[È venerdì] L’AI è la regina del Mediocristan
Un percorso tra Taleb, dietista, gioconda e anche Carver
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È meno pop delle precedenti, se abbandonate prima della fine vi perdono.
Qualche giorno fa ero a Ferrara, e c’era la Mille Miglia Storica: per me un’assurda e anacronistica colonna di mezzi puzzolenti e rumorosi. Ma sono rimasto incantato dalle persone (anche giovani!) che guardavano (o guidavano, con selfie inclusi davanti alla cattedrale) questi rottami lucidi con aria sognante. Avrei voluto fermarmi a parlare con loro per cercare di capire, ma mi aspettava il tradizionale concerto di Vasco Brondi nel cortile del Castello Estense.
Da oggi il quiz della settimana si sposta direttamente qui:
Qual è la previsione di fatturato per il 2023 delle app di fitness in Italia?
a) 56 milioni di dollari b) 183 milioni c) 253 milioni
Risposta alla fine come al solito.
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L’AI è la regina del Mediocristan
Sto partendo in auto per andare dalla dietista (dietologa? nutrizionista? non so quale è il termine più adatto). Mentre aspetto incollo dalle Note dell’iPhone su Chat GPT la lista delle cose che ho mangiato nella passata settimana (è una specifica richiesta della dietista/dietologa/ecc.), e gli chiedo (a Chat GPT) di calcolarmi le calorie totali che ho ingerito, giorno per giorno e totale. Gli dico di considerare delle porzioni medie, ove non specificato. Il lavoro che ne esce è straordinariamente buono, anche con gli occhi disincantati del 2023, e immagino questo metodo come molto più comodo rispetto a pagare app come Lifesum e simili, che peraltro non mi hanno fatto perdere un chilo in anni di utilizzo – ma sicuramente ore di vita a cercare di capire quanto pane avevo mangiato o quel ragù quante calorie aveva. Per correttezza, ammetto che mai avevo pagato per accedere alle diete varie proposte come piano premium, quindi chissà. Le porzioni medie, però, forse non sono le mie standard. Gli dico di usare “porzioni abbondanti”. Ecco, ora ci avviciniamo al risultato reale, plausibile. Il numero di calorie ottenuto è probabilmente in una forchetta di errore accettabile. Il tutto in dieci secondi.
Eccomi dalla dietista: avverto un rovesciamento di ruoli. Io che vado da una consulente, portandomi dietro ovviamente il bias del nerd che pensa “se non ce l’ha fatta la app, figurati un’umana” (dotata dunque di potenza di calcolo più ridotta). E mentre mi preparo per salire sulla fatidica bilancia, ci trovo analogie con il travaglio di tutti, di questi giorni. Di tutti quelli che fanno lavori che non comportano spostamento di atomi in quantità rilevante, almeno.
Sono giorni che mi interrogo – tra una caloria e l’altra – sul confine che si fisserà (se si fisserà un confine) dopo che “la rotta del fronte” causata da ChatGPT ha sconvolto la maggior parte dei lavori di frontiera, quelli che erano già “a rischio” – scrittura, creatività, traduzione, ecc. E sul fatto che, come si studia in economia, non basta essere dentro a un mercato per esserne influenzati. Nel suo famoso modello a 5 forze, Porter indica che i potenziali entranti hanno un effettivo potere sulla competizione esistente tra i competitor effettivi. La teoria dei mercati contendibili è un’altra teoria aziendale in cui si descrive un mercato con pochi concorrenti (attuali) ma un’alta minaccia di ingresso. Di conseguenza, gli attori in questo mercato tendono ad essere competitivi, cioè ad agire come se ci fosse concorrenza. Anche se quel se non si è ancora verificato e potrebbe non verificarsi mai. Oggi la AI – non solo ChatGPT e il resto della banda, ma anche quello che agisce lontano dai riflettori, come ottimizzazioni varie di risorse attraverso il machine learning (dagli addetti alla pianificazione di magazzino e spedizioni alla scelta di cosa mettere in vendita in uno scaffale) – è un potenziale entrante ovunque.
Cioè, non serve che il tuo lavoro (sia tu un’azienda o un dipendente o un freelance) sia direttamente competitor e quindi nello stesso “mercato” con l’AI, cioè che faccia il tuo stesso lavoro attuale, basta che sia potenzialmente influente per costringerti a scegliere tra mosse – parla sempre l’economista in me – che alla fine si coagulano invariabilmente in due categorie:
abbassare i prezzi (ma il costo marginale dell’AI è (o sarà) quasi zero, quindi il gioco è a perdere;
aumentare il valore (ma per farlo si dovrà cambiare, spesso, target/modello/entrambi, perché quel valore aggiunto non è detto sia apprezzato da chi cerca il prezzo migliore, o dai clienti passati).
L’incertezza e l’iper-accelerazione attuale rendono la linea del fronte della AI instabile, e mobile in più direzioni. Tutto è contendibile, potenzialmente. E potenzialmente niente lo è. Perché l’umanità è pronta (potrebbe/dovrebbe esserlo) a cambiare le regole del gioco, non a giocare a quelle imposte dalla AI. Quali? Ho alcune idee, ancora piuttosto confuse, devo ammetterlo.
Nel libro Il cigno nero di Nassim Nicholas Taleb, il concetto di "estremistan" si riferisce a un tipo di sistema in cui gli eventi estremi hanno un impatto significativo e imprevedibile. Taleb contrappone questo concetto a quello di "mediocristan", in cui gli eventi estremi hanno un'influenza trascurabile. Il commercialista vive nel mediocristan, e pure io, mentre Fedez nell’estremistan. Secondo Taleb, ci sono due tipi di distribuzioni statistiche: la distribuzione normale (o gaussiana) e la distribuzione estrema (o "coda grassa"). Nel mediocristan, gli eventi seguono una distribuzione normale, il che significa che le deviazioni estreme dalla media sono rare e hanno un impatto trascurabile sull'intero sistema.
Ora, la AI è completamente un prodotto del mediocristan, della curva a campana, della gaussiana. Anche quando le chiediamo di scrivere con lo stile di Hunter S. Thompson in Paura e Delirio a Las Vegas, essa si comporta come un prudente editor che deve scrivere un libro apocrifo, ha scritto la mia newsletter di martech (!) preferita.
L’avrete vista in giro, è il piumino del papa parte 2. La Gioconda “completata” è tanto virale quanto inutile e fondamentalmente “non artistica”.
Ecco la mia idea confusa: la realtà, le invenzioni, l’arte, ma anche i silvii berlusconii, quell’unica startup chiamata Google sopravvissuta tra 100, perfino i disastri naturali sono spesso prodotti dall’estremistan. E sono quelli che poi plasmano più spesso e con decisione la realtà come la vediamo.
Parte dell’impalcatura dell’estremistan è il fermarsi prima, il vuoto, il non detto, il taglio: nell’articolo sulla Gioconda “aumentata”, Elizabeth Lopatto scrive:
I feel a little insane typing this because it is so incredibly obvious, but I guess it needs to be said: part of creativity is knowing when to stop.
Se la AI può scrivere un saggio infinito, andando avanti per sempre, o allargare lo sfondo di un quadro all’infinito, scegliendo come riempirlo con pixel gaussiani da mediocristan, questo non è un plus, è un minus. Adesso in quello sfondo ci vediamo la meraviglia, domani vedremo una banale catena di montaggio, eccitante come vedere passare delle piastrelle su di un nastro in una fabbrica di Sassuolo.
Ancora sul sapere dove tagliare, da The Art of Compression:
In Matthews’s view, the short story is defined by its originality, ingenuity, and, above all, “vigorous compression.” On the last point, Matthews stressed that every word matters in the short story in contrast to the novelist’s freedom to digress.
Mi cullo nel pensiero (forse wishful thinking) che l’AI possa scrivere un romanzo, ma non un racconto (vero).
In Come scrivere un racconto: un libro di narrativa, Gordon Lish, noto soprattutto come editor di Carver, inizia così l’analisi/racconto chiamato “come scrivere un romanzo”.
Prima di tutto assicuratevi di avere abbastanza tempo. È fondamentale che abbiate abbastanza tempo per inventare ogni cosa. Per quanto mi riguarda, non ho tempo da perdere in cose del genere.
La AI ha tutto il tempo, noi no.
Dall’introduzione italiana dello stesso libro, di Francesco Guglieri:
D.T. Max scopre che alcuni racconti (di Carver, ndr), come “Il signor Aggiustatutto e le macchinette del caffè”, sono tagliati del settanta per cento, altri «solo» di un terzo, altri ancora con intere parti riscritte. Molti hanno il finale tranciato di netto: quel senso di sospensione dolente, di possibilità aperta, ma anche di tragedia incombente così grande che non ci sono parole adatte a raccontarla [sono opera dell’editor di Carver, Lish, e dei suoi tagli “insensati”]
Quale AI avrebbe osato farlo? Statisticamente non si può migliorare qualcosa togliendo il 70%, e invece sì.
Altra parte fondante dell’estremistan è il sensato improbabile, quello che non sappiamo di non sapere, da non confondere con il probabile insensato delle allucinazioni della AI. Quelli sono errori da calcolo delle probabilità: come i possibili nomi dei figli di Silvio Berlusconi.
La realtà è costruita/composta da narrazioni improbabili. Ed è l’improbabilità in purezza che è stata chiesta dagli sceneggiatori di Netflix alla AI. Ma questa finisce per produrre un’improbabilità probabilizzata, non so come dirlo meglio. Cosa c’è di più distopico di “Black Mirror” su cui lavorare? Eppure la AI non riesce a immaginarlo davvero, il distopico. Può darsi che ci sia un bias sindacale nella seguente dichiarazione, ma dopo avere provato anche io alcune cosette letterarie, penso sia plausibile.
He asked it to write an episode of “Black Mirror,” which seems itself like the beginning of an episode of “Black Mirror,” until: “It comes up with something that, at first glance, reads plausibly, but on second glance, is shit,” he said. “Because all it’s done is look up all the synopses of ‘Black Mirror’ episodes, and sort of mush them together. Then if you dig a bit more deeply you go, ‘Oh, there’s not actually any real original thought here.’
Samuele Bersani la direbbe così: “Sei solo la copia di mille riassunti”.
Il problema è che se la realtà viene plasmata dai cigni neri, la maggior parte delle persone e dei brand oggi vive nell’estremistan. Nei prossimi mesi, ognuno di noi dovrà capire se si trova nel mercato della AI, o nel mercato contendibile dalla AI, e capire se c’è un gioco al quale la AI non riesce a giocare, tra le pieghe viste di improbabilità, riduzione e coda grassa.
La normalità diventerà una wasteland? Per raccontare The Waste Land servirà comunque T. S. Eliot, ma non potrà essere un lavoro per migliaia di persone. Per farti dimagrire servirà qualcuno di cui avere paura (o paura di deludere), non solo il frattale dei tuoi carboidrati, ma forse molti ce la faranno anche solo con la app. Non so se ci sarà spazio per tutti, ai bordi della campana di probabilità, questo è il problema della AI. Forse però, come diceva Nassim Taleb (mi perdoni iddio per la semplificazione), la gaussiana è sopravvalutata.
Link e video della settimana
UNA - Aziende della Comunicazione Unite e Paolo Pascolo mi hanno intervistato sul presente e futuro dell’e-commerce e zone limitrofe.
Per GS1 e il loro magazine Tendenzeonline ho scritto un articolo su ecommerce e prodotti di largo consumo, dopo aver partecipato a Netcomm e Linkontro.
That’s all folks!
Grazie di aver letto fin qua. Grazie di nuovo a monday e OpenSymbol per il supporto.
Per commenti, negozianti geniali, dubbi aziendali o sponsorizzazioni basta rispondere a questa mail – e sì, rispondo a tutte le mail.
ciao, gluca
Grazie a Daniela Bollini per avere corretto la bozza (eventuali typo sono miei, aggiunti dopo) e a Cristina Portolano per i separatori d’artista.
Quiz: b) il fatturato nel segmento delle app per il fitness in Italia dovrebbe raggiungere i 183,2 milioni di dollari nel 2023 secondo Statista.