Lavorando come consulente tra strategia di marketing, e-commerce e retail, sono fortunato, si vivono tempi mai stati così interessanti. Negli States il fenomeno chiamato DTC è già una realtà , anzi quasi una bolla: con costi e accesso alla produzione e alla distribuzione, oltre che all'advertising mai stati così democratici, una miriade di brand iperspecializzati stanno rosicchiando quote alle grandi conglomerate come P&G ecc., trovando nicchie di mercato, comunicando con contenuti ad hoc, producendo senza particolari svantaggi nelle economie di scala. Oggi puoi farti il
tuo shampoo e differenziarlo, posizionarti in una nicchia, il
minimum viable audience/market/segment battezzato da Seth Godin vari anni fa, comunicarlo attraverso contenuti e influencer.
In Italia il panorama è ancora molto immaturo (anche se quando vedo lo shampoo dell'Estetista Cinica nella doccia di mia figlia penso che ci siamo), principalmente perché l'e-commerce – principale canale distributivo – è ancora sottosviluppato, e perché di conseguenza la grande distribuzione la fa da padrona facilmente con il presidio dello scaffale (invece che del cliente, che è il principale punto del mio libro, link più sotto). Inoltre c'è poco finanziamento del mercato, un DTC brand ha bisogno di soldi e non pochi.
Tuttavia sappiamo che le cose cambiano in fretta, raggiunto un tipping point. E l'esperienza degli States ci segna la strada. DTC brand c
he si mettono assieme in varie forme per non sottostare ai marketplace come Amazon, e scambiarsi traffico e clienti a vicenda.
La grande distribuzione americana, al contempo, si trasforma in marketplace, accogliendo prodotti venduti da terzi, come Walmart e Costco, e…
vende advertising esattamente come Amazon, fondandola sulla conoscenza del cliente (che la GDO italiana si sogna, per proprie colpe ataviche). Il dato sul (e la centralità del) cliente da noi esiste solo ai convegni, ammettiamolo. Eppure l'adv è un mercato che Amazon sta sfruttando mettendo addirittura in difficoltà Google sulla ricerca diretta di prodotti.
Il digitale sta incasinando i modelli di business velocemente. Potrebbe essere che anche nello scaffale, come nei marketplace, prodotti DTC siano venduti contro una fee (o noleggio degli spazi liberi, sta giĂ succedendo) e non acquistati dal buyer (una specie di deposito in conto vendita), e la stessa cosa negli store online di Coop ed Esselunga e degli altri. Ma per fare questo serve un tracciamento, una padronanza di modelli di business e di dati a cui non siamo lontani, siamo all'anno zero. Aspettiamo sulla riva del fiume.