Un ringraziamento speciale a Daniela Bollini per la correzione bozze a orari assurdi e pure mentre è in ferie.
Quell’ultimo flag
Il direttore marketing tornava con l’aria abbastanza sconsolata da un incontro senza preavviso con l’amministratore delegato. “Ma noi siamo in regola?” gli aveva detto senza troppi preamboli il semi-leggendario gloria vivente ma già pezzo della hall of fame dell’azienda, che aveva scalato dopo essere entrato come capo pasticcere 45 anni prima, mostrandogli uno screenshot di un’ads di Facebook in cui un famoso servizio di cookie banner paventava il rischio di multe da centinaia di migliaia di euro per i contravventori di questo “regolamento europeo”, naturalmente per chi non aderiva al servizio in questione.
“Ovviamente, sì, facciamo quello che ci dice l’avvocato”, aveva risposto.
Non era come parcheggiare dentro le strisce e mettere i soldi nel parchimetro. Da qualche anno l’essere in regola era soggetto a valutazioni incrociate, a interpretazioni contrapposte tra “tutto vietato” o “tutto consentito”. Differenti interpretazioni tra competitor erano circolate in una segreta chat Telegram, sentenze sulla privacy di paesi europei che nemmeno si ricordava fossero nell’Unione e che parevano estendersi come un’epidemia su tutti gli altri.
Intanto, ogni nuovo sistema – scovato per gestire al meglio la privacy degli utenti in un panorama caotico in cui questi ultimi potevano modificare i consensi in tempo reale dal sito, dalla app o in negozio, cancellarsi dalle mail perfino telefonando al call center mentre si lamentavano del nuovo packaging della merendina senza glutine – aveva un problema, era inevitabilmente in cloud, di un’azienda con sede quando andava bene nel Delaware, o peggio alle Bahamas, e con i server dematerializzati chissà dove. Il direttore marketing immaginava i dati degli utenti fluidi e impalpabili come plancton o come piccoli bit che, tipo mosaici digitali, componevano i profili delle centinaia di migliaia di clienti che azzannavano le sue brioche industriali. O ancora come l’avanti e indietro delle anguille tra il mar dei Sargassi e le valli di Comacchio, dove era nato lui.
Si era infine deciso per il “ce lo facciamo da soli in casa” (ovvero un accrocchio che approvato come provvisorio aveva l’aria di essere definitivo) che collegava in batch i database gestionali a un cluster di server Dell a basso costo, il cosiddetto middleware (non aveva mai avuto il coraggio di indagare), che girava negli italianissimi sottoscala dell’azienda (regno inaccessibile e un po’ misterioso dell’IT, su cui fiorivano leggende metropolitane come quella per cui alcuni dello staff, noleggiati da una multinazionale del software, non uscissero mai da lì, questione di privacy, appunto, e di Service Level Agreement).
Da lì uscivano le tanto attese estrazioni delle liste email dei clienti per l’invio della newsletter, richieste all’IT rispettando “l’adeguato anticipo richiesto”, paragonabile alla prenotazione di una visita dermatologica dell’ASL, attraverso un essenziale e un po’ respingente sistema di ticketing che impediva qualsiasi contatto umano o supplica. I Dell pushavano i dati verso un fornitore polacco di email (c’era da fidarsi dei polacchi, si chiedeva? Ma forse era un bias razzista) che avevano in realtà il call center in Romania (e sospettava che non fosse l’ultimo della catena reale), che alla fine spediva la tanto amata newsletter. E che inviava, che non si sapesse troppo in giro, anche la mail di recupero carrello, che non era forse però consensata, ma si era rinunciato a spiegare il funzionamento incrociato tra cookie di prima parte e CRM al legale. Anche perché il regolamento spiega che per mandare una innocua newsletter esperienziale serve un doppio (aveva sventato il triplo, era uscito a pugni alzati dalla riunione) consenso. Per mandare una mail ai tuoi clienti, basta invece che abbiano tirato fuori la carta di credito una volta, liberi tutti. Vai a capire questa roba.
Quiz
La maggior parte dei clienti desidera che tutte le loro interazioni con un brand siano personalizzate. Secondo la ricerca Gartner Customer Service and Support Survey del 2022, il xx% dei clienti B2C si aspettano che le aziende siano ben informate delle loro informazioni personali durante un'interazione.
Quanto è xx? a) 63% b) 71% c) 89%
E le mail: uguali per tutti, perché ormai da tempo aveva rinunciato a combattere per capire se e chi, tra i clienti, poteva essere profilato e come. O meglio, poteva essere profilato individualmente. Alcuni clienti potevano essere profilati, ma non erano “consensati” per l’invio di comunicazioni. Chissà perché. Altri erano viceversa: e si lamentavano che “queste mail non contengono niente di interessante” o che le push notification, inviate da un service maltese, non fossero personalizzate. Altri, burloni, avevano espresso il consenso all’invio di messaggi, ma nel database non c’era né numero di telefono, né email.
Non era ancora passato un mese dall’ultima riunione di otto ore sulle quattro (o si era deciso per cinque, per essere più sicuri?) spunte privacy (i flag!) con cui i prospect e clienti, a sentire i legali ma anche l’AD facciamo-le-cose-per-bene, avrebbero deciso se affidare o no all’azienda quel cavolo di indirizzo email e la possibilità di fare un minimo di custom audience sui social. Il tutto, lo sapeva, il cliente lo guardava in meno di tre secondi, il tempo di visualizzazione di quella landing page. Ma chissà per quanto ancora lo avrebbe potuto misurare: il sistema di analisi delle statistiche era considerato illegale in Irlanda, ma c’era il tacito consenso in azienda che su quello valeva il metodo Fight Club. Prima regola, ecc. Aspettavano il decreto del garante di Cipro o quello di Malta, molto più malleabili, si raccontava in altri gruppi chiusi dalla scarsa valenza giuridica. “Biden ha già la penna in mano per accontentare la UE”, giuravano i sedicenti ben informati.
Seduto alla scrivania aspettava una mail che sarebbe stata il punto di svolta: l’agenzia di promotion aveva calcolato che, con un misero euro di coupon scaricabile online o da app in giro per la Rete associato alla possibilità di vincere una Mini Country, decine di migliaia di consumatori avrebbero dato un consenso plenario, un condono tombale, e accettato anche cinque spunte. Accontentiamoci, facciamo quattro, pensava tra sé e sé, mentre immaginava come fosse l’inferno per i marketer.
[Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale]
Negozianti
Com’è il tardo impero del poke? Io credo che sia più o meno così.
Sulla privacy, seriamente
Per rimanere in tema di marketing e privacy, a BTO ho moderato un panel molto serio ma animato su questi argomenti. Sono intervenuti Guido Scorza, il Garante italiano della Privacy, Isabella Mazzeo di Google, Massimo Fubini, general manager di MailUp+Contactlab, e Chiara Leoni, Associate in Baker McKenzie. Quattro punti in sintesi:
Guido Scorza: la normativa non è anti-marketing, prevede che i dati, in quanto valore e ricchezza, debbano circolare. Sicuramente una buona gestione della privacy aumenta la reputazione delle aziende.
Chiara Leoni: la gestione del dato e della privacy va pensata assieme ai processi e ai servizi dei brand, non all’ultimo momento. No al check delle spunte last minute, sì al co-design tra tech, marketing e legal.
Massimo Fubini: la tecnologia aiuta by design, a volte più delle norme, a rispettare la privacy. Non sempre la massima personalizzazione è data da un elevato numero di dati personali. A volte il contesto, il momento è il punto chiave della personalizzazione, ed è meno “intrusivo”.
Isabella Mazzeo: cambiare la prospettiva, da tracciamento dei singoli via cookie di terza parte a modelli di valutazione del ROI dell’ads che aggregano i dati degli utenti. Passaggio da modello opaco di classificazione degli interessi a modello trasparente e gestibile dall’utente, Google propone le Topics API.
That’s all folks!
Come sempre, se ti è piaciuta, inoltrala a chi è intrappolato nella morsa dei flag.
Alla prossima settimana,
gluca
Risposta b), il 71% si aspetta interazioni personalizzate — immagino attraverso la magia, visto che non ci ha lasciato nessun dato per farlo.