🈺️ [e buon venerdì per tutto l'anno] Intelligenza che non | Pubblicità che non | e il resto
🈺️ [e buon venerdì per tutto l'anno] Intelligenza che non | Pubblicità che non | e il resto
di Gianluca Diegoli • Newsletter #44 • Visualizza online
Quanto la cosiddetta intelligenza artificiale è affidabile oggi? Ci piacerebbe che lo fosse. Non vediamo l'ora di delegare quelle brigose operazioni come scavare nei dati per trovare correlazioni e causalità a qualcuno che lo faccia senza soffrire, mentre noi possiamo passare più tempo a disquisire sulla purpose. Il problema della cd AI è che è intelligente quanto ha tutti i dati che servono per capire la realtà. Molto spesso non li abbiamo e non glieli possiamo/vogliamo fornire. Certo, se siamo Netflix (e la nostra esperienza con il cliente è completamente digitalizzata) possiamo prevedere che Gianluca guarderà un'ennesima serie scandinava, meglio se con un poliziott* autistico che guida una Volvo o una Porsche scassata e dove è sempre buio. Ma già se siamo Booking non riusciremo a capire che se Gianluca è a Milano per lavoro, sarà abbastanza fastidioso e inutile chiedergli di prolungare il viaggio a Venezia e poi a Trieste, come se fosse una sorta di pellegrino del cammino di Santiago padano o un ricco turista americano in pensione. O che da Ancona andare a Spalato è meno comodo di ciò che appare. Apple, prima che le disattivassi, pensava tramite notifiche che io molto spesso andassi al mattino a Bologna per visitare un kebap (guarda caso vicino alle aule di Digital Update). Mi voleva aiutare dicendomi il traffico. Ma io andavo in treno.
Ora, potrei dare più informazioni (a Booking, a Apple) e aiutarli ad aiutarmi in modo predittivo migliore. Ma forse, semplicemente, non voglio, perché la utilità marginale di queste attenzioni è semplicemente nulla, e non ho reward di altro tipo, e non perché tema la dittatura dei dati delle corporation. Se fossi a Hong Kong, o peggio a Pechino, sì, avrei paura dei miei dati. Ma per il momento mi basta usare un adblock (più per il fastidio delle pubblicità non rilevanti che per i dati, a dire il vero) e disattivare il tracking di Google Maps.
Ma l'intelligenza artificiale zoppa, senza alcuni dati fondamentali, può fare grandi danni, se la eleviamo a pilota automatico e non solo a low cost instancabile cacciatore di correlazioni (e di lookalike).
Ne ho parlato in una intervista a FMX.
— La pubblicità (non) funziona come si pensa —
Approfittando di alcuni giorni di ferie ho scritto un lungo post, ispirato da alcune letture che vi consiglio (e che ho linkato alla fine del post stesso)
La pubblicità è un business vecchio di un secolo. Non sta in realtà aumentando il fatturato, si sta trasformando, e quelli che hanno saputo intuirne la trasformazione sono quelli che adesso rosicchiano le quote di mercato agli altri (Google, Facebook) o sono pronti a farlo (Netflix, Amazon).
Non credo che esisteranno pubblicitari in futuro, non come siamo abituati a pensarli. Tipo Mad Men, insomma. Gente che da una combinazione di immagini, suggestioni e testo pubblicati in un giornale decretava i destini di un prodotto o di un brand. La pubblicità del resto – anche se i pubblicitari non lo ammetteranno mai – non è mai stata la parte più importante delle famose 4 P del marketing, salvo che per un ridottissimo insieme di prodotti (ma molto – appunto – visibili). Quelli dei grandi budget tv, per capirci.
Il teorema delle associazioni del brand a particolari stimoli come scenari, emozioni ecc. come decisive nella scelta di acquisto è abbastanza debole. Dato sì per scontato, ma mai davvero dimostrato. Sono celebri i test di Jeff Bezos e di Phil Knight sulla pubblicità agli albori dei loro brand: «allora, chi mi dimostra che funziona?» Nessuno lo fece. Né Amazon, né Nike sono state create dalla pubblicità. Nessuno si è convinto dalla pubblicità di Nike o di Amazon a comprare Nike o su Amazon. Non scegliamo qualcosa perché la pubblicità ci ha convinto. Quello che vediamo stampato, animato, fotografato ogni giorno ovunque è qualcosa di epidermico, non la vediamo, non ci soffermiamo, non ci crediamo, e – alla fine – non la ricordiamo. Qualcuno ha scritto che perfino il cane di Pavlov aveva bisogno di un’esperienza forte (la carne) come riflesso incondizionato, per essere influenzato da uno condizionato (il campanello). Non bastava fargli vedere la foto di una bistecca. Figuratevi per una persona, nel 2020.
Che la pubblicità ci convinca è un mito consolidato, inattaccabile. Pubblicitari (auto?) esaltati come persuasori occulti, gente che avrebbe saputo muoverci come burattini privi di volontà propria, in balia degli stimoli subdoli (addirittura molti credono ancora che la pubblicità «subliminale» funzioni davvero).
Eppure qualcosa non (ci) torna.
— Twitter col lucchetto —
Qualcuno si è preoccupato: cosa gli sarà successo da dover mettere il profilo Twitter privato? Niente di che. Anzi, niente proprio. Mai avuti particolari problemi su Twitter, a parte una divertente invasione insultatrice di account bandierini-numerini-sovranisti a luglio, che mi rimproveravano di aver detto che – di norma – quando si stampa moneta, il valore di questa tende a scendere. Ma ero in vacanza e purtroppo ho avuto poco tempo per godermi un'insperata celebrità. Come moscerini dopo 24 ore se ne sono andati.
Dunque, perché “chiudere” il mio profilo Twitter? E perché no? È un esperimento. Magari nelle prossime settimane faccio un resoconto.
— IPSE DIXIT —
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Dal primo gennaio i corsi online Digital Update hanno prezzi più convenienti. Dai un'occhiata.
— ICYMI —
Per conoscere il consumatore al retail servono i dati non le opinioni - RetailWatch
Luigi Rubinelli ha scritto una sintesi-recensione del libro di cui ho curato e integrato l'edizione italiana.
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Da Amazon e in librerie fisiche.
— Appuntati —
Ero responsabile delle relazioni internazionali di Google. Ecco perché me ne sono andato.
Un ex Googler racconta di come in pochi anni l'azienda del “Don’t be evil” si è (pressoché) trasformata in una classica corporation che sorvola sull'uso dei dati e dei diritti civili, ma attenta alle trimestrali di Borsa.
La designer e inventore Clara Gaggero Westaway sta conducendo la ricerca di modi in cui la tecnologia possa sentirsi umana ed essere accessibile a tutti. Da vedere soprattutto la seconda parte.
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— Programmatic —
Perché la Banca di Piacenza fa pubblicità a qualcuno a 100 km, non appassionato di fotografia e che non ha un cane?
— Il quiz della settimana —
Quanti brand/birrifici di birre artigianali ci sono in Italia, all'incirca?
a) 100 b) 350 c) 750
— Strategy school —
— Corso di markettese —
“Un sito internet più emozionale e coinvolgente, in grado di trasmettere agli utenti la filosofia, l’eleganza e l’allure del mondo %brand%.”
— Influencer school —
Come sempre, se questa lettera ti è piaciuta, inoltrala.
Take care, @gluca
Risposta al quiz: 757
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Curato con passione da Gianluca Diegoli con Revue.
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