Era fine settembre quando il direttore marketing era andato a rileggersi una newsletter post-Halloween dell’anno scorso, inoltrata da qualcuno, che aveva conservato in Outlook con tanto di bandierina rossa.
Ma imperversano anche grafiche terrificanti in ogni senso: da detersivi truccati da pipistrelli e zucche dozzinali da foto stock, aviolinee fantasma, ketchup draculeggianti, i regionali che terrorizzano anche ad Halloween come non bastasse il resto dei giorni dell’anno, seriosi giornali che si offrono a un euro al mese solo per Halloween (lo sappiamo che la promo era quella di prima e ci avete attaccato solo la zucca), prosciutti-cotti travestiti da ragni, per attrarre i bambini che vogliono prosciutto-cotto a merenda ma a cui piacciono i ragni (è un insieme vuoto). Tutte queste zucche, tutte queste ore di lavoro affannose a colpi di revisioni di “più originale”, “più safe”, “meno spinto”, “non fa ridere”, “e la promo?” saranno andate perdute negli archivi delle stories in poche ore.
Come i miei studenti testimonieranno poi in un improvvisato focus group, nessun post social di un qualsiasi brand verrà davvero ricordato. In fondo è un sollievo per tutti, marketing manager, copy, creativi. Tutto questo affannarsi ti ricorda un po’ quando alle medie non volevi non essere invitato a una festa a cui non volevi andare, e in cui poi ti mimetizzavi con le pareti.
Halloween è l’adolescenza dei brand: la paura di essere dimenticati, la paura di non esserci, di essere diversi dagli altri, è oggi la FOMO di Halloween. E allora via, tutti assieme con il sollievo della certezza di non essersi distinti dagli altri, che poi sarebbe l’unica cosa che dovrebbero fare i brand. A quello servono. Quelli adulti, s’intende.
Ehi, stanno parlando di noi, aveva pensato un anno fa. Tant’è che in un primo momento aveva pensato che qualcuno del team avesse fatto la spia a quel Diegoli, prima che il product manager lo rassicurasse: non siamo noi, siamo tutti.
“Quest’anno e poi basta, eh” aveva scritto, in una pausa di uno straziante e lunghissimo Zoom con l’agenzia, in chat WhatsApp con il fidato Product Manager, che si era girato verso di lui assieme alla comparsa delle due spunte e aveva abbozzato un mimato “ci pensiamo dopo”, senza riuscire però a trattenere un’espressione preoccupata. Sapeva che avevano approvato il piano editoriale mesi fa: e anche volendo la tentacolare macchina-di-raffinazione-post era ormai impossibile da fermare. “Me ne sbatto del fatto che lo faranno tutti! Noi siamo noi! Mi hai girato tu la NL l’anno scorso!”. Altre spunte verdi, ma il suo PM non si era più girato. Il PM era ansioso, lo si notava dall’accensione e dallo spegnimento compulsivo della videocamera. Ormai il calendario era un campo minato: dopo il Back To School (“Che c’entra una passata di pomodoro con il BTS?”. “È sempre una scusa per fare una promo!" ribatteva la sacra alleanza social media manager e vendite), era in vista Halloween. Il suo spazio di manovra sul tema era un’area ristretta tra il direttore vendite (codificato nel segreto della chat e della macchinetta del caffè con il nickname OLÈP: Ogni-Lasciata-È-Persa, in tutti i sensi possibili) e l’esasperato direttore marketing. “Cosa facciamo ad HW? ”, il direttore vendite mandava mail con solo l’oggetto e molti acronimi più l’immancabile e sola iniziale puntata come firma. “Eh tanto il budget è del marketing”, pensava il direttore marketing. “Perché mi devo occupare di Halloween?”, si accartocciava mentalmente il product manager.
Soprattutto lo angustiava il problema del 2022: i calendari erano completamente impazziti: i piani di produzione e imbottigliamento, con materie prime intermittenti e vasetti di vetro cari come cristallo di Boemia, erano tutte partite a Tetris giocate con le altre divisioni, per avere la precedenza su altri prodotti, e seguivano la machiavellica modalità per cui ogni mezzo era lecito. Le previsioni di vendita erano altrettanto impossibili: dopo che tutte le famiglie avevano fatto la pizza in casa nel lockdown e così la passata si vendeva a fiumi, ora che mangiare al ristorante costa un occhio, cosa faranno le persone? E se alla fine costa anche farsela in casa, rinunceranno anche alla pizza casalinga? I supermercati non volevano alzare i prezzi, perché “difendono i loro clienti”. “Usando il mio conto economico”, pensava il PM. E niente più promozioni, e quindi meno vendite. Disastro.
E se la sua passata diventasse virale su TikTok? Era il suo sogno segreto. Budget, premio di fine anno, tutto a posto. Sarà nei guai anche la collega PM delle pizze surgelate? Con la collega della pizza surgelata ha un rapporto complesso, che si specchia in quello dei loro prodotti, lievemente succedanei. Questo era quello che fantasticava in riunioni Zoom come quella.
E poi c’era il terzo calendario, il più fastidioso: quello social. La “sua” passata, come un cabarettista trasformista, sembrava dover partecipare a tutte le puntate di questo insensato, continuo, estenuante X Factor di brand, che necessitava di essere approvato, per essere nei tempi, più di due mesi prima (si approvava il Natale ad agosto, si rettificava una frase per Halloween a giugno, ecc.). In più, dopo che i dati della business intelligence indicavano un declino delle vendite nonostante gli sforzi in engagement, a inizio anno si era deciso di rinvigorirle tramite l’arma finale, il Grande Concorso. Precisamente, nel 2022, un concorso per/di Halloween, “trainato” da una strategia social, ovviamente. La riunione congiunta su Zoom era stata appunto indetta per capire perché il concorso non avesse finora attratto le folle come l’agenzia che l’aveva ideato aveva, con un certo solito mestiere, prospettato. Colpa dei social, sosteneva l’agenzia del concorso, colpa del concorso, sosteneva l’agenzia social. Colpa del poco budget, concordavano entrambe. Alla fine per salvare i numeri di facciata previsti sarebbero stati attivati, tramite canali sotterranei, i famigerati gruppi per/di concorsisti, che come un plotone di mercenari aveva marciato sulla form di partecipazione, un’ondata che, alla vigilia di Halloween, non era certo un’invasione, ma era più che sufficiente per raggiungere e pure superare il numero sul contatore della slide che sarebbe stata presentata in plenaria a fine novembre, assieme alla voce “il nostro focus: raccolta dati di prima parte”, nella strategia digitale. Il piano editoriale per lanciare il concorso era stato lungamente dibattuto, ma alla fine il minimo comune denominatore era caduto sul link più semplice: il sangue è rosso, la passata è rossa, ad Halloween ci piazziamo i vampiri, assetati di passata.
Il direttore marketing si era arreso, contava che quel taglio silenzioso di budget social ads assieme alla famigerata reach zero l’avrebbe salvato, la sua quinta colonna al centro media era pronto a spingere il tasto “metti campagna HW22 in pausa” all’arrivo di un suo messaggino in codice su Telegram. Aveva salvato il salvabile lanciando all’ultimo minuto del meeting online, prima di staccare per ovviamente un’altra presunta riunione, “Solo, non serata/promo/… da paura/brividi/… nel copy, eh!”. Già si immaginava citato nella temibile newsletter del venerdì, stavolta con brand, screen e tutto. Il PM non sapeva come dirgli, a poche orea da Halloween, che ci sarebbe stata una specie di collab (l’art dell’agenzia sosteneva da tempo con tanto di benchmark che “bisogna assolutamente fare collab!” per essere brand moderni – il termine co-marketing era passato di moda) con quel vino cheap ma recentemente diventato super engaging su Instagram (i rispettivi AD si erano incontrati a un convegno e avevano pensato fosse un’idea geniale), avrebbe avuto il plot “fa buon sangue”.
Link e segnalazioni
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È uscito il terzo episodio di Discovery Commerce, il mio podcast con Chora e Wintana Rezene, scritto da Rossella Ferrara e supportato da Meta.
Il punto della trasformazione digitale non è né la trasformazione né il digitale. È il valore, dice HBR.
Cosa è il determinismo incantato? “Quando la pubblicità di Meta sembra aver ascoltato la conversazione che abbiamo avuto con un nostro amico. Quando Spotify ci consiglia una canzone di un genere sconosciuto che si sposa perfettamente con la situazione che stiamo vivendo.” Un post/newsletter di Andrea Girolami.
Quando TikTok ti sconvolge la vita. Se non conoscete il brano Auto Tedesca, non sapete chi è Paky, o lo steward Ivano, e cosa succede a criticare un testo virale, dovete leggere questo pezzo di Vincenzo Marino.
Il quick commerce è morto? Aspettiamo, dice Om Malik.
Felice Halloween!
Alla prossima settimana, intanto seguite le stories di Halloween ads horror su Instagram.
gluca