[È venerdì] Di supermercati e self-service
Perché dopotutto alla cassa non siamo pronti a rinunciare
Io vado a fare la spesa. Cioè, ci vado spesso io. A volte la faccio online, ma molto più spesso no, prendo il carrello con la mia monetina come tutti. Ok, poi uso le cinque kune croate, così per vezzo e perché nessuno si sognerebbe di rubarmele dall’auto, al posto dei due euro canonici.
Oltre a essere per me una specie di mindfulness, il viaggio al super mi consente di osservare. Prodotti, comportamenti, persone. Potreste fin dal primo minuto scoprire la regola della fila del carrello parcheggiato, per cui la fila più lunga, all’uscita, diventerà sempre più lunga fino a occupare prima il marciapiede e poi un pezzo di parcheggio, fino a ostruire il passaggio delle auto. Potrebbe farvi capire che nessun impulso è più forte della pigrizia umana.
Ogni marketer, non solo del settore, dovrebbe andare regolarmente al supermercato, credo. Anche ai discount. (Sareste meravigliati se vi dicessi quanti non hanno mai visto il proprio prodotto nello scaffale o vanno raramente negli store dove si vendono i prodotti). Bonus: se volete essere completamente nel mood, dovete partecipare anche ai gruppi Facebook autogestiti dei clienti, che credo siano l’hanging fruit meno sfruttato del/dal marketing della grande distribuzione. Ma prima, forza, tra gli scaffali!
Quello strano sottile equilibrio
Il supermercato è una scuola gratuita (o quasi) di marketing per molte cose. Non tanto per quanto enunciato da quei post complottisti che trovate in Rete, per cui la perfida catena avrebbe disegnato il percorso di acquisto facendo satanicamente girare al contrario il libro di Kotler o quasi, quanto per quel sottile equilibrio tra un migliore servizio e abbattimento dei costi.
Dicevo, la scuola di marketing data dal supermercato sarebbe completamente gratuita se non ci fosse la «corsia della vergogna», cioè la forca caudina dell’uscita senza acquisti, in cui l’onere della prova di non aver rubato niente (ma anche, in fondo, di non aver comprato niente, sarebbe come se diceste «non ho trovato nulla che mi piacesse tra 10.000 prodotti») è a vostro carico.
Che poi se fossi un ladro di scatolette, mica le ruberei senza comprare nulla, comprerei pagando quel tanto che basta per essere ammesso alla famigerata corsia veloce (ma senza superarne il limite): questa faccenda non l’ho mai capita fino in fondo. Il supermercato è l’unico posto al mondo in cui il cliente peggiore è favorito rispetto al cliente migliore. Che poi, quando la usi, quella corsia, senti gli occhi di tutti su di te, persone che contano i tuoi oggetti (saranno davvero solo dieci? O hai usato quella regola non scritta per cui tre scatole di tonno uguali valgono uno? E saranno uguali uguali quei tonni? Non è che due sono in olio e uno al naturale?) e ti detestano – secondo me tutto sommato hanno ragione.
La scommessa di ogni business è cercare di far fare al proprio cliente, il più possibile, cose che in teoria dovrebbe fare in proprio, perché è pagato per farlo, ma allo stesso tempo facendo gioire invece il cliente per l’onore concessogli di fare da solo.
Il supermercato nasce storicamente come la promessa di «poter prendere i prodotti da soli», in realtà facendo scalare le vendite senza aumentare il numero di addetti: si chiama in gergo commerciale «libero servizio», sentite come suona bene? È come il self-montaggio-mobili dell’Ikea, che ci dà sempre molta soddisfazione e aiuta grandemente il conto economico della misteriosa famiglia svedese. Per un po’ gli addetti alla cassa ai supermercati (ricordo ancora qualche strabiliante episodio in una Conad) ti mettevano loro i prodotti nelle buste, che erano, e non scherzo, perfette, potevi quasi inserirle nel frigo direttamente. Ma poi è finita: se ogni secondo la cassiera, oltre a imbustare, doveva passare un prodotto sul lettore questo metodo non era evidentemente più efficiente.
Sembra una questione frivola, ma la questione della coda alle casse è un dilemma su cui la GDO si arrabatta da anni e anni, anche se a dire il vero il lato UX della questione non è mai stato al centro delle sue attenzioni. La GDO pensa (generalizzo) che il 90% delle scelte di acquisto dipenda dal volantino, dall’assortimento e dal prezzo. Osservando da dentro credo che le cose stiano almeno un po’ diversamente.
C’è stato un momento, negli anni ’90, in cui la concorrenza scarsa consentiva di eliminare personale, anche alle casse, e migliorare il conto economico basandosi sulla sopportazione della fila da parte del cliente. Che poi, anche qui, le cose stanno a volte diversamente: quello che il controllo di gestione vede come minus (l’attesa), il cliente a volte lo percepisce come un servizio. Mi basta osservare la coda alle casse e le interazioni tra cassiera e cliente. Non c’è la disperazione che vedi in Walmart, in Italia.
Se non guardi il cellulare, puoi attaccare bottone con altre o altri (ti bastano poche occhiate per capire, più velocemente che in Tinder, i target compatibili). Ma soprattutto, puoi scegliere la cassiera. Lo vedo, che qualcuno valuta la lunghezza della coda, ok, ma anche la simpatia dell’addetta, la conoscenza pregressa, la sua volontà di scambiare quattro parole. Non ci credete? Una delle principali fonti di scorno delle persone, citata ripetutamente nei gruppi Facebook del famoso discount tedesco originale, non è la coda. È il fatto che le commesse parlino con qualcuno e non con loro, attraverso le odiatissime cuffiette wireless a circuito chiuso.
Le persone non comprano il contenuto del carrello, almeno non solo. Compriamo evidentemente, anzi pretendiamo, incluso, un sorriso, un saluto, anche obbligato, anche finto. Anzi, sicuramente finto, obbligato dalle guideline aziendali.
Questo numero non ha uno sponsor, ma "questo spazio potrebbe essere tuo". Chiedimi come (cit.) rispondendo all'email.
E veniamo dunque ai tentativi dei negozi di eliminare il fattore umano completamente, per essere ancora più efficienti. Si provò a eliminare il banco gastronomia (esperimento fallito, solo i discount resistono a non averlo, e neanche tutti). Io detesto il banco gastronomia: mi fa sentire molto impreparato, ed è uno dei momenti di asimmetria informativa più sbilanciati della mia vita. Prosciutto in offerta marca A stagionato 18 mesi, B non in offerta ma allo stesso prezzo 14 mesi, C prodotto in Italia ma leggermente salato e con meno grasso. E non posso googlare e nemmeno pensare, perché la vecchia dietro mi pressa con lo sguardo col numerino cartaceo in mano. Non fa per me.
Eppure alla gente piace: sarà il dialogo? Sarà quella percezione che non ci stanno vendendo qualcosa, ma offrendo una consulenza-su-insaccato gratuita? Sarà l’esperienza che ricorda la vecchia bottega ma dentro il leviatano da migliaia di scatolette? Non lo so. Non credo che sia per il risparmio sul packaging, visto che invece il consumo di insalata e affini preconfezionata dentro la plastica (per quanto compostabile ecc.) continua ad aumentare (perché, diciamolo, come si permettono di farci pesare, prezzare e insaccare a noi, i clienti? Vedi pigrizia ecc.).
Ma soprattutto basta casse, si prova a pensarlo, almeno. Amazon mette in negozio millemila telecamere e realizza Amazon Go: tu passi il codice (si può usare anche il palmo della mano, brividi), metti nel carrello, esci e la app ti segnala che ti hanno addebitato le scatolette. Che però, bello il sistema eh, ma costa un sacco tutta quella roba, sicuro più delle commesse in tirocinio. Se non voglio parlare con nessuno, forse è più conveniente un pick and pay? O per certi versi un distributore automatico tradizionale? Non so.
Qualcun altro ha messo le casse automatiche: dopo decenni possiamo dirlo. Sono terribili. La voce registrata è cattiva, se sbagli qualcosa. I decibel sonori degli errori (carta non riconosciuta! Tempo scaduto! Bip bip!) sono lancinanti: tipo il suono delle bombe che stanno per esplodere nei film di spionaggio. Anche qui, nessun esperto di UX è mai stato ingaggiato (o è scappato dalla disperazione, non so).
Il self scanning: detto in Coop Salvatempo (e vedete come suona bene? «Non è che vi obblighiamo a fare voi quello che in teoria è il nostro lavoro, vi facciamo risparmiare tempo!»). Un oggetto diabolico che sembra l’uovo di Colombo: «Vedete, così potete comporre le vostre sportine esattamente come volete, senza che nessun altro cliente debordi con i suoi peperoni pre-prezzati nell’esclusiva e stretta scanalatura della cassa a voi riservata».
A me piace, ma a molti, vedo, non tanto. Io sogno di poter inserire le promo della lista della spesa di Bring direttamente nell’oggetto un po’ raggio spaziale di Spazio 1999, ma capisco che alla gente non frega proprio nulla di queste cose da nerd. Chi lo usa, manco lo guarda, il monitor del Salvatempo. Bip, bip, bip, con lo scanner in una mano e con il cellulare nell’altra mano.
E pensare che questi cosi costano una follia, ingrati. Questo è uno dei motivi per cui nel territorio non si diffondono più di tanto, e nei negozi medi o piccoli non li trovate quasi mai. E quando ci sono, quelli in uso sono sempre una minoranza. Quindi in passato l’uovo dell’uovo di Colombo era stato, geniale!, far usare il cellulare del cliente per lo scanning dei barcode dei prodotti.
Indovinate un po’? Non ha funzionato. Non solo sono falliti i miseri tentativi italici di buttare su una app orrenda e pretendere che le persone la utilizzassero dopo essersi collegati… alla rete Wi-Fi del negozio (che non consentiva di navigare), ma soprattutto che continuassero a usarla dopo che, belli tronfi, stavano per fare il pagamento dalla app e… bum! Tutto crashava. Dovevano tornare sconfitti (e guardati con ghigno beffardo) alla coda normale alla cassa, dove il loro perfetto incastro alla Tetris di prodotti doveva essere smontato per essere poi rimontato alla bell’e meglio in fretta e furia, di nuovo nella loro angusta scanalatura riservata.
Ma soprattutto, perché avrebbero dovuto rinunciare a internet mentre facevano la spesa? Le priorità sono chiare. E poi se gli altri stakeholder della lista della spesa avessero dovuto essere consultati last minute? Non poteva funzionare. E infatti non ha funzionato. Ma anche gli americani, che sicuramente hanno investito cento volte più degli esperimenti italici, alla fine ci hanno rinunciato. Ok far fare a noi la spesa, ok farci fare il conto da soli, ok portarci le buste da casa, ok trasportarle fino a casa, ma anche obbligarci a monopolizzare il cellulare? «Questo poi no!».
Leggendo questo articolo che parla dello stesso tema negli States, ma in cui riconosco molte dinamiche italiche, mi accorgo che il problema è sempre lo stesso: tecnologia come fine e non come mezzo.
"La sfida tecnologica può mettere in ombra l'importanza dell'esperienza dell'utente", ha affermato Jackie Walker, responsabile retail experience per Publicis Sapient. "Si pensa di ridurre l'attrito e invece crea solo un nuovo modo di frustrare i clienti.”
Detto diversamente: quanto può essere tecnologizzato un negozio senza che questo perda (almeno psicologicamente) la funzione sociale-coccolante per una maggioranza di persone, e al tempo stesso non sia comunque che un sostituto perdente di un più efficiente e-commerce, per chi non vuole interagire?
Perché, ci pensavo ieri mentre sceglievo il gelato, se in negozio devo fare tutto io, quasi quasi me la faccio portare a casa, la spesa. È la stessa cosa che ho pensato quando seduto in un ristorante la cameriera mi ha detto che il menu via QR non era solo in consultazione, ma anche «transazionale» (non ha detto proprio così ovviamente), cioè dovevo mettere il prodotto (il piatto scelto e le bevande) nel carrello e poi fare anche il checkout: il pensiero è stato «tanto vale che la prossima volta uso Deliveroo». Tra l’altro: upsell del cameriere batte sempre quello del digitale, quindi non so se il risparmio di tempo umano sia effettivamente conveniente, di nuovo, in termini di ROI complessivo.
Il quiz della settimana
In quale anno è previsto il raggiungimento dei diecimila negozi completamente automatizzati (alla Amazon Go) nel mondo?
a) 2023 b) 2024 c) 2030
That’s all folks!
Grazie per aver letto fino qua: ricordate, il giorno migliore per fare la spesa è il mercoledì, dice la leggenda metropolitana.
Mentre il numero dei negozi full-automated raggiungerà quota diecimila nel 2024 (forse).
Alla prossima settimana,
gluca