Seconda edizione della versione estiva-ridotta della Lettera e anche oggi la newsletter si trasforma in un mini-racconto: stavolta più distopico. Ne sono sicuro: Philip Dick avrebbe scritto di marketing, oggi.
PS: prossima settimana la lettera è in ferie, si torna ad agosto.
L'ultimo marketer sulla Terra
— Dottor Marco, c’è una persona per lei al telefono.
Al telefono non chiamava più nessuno, quindi poteva essere Lui. Lui aveva un personale altarino di A4 dedicato nell’ufficio marketing. Fotografia, profili social, Lui col cane, Lui con figli, Lui sul camper, eccetera. I suoi migliori post su Facegram. Le sue mail al supporto clienti. I suoi innumerevoli tentativi di parlare con “chi si occupa del…”.
— Dica che sono in riunione, Giorgio.
Non c’era più nessuna riunione da mesi, ovviamente. L’ultima risorsa umana dell’ufficio marketing se n’era andata sei mesi prima. Altri nel 2029 erano stati riallocati, ma la maggior parte nel 2028 era sta licenziata e basta. Avevano creato un gruppo Facegram di protesta che veniva monitorato anch’esso dal Sistema.
Prima era toccato al customer care: alla fine gli assistenti vocali erano risultati più efficienti e instancabili perfino delle persone assiepate nelle cosiddette colonie extramondo in Romania. I clienti non riuscivano comunque più a distinguere se stavano parlando con una voce sintetica o con la voce umana (c’era davvero differenza in realtà? Non aveva una risposta). E comunque non gli interessava, erano anzi contenti che anche alle 3:42 del mattino qualcuno rispondesse al telefono. Del resto, anche i clienti più sgamati usavano bot che simulavano al loro posto una telefonata al servizio clienti. Anche le risposte alle mail e alla chat erano indistinguibili: l’ultima versione della AI inseriva emoji, rari errori di ortografia e ogni tanto quattro puntini a caso, a seconda del livello di alfabetizzazione del cliente, per dare un tocco umano, che dai sondaggi automatizzati erano risultati aumentare e non diminuire il tasso di soddisfazione, monitorato in tempo reale (non c’era davvero bisogno che un umano guardasse il tasso, ma era stato molto scenografico proiettarlo in ufficio, finché c’era stato qualcuno a guardarlo, a parte lui). In ogni caso, il Sistema prendeva le domande dei clienti (o dei loro bot) e creava video tutorial sincopati che avevano molto successo su YouTube, con protagonista Linda. Linda non esiste davvero, ovviamente, è creata dal Sistema.
Poi era stato il turno del buying: il targeting era stato completamente automatizzato. Il Sistema comprava da Facegram, da Amazon e da Alphabet direttamente, o scambiava visualizzazioni come i grid elettrici degli anni 20. I dati di acquisto affluivano, si mescolavano con i dati di comportamento in negozio e online, attribuivano le conversioni algoritmicamente, incorporava le ricerche su Alphabet e il Sistema adeguava automaticamente il Media Mix e le audience. Geolocalizzava, spegneva spot in connected-TV, accendeva annunci digital-radio, aumentava Facegram, spediva email e iMessage/Whatsmessenger, cambiava le keyword (no, aspettava, ragionava, le keyword erano deprecate dal 2025), cambiava “le intenzioni suggerite” di acquisto e ricerca, personalizzava app, siti e marketplace a seconda del consumatore, alzava la spesa pubblicitaria sui prodotti in cui la spesa dava il risultato di uplift migliore, scartava automaticamente i prodotti senza speranza, che poi sparivano persino dai superstiti negozi nottetempo tramite piccoli carrelli automatici che dalle 24 alle 8 rimettevano in stock, cambiavano prezzi e disposizione, mentre dai marketplace la sostituzione era in real time, e il Sistema ne bloccava acquisti, produzione e trasporto.
I dati non erano più un problema: un indice calcolava in tempo reale quanto valeva un potenziale cliente, e per quanto reward era disposto a cedere l’uso dei suoi dati, e in caso che il rapporto fosse soddisfacente, il coupon di benvenuto si autopersonalizzava a 1 centesimo in più del reward atteso. Ognuno aveva un prezzo, e il Sistema lo sapeva calcolare bene.
L’agenzia creativa e i content e social media manager erano stati solo sfiorati dal Sistema, all’inizio. In fondo l’engagement era importante, la purpose dell’azienda era Human to Human, Save the Planet, ecc. Serviva produrre contenuti empatici e il Sistema aveva appena creato una piccola crisi social come esperimento (imparando la prima lezione, non sopravvalutare le crisi social). Mica eravamo un supermercato anonimo degli anni 10. Eppure i test con una creazione algoritmica di video, banner, messaggi aveva cominciato a decretare prima del previsto quello che lui temeva. Il Sistema aveva capito meglio di tutti quali contenuti vendevano, quali contenuti interessavano, quali emozionavano. Le persone erano prevedibili, e l’algoritmo non sbagliava, lavorava 24 ore su 24 (quasi come l’agenzia creativa, ma costava meno) ma non necessitava più di brief, riunioni, pitch. I video cambiavano in tempo reale, si aggiustavano in ritmo e lunghezza a seconda di quello che le persone guardavano, ma soprattutto compravano (se cliccavano su prodotto sostenibile ma poi compravano il prezzo più basso, l’informazione veniva monitorata). In molti casi non erano davvero più le persone a comprare: alcune app con un minimo canone annuale acquistavano ogni cosa per nome e per conto del cliente, ed erano molto affidabili: la lista della spesa manuale era ormai usata solo da pochi anziani irriducibili. Qualcuno, online, aveva messo in giro che i sistemi di acquisto e di vendita fossero in realtà complici, ma la tesi non era ovviamente vera.
Come un infaticabile alchimista, il Sistema inseriva messaggi ad hoc al momento giusto (e migliorava sempre la precisione, da quando cinque anni prima era stata introdotta): all’uscita dal lavoro per chi andava ancora in ufficio, al momento di fine Zoom per gli altri, dopo una corsa (la fame era risultata un fattore importante nella conversione dell’alimentare) e ne evidenziava il fattore 100% made in Italy ad alcuni, la sostenibilità del packaging per altri, abbassava il prezzo alla fascia dei cacciatori di sconti.
Anche gli influencer erano parte del Sistema, che sceglieva quali dei loro contenuti sponsorizzare, su quali audience, quanto pagare a seconda del Tasso Globale di Conversione. All’inizio qualcuno si era ribellato, ma poi non c’era stato più nessun interlocutore a cui far sentire rimostranze: o eri fornitore di contenuti e audience dentro il Sistema, o diventavi imprenditore a brand proprio, ma anche in quel caso il Sistema sceglieva se vendere o no il prodotto dell’influencer. Se il Sistema non ti controllava lato buying, ti controllava lato prodotto. La maggior parte era contenta del Sistema, comunque, del resto grazie a una API di Facegram, anche i finti follower erano una pratica ormai sorpassata, come la compravendita dei link degli anni 10 (ricordava con nostalgia la contrattazione via email –VIA EMAIL, incredibile).
– No, Giorgio, ho cambiato idea, passamelo.
Era davvero Lui.
– Parlo con l’ufficio marketing?
– Sì. (se esistesse ancora, pensava)
– Non trovavo mai nessuno. Vorrei capire perché spostate continuamente il sugo pronto con i capperi. Non riesco mai a trovarlo. E poi il barattolo? Perché non è più rosso?
Avrebbe voluto spiegargli molte cose, a Lui. Il Sistema, che aveva realizzato che quasi nessuno voleva più quel sugo pronto, e soprattutto che il rosso non convertiva, e che il punteggio predittivo lo aveva classificato come cliente marginale e trascurabile. Ma soprattutto che appartenevano entrambi a un mondo che di lì a qualche anno non avrebbe avuto memoria del marketing, dei focus group, dei set degli spot, delle premiazioni, dei powerpoint. Erano gli ultimi sopravvissuti, e avrebbe voluto raccontargli di come dieci anni fa lui non sapeva di come quel sugo sarebbe stato l’ultimo creato interamente da un umano. Comunque, dal giorno dopo avrebbe avuto il tempo per farlo.
Il libro ispiratore
Questo piccolo racconto è ispirato dalla lettura di Marketing Aumentato di Vincenzo Cosenza, che vi raccomando caldamente. Fa meno paura, ed è uno spaccato su cosa ci rimarrà da fare a noi marketer. TLDR: fare domande.
Link della settimana
Un mio articolo su LAI, il nuovo hub di SAS con contributi di esperti su dati + marketing. Siamo nella tempesta perfetta del marketing: quali trend dobbiamo tenere d’occhio e quali domande ci dobbiamo fare per guidare un marketing rilevante nell’ecosistema di oggi? L’articolo nasce da un incontro privato con una dozzina di marketing manager di grandi aziende, e c’è anche una infografica.
Il PDF Report 2021 sullo stato dell’ecommerce italiano, rilasciato per i membri da Internet Retailing
ICYMI: sto lavorando intensamente per la scuola Digital Update, in cui continuiamo a selezionare candidate e candidati per il nostro percorso annuale che parte a fine settembre. L’idea è fornire competenze, connessioni, esperienze direttamente dal fronte, a persone che devono essere in grado di guidare operativamente una strategia digitale, attraverso un modello più snello, comodo e interattivo di un tradizionale master in presenza, ma più intimo e curato di un master online di massa, e soprattutto con un’intenso collaborazione tra studenti, docenti e un prestigioso comitato scientifico.
Fino a fine luglio (o esaurimento posti) la scuola è in early birds, con 500 euro di sconto sulla quota di iscrizione.
Negozianti connessi
That’s all folks!
Al solito: inoltra la mail in ufficio o in smartworking o in spiaggia, se ti è piaciuta.
In astinenza fino a venerdì prossimo? Ci sono le stories dadaiste (cit.), quasi ogni giorno.
xxx, gluca
“Le attività noiose diventano perversamente molto meno noiose se ci si concentra molto su di esse” - David Foster Wallace
Se sei nuovə qui, sono Gianluca Diegoli e mi occupo di consulenza su strategia di marketing e di vendita digitale, (e)commerce e D2C.
Bocconiano anomalo, proud generation X member, smontatore di panacee.
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Ho scritto qualche libro, ma l’ultimo (Svuota il Carrello) è quello che mi rappresenta di più. Insegno in IULM e in Master.
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Ho co-fondato Digital Update e con altre due tipe più smart di me ho avuto l’idea del primo FreelanceCamp.
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