[È venerdì] I primi 30 giorni da marketing manager
Manuale di sopravvivenza a cosa può andare storto.
Ed eccoti lì alla scrivania ereditata con ancora le impronte digitali del predecessore, leggermente impolverate: sei il nuovo marketing manager di grande azienda (o la nuova manager, ancora peggior situazione, ma andrei fuori tema. Userò a volte il maschile sovraesteso – ho imparato il termine sovraesteso da poco – ma solo per pigrizia).
Tutti si aspettano qualcosa da te. Tu non sai praticamente nulla dell’azienda (a volte nemmeno del settore — ma questa è una situazione che solo un’azienda illuminata prende in considerazione, quindi se sei in questa situazione e ne sono tutti consapevoli, è un bene).
Ti immettono in tutte le riunioni, perché il marketing, si sa, tocca un po’ tutta l’azienda, ma soprattutto per raccontarti che la colpa è di qualcun altro — del commerciale, del prodotto, del rivenditore, del sito, di Amazon, della sfiga, della concorrenza, della cultura aziendale, del fondatore novantenne.
La gente ti saluta, e tu non sai chi è. Non sai chi va a letto con chi ed eventuali coppie legali ma ormai così assuefatte al ruolo di colleghi da essere indistinguibili da amicizie. Quelli più affabili sono normalmente coloro in cerca di rivincite personali — “finalmente è arrivato qualcuno che la pensa come me”. Al contrario, il burbero “memoria storica” teme che tu stravolga la tradizione di famiglia e ti guarda con sospetto.
Ti trovi di fronte a una serie di (in)competenze digitali molto diverse. Da quello che era stato preso per rispondere al telefono ma si è inventato il CRM che ha fatto programmando in C++, quella che è entrata per il sito, ma ora è maniaca di social e vuole essere Taffo, quello dei dati che ti dice che dovremmo fare CRO e growth hacking perché l’ha visto su YouTube, il direttore commerciale che ha visto “uno spot di un competitor che ha fatto vendere tantissimo”, le risorse umane che speravano che l’interim del marketing proseguisse a tempo indeterminato migliorando l’EBIT. Il CEO che ti convoca e dice che secondo lui il sito dovrebbe essere rifatto completamente – scopri che è fidanzato con quella dei social.
Tutti si aspettano che tu e solo tu abbia la bacchetta magica che dieci anni e centinaia di persone in azienda non sono mai riusciti a trovare. E in circa 30 giorni, come i politici e i presidenti degli Stati Uniti. E tu non sai nemmeno dove sono i bagni.
Dunque, io dal mio avere sofferto quasi tutte le pene descritte sopra, vi lascio qui alcune idee (insight!) per i primi 30 giorni:
Per ogni idea che avrete, trovate (inventate, nel caso) un dato e un aneddoto a riprova. Non sto scherzando: sono stato da un rivenditore, e in quel momento un cliente ha detto… E combinatelo con qualcosa come: il 90% dei nostri clienti sostiene che…
Puntate a creare un KPI “North Star”, che indichi la contribuzione del marketing al profitto, che sia collegato alle vendite, per quando in modo funambolico.
Cercate di essere coinvolti anche nel prodotto, nel prezzo, nel punto vendita/online, non solo nella promozione. Scambiate una figurina promozione in cambio di una del pricing, con il direttore commerciale. Studiate i numeri, non i social: stupite con uno studio sull’elasticità al prezzo.
Puntate a creare un marketing plan snello ma partecipato. Fate dei meeting allargati ma, per evitare inconcludentismi e fazionismi da sistema elettorale proporzionale, usate molti Post-it. Le persone si affezionano a ciò che creano (o pensano di aver creato).
Siate umili, ma non remissivi. Voi siete lo strumento per salvarli dalla rovina e far fare carriera a tutti. Ovviamente non proprio a tutti, ma non è necessario farlo sapere.
Non vincerete la battaglia in 30 giorni: l’unico dubbio è se voi sopravviverete (nel senso che sarà l’impressione che vi perseguiterà per anni). Approvate le cose che sono già in rampa di lancio, tanto le hanno pensate altri, e avrete poi la scusa se vanno male. Se vanno bene nessuno si ricorderà comunque del predecessore.
Non ci sarà una battaglia campale, peraltro. È più una guerriglia, il marketing applicato. Psicologia, terrorismo, idealismo, propaganda. Usateli consapevolmente, il vostro fine giustifica i mezzi.
Tenete conto che l’interesse aziendale alto (intendo quel mito del margine, del profitto, ecc.) non interessa davvero a nessuno. Ognuno valuterà ogni vostra proposta con il filtro della propria partita doppia personale: cosa ci guadagno io? Devo lavorare di più? Mi prenderò il merito?
Chiedete soldi per analisi di mercato (che guiderete voi sapientemente), meglio se ancora prima dell’assunzione. Partite dal cliente (o meglio, dal non cliente): qual è il bisogno? Non c’è un bisogno? Il lavoro si fa duro.
Andate a parlare con chi risponde alle mail e alle telefonate dei clienti. Ne sanno più del CEO. Visitate un punto vendita per qualche ora. Serve anche per trovare gli aneddoti (vedi sopra). Attenzione: non sanno nulla dei non clienti — ignorate le loro opinioni su questo.
Portate esempi di competitor: non servono quasi a nulla, sono più che altro nocivi, ma piacciono tantissimo. Ma potete, come per i proverbi, trovarne sempre uno come prova/aneddoto a vostro favore.
Se arrivate dalla concorrenza, qualcuno vorrà sapere i loro segreti – gli altri sono sempre meglio, credono loro. Centellinateli, ma senza rivelarli veramente – anche perché probabilmente non esistono. Non spifferate, che poi il marketing è un quartierino di poche persone.
Scoprite chi va/andava a letto con chi (fornitori inclusi). Capirete meglio la strategia di comunicazione e spesso perché quell’inserzione o quello spot strano.
Partecipate agli aperitivi: lo so, lo so. Ma prendetelo come contrappasso per avere avuto lo smartworking. La presenza non serve a nulla di lavorativo: solo a marcare il territorio, farsi vedere, offrire caffé – e voi ne avete fottutamente bisogno.
Prima di cassare il classico disastroso prodotto zombie (vale anche per un sito, un’app, ecc.) capite chi ci ha lavorato dietro le quinte. Capite se vi serve ancora dalla vostra parte chi l’ha creato e pensato, e pensate a una compensazione, in caso, per salvare la faccia. “È stato un esperimento utilissimo, i tempi sono cambiati e quindi ora quell’esperienza viene riversata in progetto a caso dal nome strano”.
Attenzione al mago (solitamente pazzo) dell’art/design interno. Cercate di infilare con cautela contributi esterni, e portare il design dal “mi piace” / “è il nostro brand!” verso KPI come “valore percepito del prodotto”, “eliminazione di sbatti nel journey”. Dati e aneddoti, ancora. Attenzione, è permaloso.
Prima di buttare i vecchi fornitori per portare i vostri, con il solito spoil system, fate un check del valore effettivo e del radicamento in azienda. Al peggio, potete anche chiedere un refresh delle persone all’agenzia esistente. Tanto il valore delle agenzie è più correlato alle persone che lavorano per voi che al nome dell’agenzia. Attenzione alla guerriglia interna e alle sacche di resistenza.
Attenzione agli appassionati di strumenti: quello che ti parla dell’inevitabilità di TikTok (era quello di Snapchat), quell’altro fissato con la megapiattaforma di email automation che però nessuno saprebbe poi usare. Ascoltate, sorridete, chiedete un progetto scritto (questo filtra il 90%) e poi dimenticate.
Salvate tempo in agenda chiamando misteriose riunioni con voi stessi dal titolo altisonante.
Puntate a formare un manipolo di fedelissimi. Cercateli anche tra i dipendenti “dimenticati”, ce ne sono sempre in giro, tanto il marketing non è scienza nucleare delle particelle, si può imparare, se lo vogliono. Anche se non è il team marketing che avete sognato — e che non avrete mai, arrendetevi subito all’idea – possono crescere, essere formati (da voi) e diffondere il verbo. Anche agli aperitivi.
Sorpresa, è un post di più di quattro anni fa. Ma è sempre valido, e poi è estate anche in TV, l’ho pure revisionato (e lo ha fatto anche Daniela Bollini). E inoltre, qui trovate un playbook (non mio) in cui trovate altri consigli per sopravvivere al ruolo.
Se invece volete passare vacanze spensierate, e al marketing pensarci solo a fine agosto, qui sotto c’è il mio ebook Cose divertenti. È anche gratis.
Ma se volete proprio sorridere sotto l’ombrellone, e spaventare i vicini, c’è il libro giallo, che settimana scorsa è stato ospite a Radio Tube Social Network di Radio 24, grazie all’invito di Marta Cagnola. Si può riascoltare qua – non lo farete, anche se contiene il segreto sul perché Sinner sponsorizza qualsiasi cosa, ma io voglio conservare il link da qualche parte.
Invece qui potete leggerne un capitolo, pubblicato da Link questa settimana.
Ci si sente quando capita, io sarò in Croazia per una settimana.
Ciao,
gluca