Questa edizione della newsletter esce grazie al supporto di Up2You, che ha deciso di fare una content-ads originale. Scorrete per vederla, se vi occupate di sostenibilità in azienda – ma anche se no.
Avete notato come i volantini anti-covid nei bagni e negli uffici siano resilienti e come lo scotch sia resistente? È un caso di pigrizia, “non si sa mai”, “male non fa” e “non sta a me toglierlo” che sarebbe da studiare nella psicologia sociale.
Amarcord test: se hai collegato il nuovo header sopra a qualcosa, dimmelo.
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Sto usando Substack Notes, una specie di Twitter dove metterò spunti più brevi ma sempre inerenti ai temi di questa newsletter, come suggerisce di fare
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I rischi dell’idea originale
Qualcuno di voi saprà che Tupperware (d’ora in poi TW) è in gravi difficoltà economiche, e che ogni business school è in apprensione perché dovrà modificare le slide che erano lì da 20 anni a spiegare il successo di un’azienda, che tramite l’innovazione di prodotto, il passaparola e una forma di distribuzione commerciale low-cost/high-impact che sfiorava il multilevel marketing senza però sconfinare nel suo lato oscuro in cui freghi i tuoi amici più cari era riuscita a diventare un moloch da miliardi di fatturato annuo. Se siete troppo giovani, beati voi, qui c’è un ripassone.
Ma prima, un racconto personale collegato. Ero un bambino emiliano, cresciuto in una famiglia, contrariamente al TV-generated stereotipo sull’Emilia, non particolarmente attaccata alla cucina, tradizionale o no. O meglio, la madre non è una grande cuoca, ecco. (Scusa mamma, niente di personale). Abbiamo avuto il primo microonde del quartiere, probabilmente, quando i no-micro imperversavano peggio dei no-vax. Da me si fermava Bofrost (ma il mio reportage scandalo di qualche anno fa l’avete letto? Mi arrivarono mail minacciose di venditori e mi chiamò per precisazioni perfino la direzione marketing – mai più) quando ancora nessuno sapeva cosa fosse quel camioncino esotico. Tutto questo mi ha reso cibo-repellente a qualunque mensa aziendale o universitaria. Lo scambio tipo:
“Com’è la pasta oggi, Gianluca?”
“Buona”
“Eh, vabbe’”.
Ho mangiato non so cosa in una mensa universitaria a Long Island, una sedicente pizza al taglio a Cuba, uno spiedino rimasto sul fornello dopo un temporale in campeggio. Perfino in Barilla mi eliminarono subito dal gruppo di test perché mangiavo tutto e mi piaceva tutto. Insomma, avete capito.
Ora, cosa può succedere in una famiglia non-culinaria dalle basse aspettative quando il cibo avanzato non deve più essere messo in confezioni plastiche di stracchino usate o abbandonate in frigo in un angolo? Con i TW cambia tutto. La filiera diventa corta: “spinacio congelato a cubetti, portato a tavola a cubetti, e reinserito in TW ancora a cubetti.” Il frigo si trasforma una specie di archivio delle ultime due settimane.
C’è un ma. Poteva essere una famiglia in cui si alternava in modo random il prosciutto più costoso della Coop con orrendo vino della Lidl (o viceversa) il target ideale per comprare i veri TW? Assolutamente no. L’imitazione dei TW era ovunque, tant’è che mi chiedo come TW abbia potuto continuare a vendere gli originali, più performanti, ma anche più costosi e alla fine meno facili da reperire. Cioè lo so, è lo stesso motivo per cui le ONG ci chiedono ancora soldi di persona. Ma la persuasione alta in presenza serve poco se portare in presenza le prospect costa tanto. Ma non saltiamo alle conclusioni subito.
La parabola di TW è davvero da business school: prodotto innovativo, marchio registrato, brevetto. Come per tutti i prodotti innovativi, e soprattutto quando non c’erano Google, i social, le recensioni, la gente non si fida mica tanto, e come al solito i rivenditori sono più tradizionalisti dei consumatori e non ne volevano sapere di questa invenzione demoniaca. Allora TW si inventa la vendita tramite i party, dove si tocca con mano il prodotto, e si acquista/vende direttamente. Un passaparola amicale, sostenuto da un po’ di soldi che non fanno mai male.
Ma i tempi cambiano, e spesso le aziende, chiuse in sé stesse, non se ne accorgono. Cercano la performance, la massima qualità, “la chiusura più ermetica che c’è”, quando alle persone serve solo salvare quel pezzo di caciotta per due giorni. Cominciano a dire “siamo noi l’originale, diffidate delle imitazioni!”: questo è sempre il primo passo verso il baratro, fateci caso. Come se alle persone importasse qual è l’originale. (L’obiezione “e la Settimana Enigmistica?” non vale).
Il brevetto spesso è un falso amico. Pensi di essere protetto e finisci per non capire più il mondo. Nel mondo dell’online, quasi nulla è brevettabile. Ogni startup sa che potrà essere copiata, e si prepara in anticipo. TW no, come altri.
A volte anche l’adorazione per la propria materia prima è un danno: se produco mobili di legno massello, considero una bestemmia farli in impiallacciato. Finché qualcuno non li fa e ti ruba parte del mercato. TW è di plastica. Ma nel frattempo la plastica è tabù, per quanto il 90% della plastica dispersa e dannosa venga da contenitori di bevande gassate, all’incirca. E i contenitori cool ora sono di vetro.
Il Covid ha dato il colpo di grazia al sistema dei sales house party, che era comunque già in declino perfino nella Gen X, per non parlare dei millennial, che piuttosto che partecipare a una dimostrazione con estranei li comprerebbero usati, come succede spesso con il Bimby. In più, Vendere non è più cool, è da boomer. Le aziende non trovano venditori. Tutti vogliono fare marketing. Vendere poi in quel modo, non ne parliamo.
Spesso le svolte non funzionano, perché se nulla è più potente quanto un'idea di cui sia giunto il tempo, nulla è più debole di un’idea il cui tempo sia passato, l’idea di una cucina dove si consuma subito e meno, per meno persone. E in cui il tuo prodotto non è certo al centro dell’attenzione. Qualsiasi contenitore è – per la maggior parte delle persone – good enough.
Se pensi che il tuo prodotto sia l’originale, spesso non ti metti in discussione. Se tutta l’azienda è nata su certi concetti mentali, non la trasformi in un direct to consumer phygital. Se poi perdi di vista la società in cui sei immerso, è la fine.
5 domande sul Green Marketing
Cos'è il green marketing?
Il green marketing è una strategia chiave per le aziende che vogliono dimostrare il proprio impegno per l'ambiente e la sostenibilità, distinguendosi dalla concorrenza e attirando clienti attenti all'impatto ambientale.
Quali sono i benefici del green marketing?
Il green marketing migliora il tasso di fidelizzazione dei clienti, supporta nella conquista di nuovi mercati e ha un impatto positivo sulla reputazione del brand.
Cos'è il greenwashing e come evitarlo?
Il greenwashing consiste nel presentare come ecosostenibili attività che in realtà hanno un impatto negativo sull'ambiente. Per evitarlo, è importante sviluppare, promuovere e valorizzare prodotti e servizi realmente a basso impatto ambientale.
Come rendere la propria azienda più sostenibile?
Attraverso soluzioni innovative come Neutral Company di Up2You, la piattaforma che permette di calcolare, ridurre e compensare le proprie emissioni aziendali. Up2You guida le aziende verso la carbon neutrality e le aiuta a comunicare il proprio impegno al meglio, con certificazioni e asset di comunicazione dedicati.
Come cominciare a fare green marketing?
Il green marketing parte prima di tutto da un’azione concreta e solo successivamente da una corretta comunicazione. Se non sai da che parte iniziare, comincia calcolando gratuitamente le emissioni digitali della tua azienda. Sarà il primo passo di un percorso di riduzione e compensazione e, al termine, potrai comunicare l’iniziativa a clienti e stakeholder.
Chi è Up2You
Up2You è la startup greentech e B Corp che offre prodotti digitali per aiutare le aziende a ridurre e compensare le proprie emissioni, accompagnandole fino alla comunicazione dei risultati ottenuti.
Il quiz della settimana
Quanti abbonati ha Peloton, al 31 marzo 2023?
a) 500.000 b) 1.000.000 c) 3.000.000
Negozianti
A proposito di cartelli anti-Covid – forse c’è un’altra spiegazione qui: la scusa per non avere troppi clienti perditempo tra i piedi.
Link della settimana
[…] la metà degli episodi di podcast attira solo 32 ascoltatori, sette giorni dopo la loro pubblicazione, riferisce Buzzsprout. Solo un quarto di tutti gli episodi di podcast ha più di 112 ascoltatori. L'uno per cento più ascoltato tra i podcast attira 5.097 ascoltatori. (Marketoonist)
Un post sulla Melegatti, le crisi aziendali, le PMI, e altre cose con cui Enrico Sola torna a scrivere di marketing (col suo stile affilato come piace a noi).
Anche quest'anno, in collaborazione con Giorgio Soffiato e Marketing Arena, organizzo uno speed date per responsabili marketing per fare uno stress test gratuito al digital & marketing plan. Ci si iscrive da qui.
That’s all folks!
Grazie di aver letto fin qua. Grazie a Up2You per il supporto.
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ciao, gluca
Grazie a Daniela Bollini per avere corretto la bozza (eventuali typo sono miei, aggiunti dopo) e a Cristina Portolano per i separatori d’artista.
Quiz: c) circa 3.000.000 (fonte)