Questa lettera è dedicata al nostro amico Bernhard. Ci manchi, BB.
Sono al supermercato AlphaMega e mentre apprezzo l’abolizione dell’ipocrita guantino di plastica dal reparto ortofrutta e il fatto che l’omino ti pesi lui la verdura (questo l’ho visto anche in Italia, ma mai in Emilia), e nell’aria suona un “Josephine, I send you all my love”, mi immergo in questo mix di cibo greco, mediorientale e un tocco di cringe tutto britannico. C’è la corsia di yogurt e feta, ma anche quella del tè, e una sfilza di hummus con più gusti degli Oreo. Cipro è come la Grecia, se la Grecia fosse stata costruita in Cina, direi parafrasando un dei miei standup comedian preferiti. Ci sono un tempio, un castello dei crociati – eheh, avete scelto il periodo sbagliato, foste venuti ora vi avrebbero dato la cittadinanza senza fare troppe storie – una chiesa che sembra una moschea ben mascherata. Le chiese: sono tutte nuovissime, come se il Vaticano avesse fatto un decreto 110%. Non capisco se sono nuove o rimesse a nuovo, posto che faccia davvero differenza. Perché tutto qui assomiglia a un aldilà laico dell’operatore edile: case in costruzione, strade in costruzione, palazzi in costruzione. Il castello dei crociati è finito in un quartiere di villette, e mentre mi fermo a fotografare un portale con simboli araldici un pickup mi suona il clacson. Ok, turista, vai però che qua bisogna costruire. E pensa: guarda questo che non capisce che quello scudo di pietra ce l’ha messo mio nonno per portare i turisti alla locanda di fianco. Sono riuscito a imparare la guida a sinistra in una settimana: tutto è una convenzione, le cose possono funzionare anche al contrario, anche se all’inizio ti sembrano tutti pronti a ucciderti con il loro pickup rinforzati con barre anti-mucca, anche se non ne ho vista una. In fondo è facile: Keo è la marca della birra, Eko (nomen omen) quella della benzina. Il più è orientarsi quando a un certo punto il GPS – Google, Apple o Maps.me non importa – ti teletrasporta all’aeroporto di Beirut, e i tuoi parenti se geotagghi le storie di Instagram poi si preoccupano. Niente paura, pare sia “un’influenza della guerra” dicono i siti locali – vale a dire qualcuno al Mossad si sta divertendo a ingannare gli ingenui satellitini europei. La guerra, poi, qui non esiste, almeno, da turista sembra a 20.000 chilometri anziché a 500, meglio non pensare che è la stessa acqua di Gaza, del resto anche quella di Taormina è più o meno la stessa della costa libica. Del resto, paiono dire (è un mio pensiero in realtà, non capisco una parola di greco) noi abbiamo già dato, e prima contro i turchi, e poi gli inglesi, che si sono tenuti alcune basi con territorio attorno (anche se hanno avuto la bontà di non indicare il confine da nessuna parte) tanto per credere di essere ancora una vera potenza, e poi di nuovo ‘sti turchi che si sono fatti una repubblichetta per conto loro e che piace solo a loro, ma per i turisti è comunque un’attrazione: visitate gli anni Ottanta! Perché qui invece piace sentire di appartenere alla grande madre Grecia, nostalgia di un passato che non è mai avvenuto. E allora mettila la bandiera bianco e blu con righe e croce di ordinanza. Però hanno dimenticato il bianco e il blu delle casette delle isole che tanto incantano i turisti europei che si pestano i piedi nelle stradine di Mikonos come la nostra Chiaretta nazionale. A loro piacciono le costruzioni casuali: un cubo, un grattacielo appositamente storto, un altro che sembra la base di Spazio 1999 ma in verticale. Dopo la catastrofe climatica, verremo qui a vedere i resti come oggi si va al Partenone. Mi sono fatto l’idea che qui ci sia una faglia, non tanto quella etnica-culturale tra Europa, Turchia e Oriente vario, quanto tra i soldi dei russi, la tecnologia israeliana e il placido capitalismo europeo, che serve più che altro come confortevole campo di padel per gli altri. La faglia provoca terremoti: a un certo punto lo sfregamento si deve sfogare da qualche parte. Nei terremoti tradizionali le case le butta giù, qua le tira su.
Buon fine agosto, ci si sente quanto ci si sente.
gluca