[È venerdì] San Valentino Tales, e il dogma STP.
Di cosa succede davvero il 14 febbraio, e quando funziona la strategia al contrario
Tra due giorni è San Valentino, la festa dei marketer, ma non nel senso che pensate voi.
Immaginate un povero responsabile marketing, pressato dal commerciale per convertire il proprio mediocre e indifferenziato prodotto in fatturato, e dal CEO (o dal dipartimento tecnico) che invece pensa che il proprio prodotto sia supertop, e che non capisce perché il marketing non fa il suo lavoro, con un prodotto così supertop. Immaginate la sua social media agency che gli manda il benchmark degli altri brand con mediocri prodotti che creano post di San Valentino che potrebbero essere stati già postati in qualche luogo del mondo da altri brand mediocri, ma tanto chi se li ricorda? E dover scegliere immagini di stock da 5 euro per imbastire un post che potrebbe, nella migliore delle ipotesi, essere ignorato e nella peggiore finire sulla newsletter di minimarketing, con i like dei tirocinanti cammellati della social agency e dei propri dipendenti più coraggiosi e ambiziosi. Lo vedete ignorare la mail in cui ci sono le proposte in un powerpoint allegato di 34 slide, sperando che nessuno si ricordi della festa degli innamorati. E poi, all’improvviso, immaginate che arrivi il suo digital che dice “senti, ma il post di San Valentino, lo facciamo? Sai che il CEO ci tiene, sai, segue Ceres sui social. E il commerciale mi ha mandato la promo”. Lo vedete cedere, un po’ assente, fare di sì con la testa, per non lasciare niente di scritto. Immaginate il suo horror vacui dopo che la moglie a casa gli dice, a tavola per la cena – “ma hai visto il post di Taffo per san valentino?”. E lui che ripensa a tutta la sua vita, al Kotler, ai sogni dell’università, al suo prodotto né buono né cattivo, che non fa innamorare nessuno e che non passa per la mente a nessuno (lui lo sa) di regalarlo il quattordici di febbraio, e di come tutto sia potuto andare così storto – dove ha sbagliato? E che nessuno gli dirà mai grazie per non aver buttato soldi, ma di sicuro lunedì arriverà la mail del CEO con “15 like?!”.
Segmento-Target-Positioning o viceversa?
La mia vita è accettabile perché è varia. E perché posso lavorare per smentire le mie stesse convinzioni. Se c’era qualcosa che non avrei mai pensato di abiurare, è che la sequenza STP debba essere sempra letta e applicata da sinistra a destra. Ci ho dedicato anche un corso online su Digital Update. Eppure, succede.
Quando lavori in un settore (bevande alcoliche) in cui il tuo prodotto è nuovo, i prodotti si assomigliano, non hai un vero contatto diretto con il consumatore finale, e solo gli addetti ai lavori sanno distinguere bene la composizione, il gusto, le sfumature tra un prodotto e l’altro, il paradigma va in crisi. Chi sono gli appartenenti davvero ai segmenti (oggi poi…)? Chi ha bisogno di noi? Come ci posizioniamo sul quel target? La risposta da sinistra a destra è: non lo sappiamo. Non c’è davvero un bisogno sul mercato. Non c’è funnel. Non c’è razionalità, eccetera. Non state comprando un attrezzo per la disinfezione industriale.
Come si fa? Si sceglie prima un posizionamento, e poi si va a declinare il messaggio, poi si va a capire la distribuzione del messaggio. E si lavora di appartenenza. Bevo quello perché la penso così. Come? Quello che avete detto voi nella pubblicità. Chi risponde, chi abbocca, è il target.
È un po’ la vecchia divisione tra distintività (salienza) e differenziazione.
Why is the market leader often ten times as big as the tenth biggest brand? The evidence says that it is not due to brand differentiation. Each brand's customers do not look at their brand as being very different. Instead, what differs is the number of people to whom each brand is salient.
La differenziazione dura poco (Android copia Apple), la salienza rimane. Tu sei diverso perché sei visto diversamente, appartieni a tribù diverse, non ti metti nemmeno a fare benchmarking: non ti abbassi, e spesso i prodotti, prima o poi, finiscono per assomigliarsi tutti, tecnicamente parlando.
Branding by 'distinguishing but irrelevant attributes' to make otherwise undifferentiated brands distinctive is still essential: 'A feather can tilt the balance' (Sutherland, 1993).
“The first rule of brand should be, first they must know it’s me.” […] the marketing industry is obsessed with differentiation, positioning and purpose, rather than distinctiveness, codes and brand assets. This is because marketers are focused on system two thinking, which focuses on slow, conscious complex decisions, rather than system one thinking, the fast sub-conscious thinking that drives 95% of decision-making.
Alla fine, farsi “conoscere” per “essere associati a qualcosa” è paradossalmente più importante di “avere certe caratteristiche che ti differenziano presso qualcuno”, in moltissimi settori.
Coca-Cola and Pepsi-Cola do not have to be seen as markedly differentiated in order to be worth something on the stock market, this being dominated by their more or less steady market shares over a succession of years. Brands which are suppose to be 'strong' seem in practice only to be big. And the main factor in a brand being-big is, as we have said, how many people regard it as salient and buy it, and not that they typically think one brand to be very different or much more valuable than the other.
How many people find a brand salient (eg, in their consideration set) can be aided by creative 'Here I Am' publicity (ndr, quella che dice semplicemente io faccio questo in modalità attraente) – making the brand more widely known in attention-getting ways which also leave a long-term memory trace for the brand and potential associations. 'Telling a good story well' is what matters, more than just which particular good story it is, apart from its broad consistency with the brand's history. (If there was only one possible approach, there would hardly be so many different agency pitches.)
Il discorso, per chi ama il marketing con la M maiuscola, è interessante. Se volete, potete proseguire su questi due articoli (da cui ho preso i virgolettati).
Distinctiveness is marketers’ main challenge (subscription)
Quiz della settimana
Per la ricerca “san valentino per lui”, Amazon propone al primo posto:
a) Smartbox Relax Per Due b) Tazza %con frase romantica% c) Kit Calco Mani per Sculture 3D di Coppia
Negozianti
(Dal solito tumblr)
That’s all folks!
Anche per questa settimana siete arrivate alla fine.
Keep calm and draghi on,
gluca
Risposta: Smartbox. (Ma sai che il calco…)
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Se sei nuova qui, sono Gianluca Diegoli e mi occupo di consulenza su strategia di marketing e di vendita digitale, (e)commerce e D2C.
Questa newsletter è la sorella gemella del blog che tengo dal 2004. Un altro spin-off è il marketing insegnato (d)ai negozianti
Ho scritto qualche libro , ma l’ultimo (Svuota il Carrello) è quello che mi rappresenta di più. Insegno in IULM e in Master ma ho anche creato un mio corso online di marketing .
Ho co-fondato Digital Update e con altre due tipe più smart di me ho avuto l’idea del primo FreelanceCamp .
Ho creato canvas e un manifesto per la trasformazione del marketing.
Da marzo tengo un canale Telegram con link a dati economici, settoriali e di vendita pre, durante e post lockdown-covid.
Bocconiano anomalo, proud generation X member, smontatore di panacee. La noia è una risorsa.