🔧[libvenerdì] Digitalizzamenti
🔧[libvenerdì] Digitalizzamenti
di Gianluca Diegoli • Newsletter #59 • Visualizza online
Intoccabile da ogni evento, ferma nel tempo e nello spazio come una roccia in mezzo alla tempesta, mi è arrivata in buchetta la free press di provincia – al 99% è pubblicità, ed è la parte più interessante. Compro oro: nessuna variazione, temo sarà in risalita nei prossimi mesi. Immobiliare: come niente fosse offre “diverse soluzioni abitative” (Chi compra soluzioni abitative?). Forse decanteranno ampio giardino per distanziamento sociale come soluzione abitativa. Giardinaggio: hashtag #stateacasa e “ve lo portiamo noi” (il tagliaerba nuovo, chissà se qualcuno pensa ad acquistare un nuovo tagliaerba. Forse il mio vicino.). La pizzeria annuncia che ora è su Deliveroo. Il negozio di frutta annuncia che la consegna (ma fino a fine aprile) è gratuita a domicilio. I tassisti si sono reinventati come consegna a domicilio: 5 euro a corsa, 1o fuori comune. La lavanderia mi invita via Whatsapp a prenotare il ritiro (amici, non me lo toglierete mai più, vero?). Incurante dell'esistenza di Tinder, un'agenzia “Obiettivo Incontro” mi chiarisce che essere distanti non significa restare soli, basta inviare un sms per ricevere alcuni profili. Magari via fax. Arredi per l'ufficio: non hanno ancora adeguato le sedie da riunione al distanziamento sociale. E poi c'è il dentista.
Noi ci siamo… con nuovi modelli organizzativi e processi severi di sterilizzazione e disinfezione per proteggere la tua e la nostra salute dall'infezione da Coronavirus Covid-19.
Nel rispetto delle direttive Sanitarie Ministeriali si effettueranno su APPUNTAMENTO solo URGENZE odontoiatriche NON DIFFERIBILI dopo un'intervista ad hoc (viaggi, febbre, difficoltà respiratorie, tosse) necessaria per decidere se prendere in carico il paziente. Ogni medico valuterà con la propria scienza, coscienza (sic) e prudenza se quel caso specifico abbia oggettiva necessità di rapido intervento rispetto allo stato di emergenza pandemica in corso oppure possa essere dilazionato in tempi futuri.
Tutto questo in un rettangolo di dieci centimetri di base per sei di altezza, di cui un terzo è occupato dalla mascella sorridente di una ragazza.
Digitalizzamenti
Dati invisibili
Abbiamo ora un'idea di cosa stanno facendo i big brand dal punto di vista della comunicazione e delle azioni nell'emergenza, di cosa stia accadendo nel mercato business to consumer (il canale è arrivato a 800 persone, grazie per le segnalazioni), del perché manca il lievito, e di come il giardinaggio online stia andando alle stelle – il mio vicino taglia l'erba tutti i giorni o quasi, sembra di stare a Wimbledon.
Al contrario, non abbiamo nessuna idea di cosa sta succedendo nelle aree artigianali ai margini delle città (il b2b). Non solo a livello di sicurezza (in che condizioni stanno lavorando questi?) ma a livello di economia e di mercati. Le micro aziende della filiera meccanica che sono semplici terzisti, mono-cliente o quasi, che stanno facendo? Le aziende più grosse come in ogni crisi taglieranno su quelle più piccole fino ad arrivare all'artigiano con il suo capannone? Gli investimenti in macchinari (tipici del b2b) in genere calano più del calo del mercato b2c a cui fanno riferimento, perché gli investimenti, lo dice la parola stessa, sono fatti per il futuro, e se non c'è fiducia non avvengono.
Non lo sappiamo. Almeno, io non ho letto niente al riguardo, salvo questo report di McKinsey. L'Italia è un paese di PMI in cui ognuno si fa i fatti suoi. L'economia b2b è molto più grande di quella b2c (è matematica) ma è meno sotto i riflettori. Produttori di componenti, di pezzi per automazione industriale. Ne parlavo qualche giorno fa con colleghi che si occupano di export. È un mondo opaco, legato a logiche e transazioni analogiche e in cui ognuno si tiene gelosamente i propri dati. Non ci sarà uno Shopify a dire quali settori stanno reggendo e come.
La fretta è cattiva consigliera
In questi settori, questi sono i giorni del picco del “facciamo un sito”, o “facciamo un ecommerce”. “Presto, non c'è tempo da perdere!” Il fast forward inaspettato che stiamo vivendo ha fatto sì che siano tornate di moda le domande e le risposte di anni fa. Per esempio: vendere online NON è fare un sito ecommerce. È il problema eterno di non ripensare il modello di business alla luce del digitale, e invece di pensare di traslare tale e quale il modello usato offline sull'online, come trasformare un quotidiano in pdf.
Non funziona, il digitalizzamento.
È vero che non c'è tempo da perdere, e che da sempre è meglio migliorare che aspettare, ma vedo grossisti sui generis che vendevano ai bar reinventarsi venditori online. Non lo fai dalla mattina alla sera, se non ripensi a chi diventerai in un mondo azzerato. Come il citato pub che si reinventa delivery: può essere un modo di sopravvivere ma non un modello. La marketing miopia ritorna alla luce in questi casi: non sapere bene qual è il valore che fornisco, che spesso non corrisponde al prodotto che vendo. E quindi porto online il prodotto che vendo offline, ma le persone non acquistavano il prodotto, acquistavano l'esperienza.
È un po’ come la odierna e generale traslazione online di fiere, eventi, concerti. Per un po’ tutto bello, siamo vicini ma lontani e ci siamo ecc. ecc. come nella ormai famosa e comica sintesi-nemesi degli spot covid. Ma al più tra due settimane ci cominceremo a chiedere se è quello che ci serve. La fiera, l'evento, il concerto, il pub sono (in parte) solo scuse, segnaposto, per incontrarci. Quello che compriamo è il “prodotto allargato”, non una persona su di un palco.
Export
Secondo me un nuovo modello di export nascerà da questa accelerazione, in quanto per una volta, i paesi in via di sviluppo siamo noi, e ci sono mercati che rimarranno aperti, in giro per il mondo. Forse questa crisi metterà paletti alle persone, ma la digi-globalizzazione delle merci sarà ancora più estesa. Un b2b più leggero, con meno viaggi e incontri di persona, più digitale, più veloce, più trasparente: cose che già si facevano ma spesso erano digitalizzamento e non trasformazione del modello alla luce di nuovi equilibri. Ma non tutte le aziende, ancorate al vecchio modo di vendere attraverso infiniti intermediari, ora più in bilico di loro, sapranno reinventarsi in tempo. Aziende che non sanno leggere i dati, non sanno nemmeno trovarsi da sole su Linkedin i contatti giusti, meno che meno usano un sistema di lead generation. A volte nemmeno sanno gestire una mailing list. Eppure hanno spesso prodotti tecnicamente mirabili. Ma non sanno vedere oltre il loro prodotto per capire le esigenze (cambiate?), le estensioni di prodotto (possibili?), le modalità di fruzione (pay per use?) ecc. Anche qui, le risposte a queste domande erano già lì, di anni fa, e ora tornano di attualità.
Ci saranno aziende più smart che se le compreranno a prezzo di saldo, perché che non tutte sopravviveranno è l'unica certezza che abbiamo.
Letture
Perché il Direct To Consumer è in brutte acque (scritto da me per Link)
Il mio podcast ha parlato di nuova anormalità nel mondo del brand e dell'adv con Alessio Gianni di Barilla, e la settimana scorsa di app di tracciamento covid con Marco Brambilla CTO di Shopfully.
Interessante la lista di McKinsey sulla strategia nei momenti di discontinuità. Una cosa che non dice nessuno: “se hai poche probabilità di farcela, vendi adesso”
La lista delle pulizie di primavera di Mark Ritson spiega perché le aziende hanno (accumulato) troppi brand, troppi prodotti, troppi canali: è un po’ la seconda parte della mia scorsa newsletter.
Alla prossima settimana.
@gluca
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Curato con passione da Gianluca Diegoli con Revue.
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