🏃🏿♀️[run, venerdì, run] Simmenthal | Drive To Store | Morte della TV
🏃🏿♀️[run, venerdì, run] Simmenthal | Drive To Store | Morte della TV
di Gianluca Diegoli • Newsletter #37 • Visualizza online
Ognuno di noi ha perversioni di acquisto. Di solito queste sfuggono alle aziende. Per esempio, nessuna azienda sospetterebbe che sono un avido consumatore di tramezzini dal distributore delle stazioni ad alta velocità. Oppure uno che infila la Simmenthal nel carrello della spesa mentre il tuo partner non guarda. Non credo di essere nel cliente tipo attaccato alla parete del product manager. Nessuno farà pubblicità targetizzata su di me. (Almeno fino a quando non la cercherò su Google, cioè quando il dato non cancellerà gli stereotipi dal marketing).
C'è un problema sull'advertising digitale: che colpisce sempre il bersaglio più facile, quello già convinto. Tuttavia, di fronte a un excel che ti mostra 10.000 euro di vendite di fronte a 2.000 euro di spesa, chi vuole tagliarsi il ramo aziendale su cui è seduto?
Le aziende spesso hanno anche un'altra fissazione: convertire coloro che non comprano/usano mai. Se non comprano/usano mai c'è un motivo: sono rejectors. Eliminare, individuandoli, i rejectors dalle campagne deve essere un obiettivo altrettanto importante che attivare gli indecisi. Non cercate di vendere la Simmental alla mia famiglia, insomma.
— Come fare una campagna Drive to Store —
Ho scritto un mini-ebook per Apogeo su come il digitale può portare le persone dal divano al negozio, che è complementare al mio libro su Omnichannel Retail, appena uscito in libreria.
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Un customer journey promettente e impegnativo
Che cosa succede tra l’idea di acquisto e il viaggio del compratore fino al punto di vendita? Nel modello del marketing analogico, l’intervallo spazio-temporale tra lo stimolo pubblicitario e l’acquisto era sconosciuto: il cliente – presumibilmente intercettato da mezzi analogici – si materializzava all’interno del negozio, dove poi veniva blandito da novità e offerte speciali.
Era possibile ottenere correlazioni (più che causalità) tra pressione pubblicitaria e numero di persone arrivate in negozio, riportate in report trimestrali, ma non di più. La presenza ubiqua dello smartphone come concierge per gli acquisti può portare in superficie il percorso di acquisto e rendere molto meno aleatoria la misurazione delle performance.
Primo: essere trovabili
Far sollevare le persone dal divano e spingerle alla visita in negozio è comunque tra i compiti più difficili a cui il digitale possa essere chiamato. Oggi le mappe online sono il principale strumento utilizzato dalle persone per stabilire percorsi e per ricercare negozi, attività, attrazioni. Non essere trovabili significa interrompere il customer journey sul più bello, e deludere il consumatore nel momento in cui poteva trovarci. Inoltre, più la quantità di dati ottenuta con property di prima parte (sito, app, newsletter) sarà ampia, migliore sarà la pulizia del dato e minore la dipendenza verso operatori esterni.
Il retail gode di un punto di forza eccezionale: i dati raccolti continuativamente sul proprio cliente abituale. Detto in parole povere, è molto più efficace ed efficiente targetizzare la propria campagna online di cibo per cani sui propri clienti che hanno già acquistato cibo per cani rispetto all’uso della analoga targetizzazione per interessi come pet lovers o pet owner di Google o Facebook.
Naturalmente non avremo i dati di tutti i nostri clienti – una parte di acquisti avviene anonimamente – e quindi dobbiamo rivolgerci agli operatori pubblicitari online per targetizzare campagne sui non clienti, o meglio sui non registrati, che in parte saranno clienti non ancora iscritti al nostro programma fedeltà.
Continua a leggermi su Apogeo.
— La (pubblicità in) TV non morirà mai —
La tv lineare è davvero finita, sì o no? Non sarà forse il futuro ma non è nemmeno il passato. Leggevo su Datamediahub che il 60% dei ragazzini non ha mai guardato la TV lineare. Però il 40% ha guardato la TV. E parliamo di ragazzini. Ciò significa che non ci sarà prima di dieci anni, se mai ci sarà, un processo di sostituzione.
Del resto, dobbiamo distinguere tra chi produce la tv (broadcaster vs coda lunga di youtuber), la modalità di fruizione (lineare o digitale, anche se il confine diverrà labile) e il device (tv smart, smartphone, ipad) e il “canale” di fruizione (sito, social, app, tv app) e il costo del canale (il digitale terrestre rimane il mezzo con minore costo contatto, per chi è in grado di avere awareness di brand, quindi non ha particolare bisogno di usare adv per portare telespettatori).
Sulla morte della linearità ho un dubbio ulteriore: stiamo passando da un palinsesto imposto linearmente, a un palinsesto imposto algoritmicamente.
Ciò perché buona parte delle persone non avrà mai la forza di ricercare attivamente, e si appoggerà comunque al broadcaster per la fruizione lineare. I bambini sfruttano la capacità di Youtube (in smart tv o su ipad) di produrre linearmente contenuti per ore e ore. E il binge watching è - in fondo - una forma di palinsesto, monocontenuto. Finisce un episodio, il default è un ulteriore episodio. Non è tanto diverso da quanto si fa nella tv lineare, in cui spesso il successo di un programma dipende dal trascinamento del programma precedente.
Ricordate sempre: siamo satisfier non maximizer. Se ci va bene quanto altri ci propongono non cerchiamo altro, perché la ricerca è comunque una friction, o detto meglio, uno sbatti.
È anche importante l’analisi del futuro del contenuto televisivo sulla base del modello pubblicitario che lo sostiene e la capacità di questo modello di produrre effetti. IMHO lo spot sarà ancora alla base della brand awareness per il largo consumo per molto tempo, e anche nel segmento kids. Perché non c’è banner che consenta un contenuto promozionale lungo, non certo un interstiziale di cinque secondi. E il CPView di Facebook e Google oramai non è più così conveniente. E inoltre nel settore bambini gli spot sono essi stessi native content (per questo ancora più “pericolosi”).
A queste riflessioni dobbiamo agganciare quelle sulla effettiva capacità dell'adv digitale di produrre effetti di lungo periodo, per campagne che non siano di direct marketing ipersegmentate e ritargetizzate, alimentando dubbi nelle grandi aziende di star spendendo troppo sul direct marketing digitale e troppo poco su quanto sia meno misurabile ma non meno potenzialmente efficace. Su questo ne avevo scritto su Link.
Su quanto l’advertising si sposterà su fruizioni “televisive”, o “digitali” (e forse l’unica matrice con senso in futuro sarà tra fruizioni lunghe vs brevi, passive vs attive) verterà il mio panel a Italians Festival Milano, sabato alle 13.45. Passate a IF, è un bel programma!
— Essere diversi o dirsi diversi —
Sai che c'è, Tommaso? A me piace, anche se noi marketer inorridiamo. Ha fatto il giro?
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— ICYMI —
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“Il giallo: un colore che evoca il sole, la vitalità, ma anche il desiderio di inseguire i propri desideri immergendosi in una dimensione nuova, come il sentiero di mattoni gialli del Mondo di Oz. %brand% torna alle origini, al colore vivace che contraddistingue da sempre i suoi impianti di risalita, per fare un salto nel futuro. Il rebranding dei parchi dell’altopiano in %location% è un invito a ripartire – anche in vista dell’inverno - con una rigenerante sferzata di energia. I canali social, Facebook e Instagram, hanno già adottato questa nuova comunicazione, raccontandola con immagini e miniclip dallo spirito leggero e pop.”
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Risposta al quiz: acqua minerale.
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Curato con passione da Gianluca Diegoli con Revue.
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