sta portando ad un nuovo sistema economico in cui molti beni e servizi possono essere prodotti e condivisi a costi marginali quasi nulli. Egli chiama questo "società a costo marginale zero" e ritiene che abbia il potenziale per trasformare il modo in cui viviamo e lavoriamo. Il libro descrive come internet, energie rinnovabili e la stampa 3D stiano consentendo l'emergere di un nuovo sistema economico, in cui l'accesso a beni e servizi è quasi gratuito e l'abbondanza è la norma. Rifkin vede questo nuovo sistema economico come un modo per aumentare la prosperità e il benessere per l'umanità nel suo insieme. Egli avverte anche dei potenziali effetti negativi che questo cambiamento potrebbe portare, come la perdita di posti di lavoro, e la necessità di un nuovo contratto sociale tra governo, imprese e cittadini per garantire che i benefici del nuovo sistema raggiungano tutti. (Riassunto e tradotto da ChatGPT)
Il futuro è più avanti di quanto pensavamo. È da qualche settimana che mi interrogo sul ruolo delle dispense, dei libri di testo, degli esami scritti nel mio corso universitario, ma anche più in generale. Per il momento, il problema dei compiti svolti con domande a ChatGPT è il minore dei mali. Faccio fare gli esami con carta e penna, metodo un po’ agé ma efficace. Di mio, sto pensando di far riscrivere a ChatGPT le slide alla AI, sai mai che mi sono dimenticato una parte di qualche modello teorico. Il mio corso ha una parte di teoria, diciamo, e molta parte di esperienze portate da me e dagli ospiti. Immagino che se qualcuno potesse fare l’esame con ChatGPT prenderebbe 30. Sarebbe interessante far correggere un compito di ChatGPT da un’altra AI, e vedere cosa succede.
Ma il nocciolo della questione, secondo me, è un altro. Quale sarà il valore che l’umano può apportare, in un ecosistema in cui tutto è/sarà replicabile, automatizzabile, generabile a costo marginale tendente a zero?
Cioè, ha senso valutare questi ragazzi, nel mio esempio, su quello che elaborano e/o ricordano a mente, se poi là fuori già le aziende e le agenzie stanno «truccando il gioco»? E le tesi? Già oggi probabilmente la maggior parte delle tesi «standard» sarebbero migliori se scritte dalla AI. Mi aspetto da un momento all’altro il primo scandalo della tesi scritta in questo modo.
Le opinioni che dicono «ah, ma il tocco umano si vede» non mi convincono. Mi sembra di vedere già i contenuti «umani» con un’etichetta sopra, in uno scaffale riservato modello riserva indiana, come fossero un salame DOP, solo che probabilmente – non sempre, anzi – il salame DOP fatto a mano è migliore di quello industriale, ma il testo forse no. Mi viene in mente il parallelismo con il cibo OGM: il problema non sarà tanto che fa male/bene, credo, ma che si concentra in poche mani la proprietà intellettuale a scopo di lucro.
(continua dopo lo sponsor)
In partnership con Talent Garden
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Nuovo giorno, nuovo lancio di prodotto sul mercato. E tutto rigorosamente digital, ovviamente. Il segreto per sopravvivere nei meandri di un settore come il Digital Marketing, che non si ferma mai, ma proprio mai?
Tre parole, ventiquattro caratteri: Digital Marketing Strategy.
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Attenzione al cliente: è l’unica persona che può avere l’ultima parola in merito al valore che stiamo generando per il mercato;
Attenzione al dato: essere data-driven, sempre. Il dato infatti non è altro che la voce del cliente su larga scala;
Obiettivi chiari, ma allo stesso tempo libertà di sperimentazione sul modo in cui vengono raggiunti;
Approccio multicanale e multidisciplinare: a volte le opportunità migliori arrivano da dipartimenti (prodotto, customer support, sales) che non per forza riguardano il digital marketing;
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C’è l’obiezione «ah be’ ma quello della AI è un contenuto generico, voglio vederlo a scrivere di contenuti di nicchia». Mmh, ho l’impressione che per lui o lei (la AI è donna?) sarà esattamente la stessa cosa. Si tratta probabilmente di imparare a fargli domande meno stupide o generiche di quelle che le/gli facciamo attualmente.
E ci sono quelli che dicono «be’ nemmeno i traduttori sono scomparsi, dopotutto». In effetti, ci ho pensato. Ne parlavo con un’amica che traduce, dicendo che il suo lavoro è più veloce, ma non è scomparso. Le persone vogliono parlare con una persona, anche se il lavoro di quella persona è fatto al 90% da AI. Io ho ribattuto: «Perché serve qualcuno a cui dare la colpa». «Anche».
Buona parte delle attività esterne di marketing serve per dare la colpa a qualcun altro, ma dare la colpa alle macchine non è la stessa cosa. Immaginate un marketing manager che dice che la colpa della campagna sbagliata è di CampaignGPT (non esiste, ma esisterà, già CDP, Google, Meta, il programmatic la usano abbondantemente sotto il cofano). La CEO lo guarda e dice: «Le macchine non sbagliano, è colpa tua!». Ora invece, immaginatelo dire: «Purtroppo l’agenzia ha sbagliato la creatività». «Ah be’ cambiamola».
C’è la questione delle fonti. Se la AI generativa si basa su quello che è stato scritto online e nei libri sul marketing, e non su quello che è stato fatto, be’, avremo grossi bias peccati originali: il mondo perfetto della case study, della certezza deterministica sulla statistica o l’entropia, l’omnipresente opinione interessata, l’innovazione che batte sempre la tradizione (perché più remunerativa), il content autocelebrativo dello strumento utilizzato da chi scrive. Certo, la maggior parte dei libri delle collane di marketing sarà tranquillamente auto-generabile, e non ne cambierà il livello di qualità.
Mi sono ricordato che qualche tempo fa lessi un libro che sosteneva, in sostanza, la tesi dell’«assumete quelli che scrivono meglio». Me lo ricordo probabilmente per il bias di ritenermi uno che scrive decentemente e quindi assolutamente sottovalutato ai colloqui orali. Ma tant’è. La domanda avrebbe un senso oggi? Ha senso scrivere? Sembra una battuta quando dico «ma io scrivo per me, mica per il pubblico». Non nego che ci sia soddisfazione quando vedo email di risposta o condivisioni (e condividete, perdiana!) ma in generale quello che consiglio – inascoltato, perlopiù – ai ragazzi allo IULM è di scrivere per se stessi. Leggevo nella newsletter di Valentina Aversano (non parla di marketing, per fortuna):
«Scrivo solo per sapere che cosa penso, che cosa guardo, che cosa vedo e che cosa questo significa. Che cosa voglio e che cosa temo». Perché scrivo, Joan Didion
Sembra romantico, e forse lo è. Ma questo tipo di scrittura, che non serve per gli altri, è insostituibile. E spesso, credo, scrivendo per se stessi si scrive qualcosa di diverso di quello che scriverebbe ChatGPT.
Questa è l’essenza, il punto limite del ragionamento.
Non dico che i brand dovrebbero tenere un blog come se fossero umani, non fraintendete: già abbiamo perso troppo tempo con i brand che devono essere persone umane, non lo saranno mai. La maggior parte dei contenuti di brand è pattume già oggi, e va benissimo che venga prodotto a costo marginale zero, magari migliora pure, magari possiamo usare questa abbondanza per tappare i buchi del customer journey. In fondo, abbiamo chiamato content un mix di parole e immagini che probabilmente non avrebbe meritato quell’appellativo, mentre abbiamo lasciato indietro quelle piccole informazioni utili, al momento giusto e nel posto giusto, che aiutano davvero le persone. SMS incomprensibili scritti da gente che parla solo lo slang di settore – bancario, telco, utilities – finalmente spazzati via da ChatGPT.
Per andare controcorrente, quest’anno mi sono iscritto a un corso di scrittura narrativa. La cosa più antieconomica che si possa fare nel 2023. In attesa, come i miei vicini di Italo, di farsi pagare senza fare un c…o, battendo la maledizione del costo marginale zero, osservando attentamente i lavoratori che fuori dall’università stanno facendo una pista ciclabile.
Il quiz
Qual è stato il prodotto più consegnato da Glovo nel 2022, cibo escluso?
a) elettronica b) preservativi e prodotti per l’igiene personale c) fiori
Cosa ho letto in settimana
Perché Netflix non è riuscita a distribuire la pubblicità che aveva già venduto, e quanto costa a CPM (spoiler, non poco).
L’era del mindset vincente, e come i guru del ce la possiamo fare tutti hanno invaso internet.
Il report Commerce Trend 2023 di Shopify.
Qualcuno ha dato i numeri di una campagna influencer su TikTok.
Alla prossima settimana!
Per commenti e osservazioni c’è la chat in app di Substack o il sempre comodo tasto reply.
@gluca
Grazie a Daniela Bollini per avere corretto la bozza, a Cristina Portolano per i separatori d’artista e a Talent Garden per il supporto.
Quiz: c) i fiori, romanticone e romanticoni.